Quattro buone abitudini per un cuore felice

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English: Four Habits of a Happy Heart

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Di Marshall Segal su l'edonismo cristiano

Traduzione di Marta Casara

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Non si promette qui la felicità dell’oggi, anzi, ci si rifiuta anche solo di prenderla in considerazione.

La vera felicità, quella che realmente offre un solido approdo, garantisce soddisfazione, regala ispirazione e perdura nel tempo, non è qualcosa che si può dare per scontato. Non è un’aspettativa ragionevole, prevedibile, che si ottenga senza sforzo e neppure è qualcosa che ha a che fare con la libertà e il riposo del fine settimana. La felicità può essere un duro lavoro. Se sei una persona onesta, non ho bisogno di convincerti che quel che ti sto dicendo è vero. Hai assaggiato troppi lunedì, troppi giovedì e anche troppi venerdì nella tua vita.

Il motivo per cui la felicità è sempre così sfuggente è che esistono ostacoli nei nostri cuori, c’è il peccato che continua a esistere, che continua a ingannarci e a far guerra a tutto ciò che costituisce per noi il bene. Esso si insinua nelle nostre vite, in modo creativo o distruttivo, con orribili menzogne, talora evidenti e sfacciate, altre volte sottili e persuasive.

Il Salmo 130 esprime a parole uno schema che si compone di alcuni passaggi: condanna, pentimento, attesa e lode che purifica il peccatore e glorifica il Salvatore. Si tratta di un paradigma con cui cerchiamo di raggiungere la felicità in una realtà quotidiana fatta di tentazioni, debolezze, disperazione e fallimento.

Indice

Il pianto

Da luoghi profondi io grido a te, o Eterno. O Signore, ascolta il mio grido, siano le tue orecchie attente alla voce delle mie suppliche. Se tu dovessi tener conto delle colpe, o Eterno, chi potrebbe resistere, o Signore? (Salmo 130,1-3)

Il senso di colpa è un’emozione terribile ed è propria del cuore umano. Abbiamo tutti sperimentato la morte (Efesini 2,1) e abbiamo vissuto nella concupiscenza profonda del peccato, dell’ira e sicuramente della distruzione (Efesini 2,3). Noi tutti abbiamo inizio con Dio, senza eccezioni, scuse o speranze. Nient’altro che Dio. Mediante la Grazia veniamo salvati dall’inferno, risanati attraverso la fede, fatti nuovi in Cristo.

Nonostante ciò, anche dopo il miracolo della nostra rinascita, anche dopo che siamo stati fatti rivivere con Cristo e da Lui sollevati e posti a sedere alla Sua destra (Efesini, 2,5-6), siamo chiamati a combattere ogni giorno contro i residui dei nostri vecchi “noi” che si insinuano nel nostro cuore. Il dolore per i peccati commessi è un sentimento positivo e divino nella misura in cui ci spinge a ricercare sempre di più la presenza di Dio in noi e ci stimola sempre di più a rassomigliare a Lui. Esistono un senso di colpa, un pianto, che ci conducono verso Dio, non via da Lui, che ci avvicinano ai Suoi strumenti di vivificazione, non ci isolano. Siamo tutti dannati a causa delle nostre stesse azioni, ma la misericordia divina può trionfare su ogni forma di male e accoglierci nella casa presso il Padre.

L’accoglienza

Ma presso di te vi è perdono, affinché tu sia temuto. (Salmo 130,4)

L’accoglienza presso la nostra casa celeste ci è garantita dal sicuro perdono da parte di un Padre altrimenti terrificante. Egli sarebbe spaventoso, se non fosse per il rifugio che troviamo in Gesù. Se non lo sapessimo infinitamente santo, potente e giusto, non verseremmo le nostre lacrime e non conosceremmo la pienezza e la dolcezza del Suo perdono.

