Pensieri Pastorali: La Forza della Predicazione: Decidere (I Lettera ai Corinzi 2:1-5) Parte 1 di 3

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English: Pastoral Pensées: Power in Preaching: Decide (1 Corinthians 2:1–5), Part 1 of 3

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Di Raymond C. Ortlund Jr su La Predicazione e L'Insegnamento
Una parte della serie Themelios

Traduzione di Benedetta Monti

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Indice

Pensieri Pastorali: La Forza della Predicazione: Decidere (I Lettera ai Corinzi 2:1-5) Parte prima di tre.[1]

Perché parliamo di predicare con forza? A causa di quello che è la Cristianità, "una luce divina e supernaturale impartita all'anima dallo Spirito di Dio.[2]" È il Dio vivente che scende fino a noi con il Vangelo di Gesù Cristo per cambiarci con il potere dello Spirito Santo. La vera Cristianità è miracolosa. La Bibbia afferma:

Chi è pari a te fra gli déi, o Signore? Chi è pari a te…. operatore di prodigi (Esodo 15:11)[3]
Si manifesti la tua opera ai tuoi servi e la tua gloria ai loro figli (Salmi 90:16)
Mai occhio aveva visto che un altro Dio all'infuori di te, che agisse in favore di chi spera in lui. Tu vai incontro a chi gode nel praticare giustizia (Isaia 64:4-5a).
Dopo questo, avverrà che io spargerò il mio Spirito su ogni persona (Gioele 2:28).
Detto questo soffiò su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito Santo" (Giovanni 20:22).
Improvvisamente si fece dal cielo un suono come di vento impetuoso che soffia, e riempì tutta la casa dov'essi erano seduti. Tutti furono riempiti di Spirito Santo. (Atti 2:2,4).
Perché esso è potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede. (Romani, 1:16).
Il regno di Dio non consiste di parole, ma di potenza. (I Corinzi 4:20)
Rafforzandovi con ogni energia, secondo la potenza della sua Gloria (Colossesi,1:11)

Se togliamo il potere di fare miracoli dalla Cristianità, cosa ci rimane? Privilegi religiosi che amministrano i programmi della comunità, ma è questo ciò che si legge nel libro degli Atti? Nel mondo di oggi la Cristianità Biblica è un miracolo costante della potenza divina, e se è davvero così, allora la predicazione può, e deve, essere un potere divino.

Quando Francis Schaeffer stava lottando con la sua disillusione come cristiano, un giorno ha chiesto a sua moglie:

"Edith, mi chiedo cosa succederebbe alle opere delle chiese e dei Cristiani se domani ci svegliassimo e tutto ciò che riguarda la realtà e l'opera dello Spirito Santo e la preghiera fossero rimossi dalla Bibbia. Non intendo ignorati, ma veramente cancellati - scomparsi. Mi chiedo, che differenza farebbe?" Siamo giunti alla conclusione che non farebbe molta differenza in molte riunioni di consiglio, di comitati, nelle decisioni e nelle attività.[4]

E in molti sermoni.

Non è arrivato il momento di confessare il nostro bisogno del potere divino nelle nostre predicazioni? Fin tanto che il libro degli Atti rimane scritto, insieme a tutto il Nuovo Testamento, che è autoritario nei nostri confronti, possiamo essere felici di non soddisfare del tutto la Parola del Signore? Ringraziamo il Signore per tutte i doni che ci dà. Sbaglieremo a non ringraziarlo, ma desideriamo il revivalismo. Desideriamo essere riempiti dallo Spirito, condotti, aiutati, santificati e istruiti dallo Spirito. Desideriamo camminare nello Spirito, dare buoni frutti, pregare e predicare con la forza dello Spirito Santo. Ci inchiniamo davanti al Signore, chiedendo la sua benedizione celeste su di noi, incluso sulle nostre prediche, per favorire la sua gloria nella nostra generazione.[5]

Abbiamo, quindi, motivi buoni e sufficienti per dedicare questi studi a ciò che lo stesso Dio ha detto sul predicare il Vangelo con una forza al di fuori di noi. E se trascorressimo le nostre vite predicando con la forza della carne perché non abbiamo mai preso in considerazione seriamente l'alternativa? Adesso è giunto il momento di riflettere e pregare che le nostre predicazioni siano la prova vivente che Dio è insieme al suo popolo in questa generazione per la sua gloria.

