La gioia di Dio per il suo Nome
Da Libri e Sermoni Biblici.
Di John Piper
su Gloria di Dio
Una parte della serie The Pleasures of God
Traduzione di Maria Giovanna Polito
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1 Samuele 12:22
Infatti il Signore, per amore del suo grande nome, non abbandonerà il suo popolo, poiché è piaciuto al Signore di fare di voi il suo popolo.
Israele chiede un re
La situazione che sta dietro questo testo è che Israele ha chiesto a Samuele di stabilire su di esso un re in modo da essere come tutte le altre nazioni. Lo si può leggere in 1 Samuele 8. Samuele è vecchio. I suoi figli, Ioel e Abia, sono diventati giudici al suo posto e sono corrotti. Quindi, gli anziani di Israele vanno da Samuele per dirgli (al versetto 5):
Ecco tu sei ormai vecchio e i tuoi figli non seguono le tue orme; stabilisci dunque su di noi un re che ci amministri la giustizia, come lo hanno tutte le nazioni.
Samuele è molto dispiaciuto e prega Dio per un consiglio. Al versetto 7, Dio dice:
Dà ascolto alla voce del popolo in tutto quello che ti dirà, poiché essi non hanno respinto te, ma me, affinché io non regni su di loro.
Ma poi al versetto 9 Dio dice:
Abbi cura però di avvertirli solennemente e di fare loro ben conoscere quale sarà il modo di agire del re che regnerà su di loro.
Quindi Samuele riferisce al popolo come il loro re prenderà i loro figli al suo servizio e una decima di tutto ciò che hanno per i suoi scopi. Ma non riesce a sradicare da esso il suo desiderio di avere un re. Il popolo dà la sua risposta definitiva al versetto 19:
No! Ci sarà un re su di noi; anche noi saremo come tutte le nazioni; il nostro re amministrerà la giustizia in mezzo a noi, marcerà alla nostra testa e condurrà le nostre guerre.
La consacrazione e l’incoronazione di Saul a re
Così, Samuele incorona Saul re d’Israele al capitolo 10. Nel capitolo 11, Saul sconfigge Naas e gli Ammoniti e Samuele riunisce tutto il popolo a Ghilgal per riconfermare il regno, per dare a Saul un’investitura ufficiale.
Poi al capitolo 12 c’è il discorso inaugurale di Samuele che non fu proprio ciò che il popolo avrebbe voluto sentire! Aveva per loro delle notizie sorprendenti. Ma prima di comunicargliele, vuole essere sicuro che sappiano e sentano la grandezza del male che hanno fatto nell’aver desiderato essere come tutte le altre nazioni e nell’aver scontentato Dio come il loro re.
Quindi al versetto 17 dice:
Non siamo forse al tempo della mietitura del grano? Io invocherò il Signore ed egli manderà tuoni e pioggia affinché sappiate e vediate quanto è grande agli occhi del Signore il male che avete fatto chiedendo per voi un re.
Quando Dio manda tuoni e pioggia, il popolo ha un gran timore e confessa i suoi peccati al versetto 19:
Prega il Signore, il tuo Dio, per i tuoi servi, affinché non moriamo; poiché a tutti gli altri nostri peccati abbiamo aggiunto il torto di chiedere per noi un re.
Pentimento e comunicazione delle buone notizie
Una volta che il popolo è stato portato al culmine della paura e si è pentito dei suoi peccati, arrivano le buone notizie al versetto 20:
Non temete; è vero, voi avete fatto tutto questo male; tuttavia non allontanatevi dal Signore, ma servitelo con tutto il vostro cuore; non ve ne allontanate, perché andreste dietro a cose vane, che non possono giovare né liberare, perché sono cose vane.
Questa è la buona novella: anche se hai commesso grandi e terribili peccati disonorando il Signore, anche se ora hai un re che hai ottenuto con il peccato, anche se non si può cancellare questo peccato né le sue dolorose conseguenze future, nondimeno esiste un futuro e una speranza. Non temete! Non temete!
Il fondamento delle buone notizie
E poi al versetto 22 arriva il grande fondamento della buona novella:
Infatti il Signore, per amore del suo grande nome, non abbandonerà il suo popolo, poiché è piaciuto al Signore di fare di voi il suo popolo.
Qual è la base della mancanza di paura del popolo di Dio secondo questo versetto? Prima di tutto, è la promessa che non lo abbandonerà. Malgrado il suo peccato nell’aver desiderato un re, nel versetto si legge: “Il Signore non abbandonerà il suo popolo”.