Il Dio perfetto che punisce ogni iniquità ha pagato pienamente il nostro debito, quando ha annientato suo Figlio sulla croce (Isaia 53,10). E questo Dio, il nostro Dio, perdona per essere temuto. In qualche modo Dio ottiene maggior gloria e fama, incute maggiore timore reverenziale nel momento in cui salva i peccatori. Salvarci per Lui non significa rinunciare al proprio prestigio. Vuol dire, invece, accentuarlo e dargli compimento. Egli perdona e salva per essere visto per ciò che è.

“Dio non ha rinunciato al proprio prestigio per salvarci. Egli perdona e salva per essere visto per ciò che è.”.

L’attesa

Io aspetto l'Eterno, l'anima mia l'aspetta; io spero nella sua parola. L'anima mia attende il Signore, più che le guardie il mattino, sì più che le guardie il mattino. (Salmo 130,5-6)

Quando incontriamo un Dio come il nostro, un Dio onnisciente, giusto e clemente, ciò che facciamo è attenderlo. Non c’è altro modo per rispondere a un Dio caratterizzato da un’ira tanto terribile e da una capacità di accoglienza tanto misericordiosa. Se abbiamo gustato e sperimentato che Egli è buono, non potremo che destarci sempre più desiderosi di lui, invocandone una presenza sempre più forte e creando nelle nostre giornate, nei nostri piani e sogni sempre più spazio, affinché Egli possa giungere a noi.

E continuiamo ad attendere questa parte di paradiso. Ad attendere la saggezza per affrontare quella decisione tanto difficile. Ad attendere una svolta in quella relazione. Ad aspettare che Egli faccia giustizia attorno a noi. Che risponda alle difficili domande del nostro cuore. Ad attendere che ci renda integri e santi. Che ricrei il mondo e tutto ciò che vi è in esso. Ad attendere che conduca finalmente a casa i suoi figli e le sue figlie. Non saremo mai in una posizione di non attesa finché Gesù non sarà tornato.

E più di ogni altra cosa, tuttavia, attendiamo Lui, lo attendiamo con sempre maggiore desiderio. E anche in ogni altro modo in cui attendiamo, è Lui che aspettiamo. Egli è il potere che sostiene, è la direzione che guida, è il significato cruciale delle nostre intere esistenze. Ogni cosa fa riferimento a Lui. “Poiché da lui, per mezzo di lui e in vista di lui sono tutte le cose.” (Romani 11,36). E così noi attendiamo Lui e Lui solo.

La lode

O Israele, spera nell'Eterno, perché presso l'Eterno vi è misericordia e presso di lui vi è redenzione completa. Egli redimerà Israele da tutte le sue iniquità. (Salmo 130,7-8)

Mentre noi attendiamo questa parte di paradiso, Dio non smette di operare, continuando a fornirci motivi per gioire, per ricordarlo e ringraziarlo. Sin dal momento in cui creò la Terra, il Sole e i mari, Egli ha sempre desiderato ispirare la nostra lode. E ogni cosa che Egli fa è degna di essere lodata, ma non in modo riluttante e ligio al dovere, bensì con un sentimento affettuoso, trepidante e spontaneo. Ogni cosa che Egli fa dovrebbe far sorgere i nostri cuori. Non è sempre questo l’effetto che provoca, in realtà, ma non è un Suo problema. Ogni cosa che Lo riguarda è buona al di là di ogni nostra immaginazione, in special modo per quanto riguarda la ricca vita che Egli ha concesso a creature ribelli, immeritevoli e miscredenti come me e te.

La speranza che nutriamo in Lui non può essere rinchiusa, intrappolata nei nostri cuori o nelle nostre case o persino nei raduni delle nostre chiese. La speranza è così piena, così concreta, irresistibile e sconvolgente che turbina freneticamente dentro di noi in cerca di una via di fuga, anelando disperatamente a essere condivisa con altri. “Speranza nel Signore!”.

La lode è il modo in cui noi che siamo stati redenti rispondiamo al bene che abbiamo ricevuto in Dio. É un invito rivolto a tutto il mondo, perché venga, compri e si nutra senza bisogno di denaro e senza prezzo. É il suono della felicità che l’anima sente in Lui.