1. Tesi

La Prima Lettera ai Corinzi 2:1-5 ci mostra il potere di Dio nell'atto della predica. Ecco a cosa mi sto riferendo: Un Salvatore crocefisso può essere predicato con forza divina soltanto da predicatori crocefissi. Questo passo non tratta il contenuto del Vangelo, ma il modo di comunicare il Vangelo. Com'è impresso nei pensieri di Paolo, qui si trova il presupposto che il contenuto del Vangelo e la sua comunicazione sono inseparabili, e Paolo ha preso una decisione su come comunicarlo, rifiuta di predicare un Salvatore crocefisso attraverso la sua persona distaccata. Avrebbe potuto farlo. Aveva una personalità sorprendente. I predicatori non crocefissi, però, hanno avuto successo, hanno costruito chiese fondate nella debolezza del potere umano e nella follia del genio umano - fondamenta di sabbia per il futuro. Le chiese più stabili, però, quelle costruite con roccia solida che possono affrontare qualsiasi cosa, sono miracoli dello Spirito Santo, che conferisce il potere soltanto ai predicatori crocefissi. Avete deciso di essere distaccati?

2. Tratti Generali di questa Serie in Tre Parti.

La parola chiave della 1° parte è "decidere". Si vede già nella Prima Lettera ai Corinzi 2:2: "Perché ho deciso di non sapere altro tra voi , fuorché Gesù Cristo e lui crocefisso."

La parola chiave della 2° parte è "desiderio". Prima Lettera ai Tessalonicesi 1-2 ci mostra il potere di Dio nei rapporti dei predicatori. Lo Spirito Santo usa un uomo con il potere della conversione, quando le persone vedono in quell'uomo non richieste ma desideri per loro.

La parola chiave della 3° parte è "delizia". La Seconda Lettera ai Corinzi 12:1-10 ci mostra il potere di Dio nella vita personale del predicatore. Lo Spirito Santo rafforza un predicatore che si delizia delle sue debolezze a vantaggio di Cristo.

Il mio appello, in ogni momento, è ciò che ho sentito da J. I. Packer, quando ero un ragazzo in seminario trenta cinque anni fa: "Non trascurate la dimensione del revivalismo nel vostro ministero."

3. 1 Prima Lettera ai Corinzi 1:17–31

Prima Lettera ai Corinzi 1:17

Adesso consideriamo la Prima Lettera ai Corinzi 2:1-5 e la decisione che qualsiasi predicatore deve prendere. Paolo comincia a muoverci verso la chiarezza quando afferma nel 1:17 "Cristo non mi ha mandato a battezzare, ma a evangelizzare." Questa è una frase potente, nemmeno i sacramenti sono importanti. Cristo ci ha mandato a evangelizzare, ma come dovremo farlo? Come possiamo comunicare il Vangelo? E' possibile predicare il Vangelo in modi che svuotano il potere: "Cristo non mi ha mandato a battezzare, ma a evangelizzare, non con sapienza di parola, perché la Croce di Cristo non sia resa vana". Se predichiamo il Vangelo con eloquenza, o più letteralmente con "sapienza di parola", è peggio di un'occasione persa. Qualcosa non va. La croce di Cristo è resa vana.

Siamo capaci di rendere vana la croce anche se la predichiamo. È possibile usare parole bibliche come "penitenza" e "sacrificio", ma sono state rese vane. Il risultato sono chiese vuote, e per raggiungere questo risultato, non dobbiamo rinunciare al messaggio, ma predicare il messaggio con quello che Paolo chiama "sapienza di parola". O la croce disciplina la nostra comunicazione, o essa renderà vano il potere della croce. Se Cristo, quindi, ci ha mandato ad evangelizzare, se questo potere opera soltanto in un modo particolare, qual è questo modo? Paolo lo spiega nella Prima Lettera ai Corinzi 2:1-5.

Il contesto vi è noto. La chiesa corinzia si stava sradicando a causa delle controversie dei suoi predicatori - Paolo, Apollo, Cefaso. Qualcuno di loro affermava soltanto Cristo, ma non perché fossero spiritual, questo implicava "Io seguo Cristo, voi no". Alla radice di tutto, c'era l'orgoglio, i Corinzi erano esperti di sermoni, e mettevano in discussione i loro predicatori piuttosto che loro stessi come Cristiani.

I Lettera ai Corinzi 1:18–25

Se Paolo fosse passato dal 1:17 al 2:1 direttamente, non avrei notato che mancava qualcosa, invece passa prima al 1:18-31. La sua visione nasce dal problema che si pone davanti a lui sulla strategia di Dio per la storia umana. Mette da parte l'orgoglio dei Corinzi per puntare su uno sfondo più ampio. Secondo 1:18-25 la strategia di Dio è quella di distruggere la saggezza dei savi (1:19), rendere insensate le idee intelligenti del mondo (1:20), opporre resistenza alle richieste umane ed eludere le domande (1:21-23), e fare la più grande scoperta in un modo che noi sdegneremo (1:24-25). Dio sta innalzando una croce su questo mondo fatto di fiducia in se stessi, deliberatamente si sottomette alla debolezza e alla pazzia. Rende la sua salvazione poco promettente se giudicata con gli occhi dell'orgoglio umano. Dio vuole mettere in imbarazzo il genio dell'umanità, esaltare la pazzia divina, e benedire chi è abbastanza pazzo da apprezzare un Salvatore crocefisso.

I Lettera ai Corinzi 1:26–31

Nei versetti 1:26-2:5, Paolo mostra ai Corinzi come hanno visto Dio mettere in opera questa strategia nella loro esperienza. Hanno visto i metodi di Dio in due modi: in primo luogo (1:26-31) Paolo li ricorda che nessuno di loro è una persona importante nel mondo, però Dio sceglie i pazzi, i deboli, gli inferiori e i disprezzati del mondo. Tre volte nel 1:27-28 Paolo ricorda che è stata la scelta di Dio, che non rimaneva attaccato ai rimasugli. Prima aveva avuto i privilegiati, ma aveva scelto i nessuno. Perché? Osservate le proposizioni sullo scopo 1:27-29 "per svergognare i savi… per svergognare le forti…per ridurre al niente le cose che sono, [ e questo è lo scopo di Dio] affinché nessuna carne si glori al cospetto di Dio". Come lo stesso C. S. Lewis ci ha insegnato, l'orgoglio umano è "lo stato mentale anti-Dio"[6] e non farà mai pace con esso. Secondo 1:30, però, Dio ama dare alle persone semplici la sua saggezza, alle persone screditate la sua giustizia, ai peccatori la sua santificazione e alle persone schiave la sua redenzione in comunione con Cristo. Per questo motivo: "Chi si gloria, si glori nel Signore." (1:31).

4. I Lettera ai Corinzi 2:1-5

Eccoci al passaggio 2:1-5, qui Paolo ricorda ai Corinzi che esiste un secondo modo in cui hanno visto Dio usare le persone poco importanti per la sua gloria. Sono stati testimoni della strategia divina in Paolo. Ecco perché inizia il versetto 2:1 "Quanto a me, quando venni da voi…." Sta dicendo "Volete un altro esempio del potere divino di rendere qualcosa di ordinario dal punto di vista umano? Guardate me."

I Lettera ai Corinzi 2:1.

"Quanto a me, quando venni da voi, non venni ad annunziarvi la testimonianza di Dio con eccellenza di parola o di sapienza" (I Corinzi 2:1)

La testimonianza di Dio come può giovare all'intelligenza dell'uomo? Anche se la dottrina predicata è vera, una presentazione che dimostra il presentante, che lo fa luccicare, rende vano il vero potere. In un certo modo, questa è una cosa strana che ha detto Paolo. Questo uomo intelligente era incapace di essere ottuso. Questo passaggio steso è una analisi eloquente dell'eloquenza umana. Cosa aveva evitato Paolo nella sua predica? Che cos'era l'"eccellenza di parola o di sapienza" che riteneva inadatta, insieme alla "sapienza di parola" nel 1:17 che non dà potere al Vangelo? Dove ha tirato una linea, e dove lo faremo noi?

Il bel libro di Duane Litfin "St. Paul's Theology of Proclamation" ci è d'aiuto.[7] Liftin unisce l'argomentazione di Paolo con la cultura della retorica nel mondo antico. Quando Paolo si riferisce a "sapienza di parole" (1:17), "eccellenza di parola o di sapienza" (2:1) e "discorsi persuasivi di sapienza" (2:4), ha in mente l'arte della retorica classica. La retorica era la base dell'educazione e della credibilità nel mondo di Paolo. Era la linea di demarcazione sociale che divideva la classe superiore di persone intelligenti e indifferenti dalla classe operaia fatta di persone semplici e comuni. Non tutta la retorica era sofisticheria, ma il pubblico applaudiva l'uso intelligente di argomentazioni per cui una posizione più debole poteva vincere contro una più forte. Rispettavano la dimostrazione della sofisticazione intellettuale e del sapere. Si trattava del modo in cui i meccanismi della persuasione erano oliati. La raffinatezza della retorica metteva in luce il nome dell'uomo, e la chiesa corinzia non aveva dei problemi con essa. (II Lettera ai Corinzi, 11:18-21).

Oggi la vediamo nella politica, nelle argomentazioni legali che manipolative, nei dibattiti televisivi quando non è successo niente di importante, ma ugualmente sono riempite due ore con parole, nei monologhi dei comici durante la notte, nei gruppi pop che si muovono quasi coreograficamente e non hanno niente da dire, ma ci tengono incollati al video. La retorica è la professionalizzazione della comunicazione, e funziona. C'è tuttavia un problema: tratta solo di dimostrazione di se stessi, di auto glorificazione, ed ecco dove tira la linea Paolo. Era un uomo dotato, eloquente, diligente, ardente, colto e affascinante, ma conosceva la differenza tra predicare Cristo e l'esibizionismo. Conosceva la differenza tra mettere in circolazione il Vangelo e coniare il proprio modo riconoscibile di parlarne, la differenza tra lo Spirito e la carne.

È la differenza tra un ῥήτωρ e un κῆρυξ. Un ῥήτωρ, un retorico, ha lo scopo di formare le opinioni e produrre una credenza. Vuole portare le persone da qualche parte, quindi esamina il suo pubblico, capisce cosa ci vuole per portarlo dal Punto A al Punto B, e con la sola forza della sua persona e delle sue capacità, lo porta alla conclusione desiderata. Gli insegnanti di retorica hanno costituito delle scuole ai tempi di Paolo per mostrare alle persone come fare. Oggi ne vediamo annunci nelle riviste delle compagnie aeree, per 250 dollari si possono comprare cd che ti insegnano come influenzare il pubblico ed ottenere una standing ovation. La verità, però, non è la passione del retorico, ma l'opinione che ha come bersaglio.

Al contario, un κῆρυξ, un nunzio, era controllato dal suo messaggio. Era responsabile per chi lo aveva mandato, e non disprezza il suo pubblico. Sappiamo dalla I Lettera ai Corinzi 9 che Paolo si adattava con umiltà ai vari profili umani nella sua missione. Si sentiva debitore verso i saggi e i pazzi (Romani 1:14), ma non riusciva ad adattare il suo messaggio a nessuno. Il suo messaggio era la croce, e la sua umiliazione, la sua debolezza e mancanza di ego regolavano il modo di comunicare di Paolo.

Se è vero che quando un cultore è invitato a parlare in pubblico, la prima domanda che pone è:"Di cosa dovrei parlare?", ma quando ad essere invitato a parlare in pubblico è un sostenitore, chiede: "Chi è il mio pubblico?", allora Paolo qui afferma "Scelgo di essere un cultore."

Per il retorico, quindi, il punto fisso era il pubblico, e la variabile da adattare era il messaggio. Paolo lo ha invertito. Era sensibile verso i suoi ascoltatori, desiderava raggiungere i loro cuori, rispondere alle loro domande, ma non usava trucchi per arrivare ad un risultato. Paolo era affascinato dalla pazzia e dalla debolezza che il suo pubblico non comprendeva o rispettava. Sapeva che si trattava della saggezza e del potere di Dio. Il Vangelo è rivolto a una massa di carne crocefissa quasi irriconoscibile come umana, e ci dice: "C'è una cura per le vostre ferite, soddisfazione per tutti i vostri desideri, risposte a tutte le vostre domande, una vittoria che aprirà un nuovo futuro per tutto l'universo." Il segreto più importante del mondo di oggi è che la vita nasce dalla morte, la gioia dal dolore, il potere dalla rinuncia, la grandezza dalla normalità, l'opportunità dalla sconfitta. Gesù è il paradosso, appeso alla sua croce e rialzandosi dalla sua tomba, Gesù ha dato prova della follia della saggezza di Dio, il potere della sua debolezza. Paolo lo ha capito, lo rispetta e non vuole la salvazione in un modo diverso. La croce rende libero Paolo di non essere una personalità illuminata nelle sue prediche, ma di essere debole come Cristo stesso.

I Lettera ai Corinzi 2:2

Poiché mi proposi di non saper altro tra voi fuorché Gesù Cristo e lui crocifisso. (1 Corinzi 2:2).

Qualsiasi altra cosa possano fare o non fare gli altri predicatori, Paolo ha riflettuto da solo e ha preso una decisione. Mi piace. Quest'uomo pensa, pensa per conto suo, non riportando il ministero di qualcun'altro. Non è formato dalle aspettative del suo pubblico, è colpito dalla testimonianza di Dio. Ha preso quindi una decisione - e non ha deciso tra un messaggio della croce annacquato contro un messaggio biblico della croce. La decisione che ha preso era tra un messaggio biblico della croce comunicato da un predicatore non crocifisso contro un messaggio biblico della croce comunicato da un predicatore crocifisso. Quando è arrivato a Corinto, era pronto ad essere usato dallo Spirito di Dio.

Quando guardo il versetto 2:2 e mi chiedo quale parola inglese possa concretizzare il tono di questo versetto, la parola "riverenza" è l'unica parola che va bene. Paolo riveriva Cristo. Non ha usato il Vangelo di Cristo per uno scopo diverso. Un poeta del IXX secolo ha messo queste parole, immaginate ma appropriate, nella bocca dell'apostolo:

Christ! I am Christ’s! And let the name suffice you;
Aye, for me too He greatly hath sufficed.
Lo, with no winning words I would entice you;
Paul has no honor and no friend but Christ.[8]

Paolo sapeva e percepiva che predicare Cristo crocefisso era una cosa sacra, intoccabile e sufficiente, la testimonianza di Dio che ha detto al suo popolo attraverso le parole di Isaia:

Quando venite a presentarvi al mio cospetto,
chi vi ha chiesto di calcare i miei cortili? (Isaia 1:12)

I cortili del tempio appartenevano a lui, non a loro, e così anche la predicazione del Vangelo. Mette una distinzione, definisce le regole fondamentali. Se rendiamo volgare i tratti sacri del Vangelo mettendo il nostro ego nella predicazione, lui ne è offeso. Si devono prendere delle decisioni coraggiose per realizzare il proprio modo di predicare. Se non viene fatto, sarete sopraffatti dalla pressione del pubblico, e queste pressioni non tendono alla reverenza che è trattata nella Prima Lettera ai Corinzi 2:2.

Spero di aver il privilegio di frequentare le vostre chiese un giorno, ma se alla fine della messa avrò l'impressione che la luce fosse distaccata, che il coro fosse rattristato e che voi foste affascinanti, dopo vi avvicinerò e vi chiederò:

Di cosa stava trattando - di te o di Cristo? La tua gente è fatta di peccatori disperati, e qualcuno di loro lo sa. Sono venuti qui stamattina quasi a pregarti di mostrarli un Salvatore, ma non sei te. Hanno bisogno di Cristo, ma non riescono ad ascoltare il suo Vangelo se non vi è un potere divino. Stai cercando con la fede il potere divino o stai cercando il tuo potere? Di che cosa tratta tutto questo? Per chi è? Hai deciso?

I Lettera ai Corinzi 2:3-4

Ed io sono stato presso di voi con debolezza, e con timore e grande tremore, e la mia parola e la mia predicazione non hanno consistito in discorsi persuasivi di sapienza umana, ma in dimostrazione di Spirito e di potenza (I Corinzi 2:3–4).

A Paolo non importava incontrare una persona modesta che non colpisce, perfino debole. Come poteva importargli se il suo messaggio era quello di un uomo crocefisso? La presenza di Paolo non influenzava il suo messaggio, anche se i Corinzi avrebbero preferito qualcuno più eccezionale di lui. Immaginatevi due membri della chiesa che si incontrano durante la settimana al mercato:

“Ehi, chi farà la predica domenica in chiesa?”
“Paolo”
“Oh no! Ho invitato il mio vicino, pensavo che questa settimana stesse al Dottor Smartypants. Paolo è bravo, ma non riuscirà ad essere eccezionale."

Paolo sapeva che non era come loro volevano che fosse, ma gli andava bene lo stesso. La sua riverenza per Cristo crocefisso non lo avrebbe fatto salire sul palco dei discorsi pubblici a Corinto con la sicurezza del retorico di prima classe. Come ministro di Cristo, non ci si sarebbe mai sottomesso. Filostrato ha commentato che Scopelio, il famoso oratore, appariva davanti al pubblico non "con l'atteggiamento di un oratore timido, ma come una persona che stava per avere la gloria per sé ed era fiducioso che non avrebbe fallito". L'apostolo Paolo, invece, era "debole, timoroso e tremava."[9]

Non credo che Paolo stia idealizzando una presentazione che sia una forma per mostrare se stesso. Non sta suggerendo che ci dobbiamo lodare segretamente umiliandoci, comportamento che è un altra forma di concentrarsi su se stessi. Oggi, piuttosto che imbarazzarci delle nostre debolezze, dovremo mostrarle e chiamarle "onestà". Paolo, però, non sta dicendo di aver mostrato diffidenza invece che sicurezza di sé. Non ha mostrato niente. William Willimon ci ricorda: "L'autenticità è piuttosto una questione di essere chi sono, di essere ciò che Dio mi ha chiamato ad essere. Per i predicatori, l'autenticità significa essere veri, non soltanto nei sentimenti, ma nella vocazione, alla chiamata di Dio."[10]

Paolo si sentiva inadeguato, e perché non dovrebbe? Nella storia umana la strategia di Dio è quella di mostrare l'inadeguatezza e rimpiazzarla con Gesù. Paolo quindi non è falso né si compensa in esaltazioni di se stesso. Ha deciso che quando si trovava davanti alle persone, doveva trattare solo di Cristo e della potenza di Dio.

Ovviamente il contrasto nel versetto 2:4 si trova tra "discorsi persuasivi di saggezza umana" e "dimostrazione di Spirito e di potenza". I discorsi persuasivi di saggezza umana sono le forme di presentazioni che influenzano le sensazioni e le opinioni, ma nessun potere umano, anche se intelligente, può creare la certezza, le sensazioni del cuore, la certezza concentrata su Gesù che ispira la resistenza eroica in quest'epoca malvagia. Questi poteri umani sono parte di quest'epoca odierna malvagia. Anche se riescono a cambiare qualcuno, essi cambiano soltanto l'arredamento nelle menti umane.

La persuasione è giusta, anche ovvia. Paolo stesso afferma: "Sapendo dunque il timore che si deve avere del Signore, noi persuadiamo gli uomini." (II Lettera ai Corinzi, 5:11). Dobbiamo rivolgerci alla soddisfazione della mente, essere vittoriosi nel cuore, e muovere le persone verso l'azione. (Atti: 17:2-4; 18:4). Il tedio indolente, né immaginario né sorprendente in nome della fedeltà non lo farà! Le nostre predicazioni, però, perché siano testimonianza del Signore, devono essere dimostrate dallo Spirito Santo. Paolo non dipendeva soltanto dal potere dello Spirito, le sue predicazioni dimostrano il potere dello Spirito. La parola "dimostrazione" in questo senso significa prova. Porta il pensiero dell'uomo dalla plausibilità alla certezza, dove Sono forgiate le decisioni di una vita. Ecco cosa fa lo Spirito Santo, e soltanto esso può farlo. Paolo qui sta ammettendo di non avere nemmeno un effetto a livello di plausibilità, ma Dio è sceso, lo Spirito è volato tra i pregiudizi delle persone, è entrato nelle loro menti e nei loro cuori, e ha dimostrato - dando le prove come solo Dio può fare - che Cristo crocefisso è la saggezza e il potere di Dio camuffati da pazzia e debolezza, e che le credenze del mondo degli ascoltatori sono sempre state aggrappate a ciò che era pazzia e debolezza camuffate da saggezza e potere. Questo cambiamento è un miracolo. È il dono di "tutte le ricchezze della piena certezza dell'intelligenza" (Colossesi, 2:2). Nessun retorico, nemmeno un apostolo, può portare le persone in questo punto, ma Dio sì, e lo fa attraverso i suoi predicatori deboli. Ecco il risultato.

I Lettera ai Corinzi 2:5.

"Affinché la vostra fede fosse fondata non sulla sapienza degli uomini ma sulla potenza di Dio. (I Corinzi 2:5).

Il vantaggio della predicazione spirituale - non solo la predicazione descrittiva - è significativo. Paolo potrebbe aver raggiunto dei risultati con "la saggezza degli uomini", ma la saggezza umana opera con il potere umano. Anche il messaggio della croce, predicato con il potere umano, lascia i convertiti vulnerabili a un'argomentazione più intelligente, a una presentazione più impressionante, a una persona più carismatica. L'argomentazione senza risposta di oggi nella saggezza umana è la nota a fondo pagina accademica e non notata di domani. Paolo ha predicato come un vascello adatto ad uno scopo nobile perché lo Spirito Santo si sta muovendo attraverso il mondo di oggi solo per uno scopo: esaltare il Signore Gesù Cristo, l'Amico dei peccatori crocefisso e risorto.

5. Conclusione

Non dobbiamo farci intimidire o deprimere dal nostro essere ordinari, dalla nostra inadeguatezza, dal nostro non essere impressionanti. La maggior parte di noi è abbastanza ordinaria. Tutti noi possiamo migliorare le nostre predicazioni, e lo faremo, ma la cosa sacra è il messaggio della croce, che lo Spirito Santo autorizza negli uomini della croce. Non togliamogli il potere. Fidiamoci della strategia del Signore. Dio stesso è entrato a far parte della sua strategia attraverso un nessuno senza ego di nome Gesù Cristo, che questo mondo geniale ha crocefisso. Cristo ci manda a predicare il suo messaggio attraverso il suo potere. Siamo ben attrezzati di ogni cosa essenziale con la testimonianza del Signore, il messaggio di Cristo crocefisso e il potere dello Spirito Santo. Deciderete di fissare il vostro ministero su questo?


  1. I tre articoli di questa serie sono manoscritti editi dalle Letture di E. Y. Mullins del 2008, presentate al The Southern Baptist Theological Seminary (Seminario Teologico Battista) il 30 Settembre e 1-2 Ottobre 2008 (disponibile al sito http://www.sbts.edu/resources/Audio_Resources/Mullins_Lectures.aspx). Parte 2 e 3 (Il Potere della Predica: Desiderio[ I Tessalonicesi 1:2-5] e Il Potere della Predica: Delizia [II Corinzi 12:1-10]) saranno pubblicati in "Them 34:2 and 34:3" (2009).
  2. Jonathan Edwards "Works" (ristampato, Banner of Truth: Edinburgh, 1979), 2:12
  3. Le citazioni delle Scritture provengono dalla Sacra Bibbia, Versione Standard Inglese, copyright Crossway Bibles, un distribuzione di Good News Publishers. Usato con la concessione. Tutti i diritti riservati.
  4. Edith Schaeffer "The Tapestry: The Life and Times of Francis and Edith Schaeffer" (Waco: Word, 1981),356
  5. Ho adattato questo paragrafo da John R. W. Stott "The Baptism and Fullness of the Holy Spirit" (Chicago, 1964), 3.
  6. C. S. Lewis, Mere Christianity (New York: Macmillan, 1958), 94.
  7. Duane Litfin, "St. Paul’s Theology of Proclamation: 1 Corinthians 1–4 and Greco-Roman Rhetoric" (Cambridge: Cambridge University Press, 1994).
  8. F. W. H. Myers, "Saint Paul"l (London: Simpkin, Marshall, Hamilton, Kent, 1916), 13.
  9. Citato nel "Litfin, St. Paul’s Theology of Proclamation", 209
  10. William H. Willimon, “Naked Preachers are Distracting,” Christianity Today 42 (April 6, 1998): 62