Ma questo non è il fondamento più profondo della speranza e della mancanza di paura che si trova in questo versetto. Perché Dio non abbandonerà il suo popolo? La ragione profonda si trova nella frase: “Per amore del suo grande nome”. Il profondo fondamento del nostro perdono, della nostra mancanza di paura e della nostra gioia è l’impegno che Dio ha nei confronti del suo grande nome. Innanzitutto, s’impegna ad agire per amore del suo nome. E poi, per questo motivo, s’impegna ad agire per il suo popolo.
In che modo Samuele stabilisce questa connessione per noi in questo versetto? Perché l’impegno di Dio nei confronti del suo nome risulta nel non abbandonare il suo popolo? In che modo il suo impegno nei confronti del suo nome produce un impegno nei confronti di questo popolo?
L’ultima parte del versetto risponde a queste domande: “Poiché è piaciuto al Signore di fare di voi il suo popolo”. O, per dirla in un altro modo, Dio si è compiaciuto di unirti a sé in modo tale che nel tuo destino è in gioco il suo nome. O, per dirla diversamente, Dio si è compiaciuto di possederti in modo tale che ciò che diventi si riflette sul suo nome. E quindi, per amore del suo nome, non ti abbandonerà.
Due sermoni in questo testo
Ora, in questo versetto si trovano due sermoni, quello di questa settimana e quello della prossima. Quindi, lasciate indicare quello della prossima settimana e poi focalizzarmi su quello di questa settimana. Il sermone della prossima settimana s’intitola: “La gioia di Dio per la scelta”. Dio ha scelto liberamente, a suo piacimento, di fare di Israele il suo popolo. Ecco il messaggio della prossima settimana. Dio si compiace nella libertà di una scelta incondizionata.
Ma in questo versetto è implicita un’altra gioia di Dio, cioè quella per il suo nome. Quando sceglie un popolo, dice, lo sceglie come suo, di modo che quando agisce per risparmiargli delle fatiche, agisce per l’amore del suo grande nome. Quindi al di sotto e dietro il piacere di Dio nella scelta di un popolo c’è un piacere più profondo, cioè il piacere di Dio per il suo nome. Ecco il messaggio di questa settimana.
Cosa significa per Dio compiacersi del suo nome
Ora, cosa significa che Dio si compiace del suo nome? Nient’altro che quello che abbiamo visto tre settimane fa, cioè che Dio si compiace delle sue perfezioni, della sua gloria. Il nome di Dio nelle Scritture significa spesso il carattere eccellente e glorioso di Dio.
Ma spesso significa qualcosa di leggermente diverso, cioè la gloria di Dio diventata pubblica. In altre parole, il nome di Dio fa spesso riferimento alla sua reputazione, alla sua fama, alla sua notorietà. È questo il modo in cui utilizziamo il termine “nome” quando diciamo che qualcuno si è fatto un nome. Oppure a volte diciamo che è il “nome” di una marca. Intendiamo una marca con una reputazione.
Questo è quello che credo Samuele voglia intendere in 1 Samuele 12:22 quando dice che Dio ha fatto di Israele il “suo” popolo e che non lo abbandonerà “per amore del suo grande nome”.
L’impegno di Dio per la sua reputazione e la sua fama
Permettetemi di sottolinearvi qualche altro passaggio che mostra questa idea della reputazione o fama o notorietà di Dio.
La cintura di Dio
In Geremia 13:11, Dio descrive Israele come una cintura scelta per valorizzare la gloria di Dio, ma che si è dimostrata inutilizzabile.
Infatti, come la cintura aderisce ai fianchi dell'uomo, così io avevo strettamente unita a me tutta la casa d'Israele e tutta la casa di Giuda", dice il Signore, "perché fossero mio popolo, mia fama, mia lode, mia gloria; ma essi non hanno voluto dare ascolto".
Perché Israele è stata scelta ed è diventata il vestito di Dio? Perché fosse “mia fama, mia lode, mia gloria”. I termini “lode” e “gloria” in questo contesto ci dicono che “nome” significa “fama” o “reputazione”. Dio ha scelto Israele affinché il popolo costituisse la sua reputazione.
L’insegnamento di Davide
Davide insegna la stessa cosa in una delle sue preghiere in 2 Samuele 7:23. Dice che ciò che distingue Israele da tutti gli altri popoli è che Dio si è occupato di lei in modo tale da farsi un nome.
Qual popolo è come il tuo popolo, come Israele, l'unica nazione sulla terra che Dio sia venuto a redimere per formare il suo popolo, per farsi un nome, per compiere cose grandi e tremende, cacciando davanti al tuo popolo, che ti sei redento dall'Egitto, delle nazioni con i loro dèi?
In altre parole, quando Dio è venuto a redimere il suo popolo dall’Egitto e gli ha fatto attraversare il deserto fino alla terra promessa, non stava accordando il suo favore solo al popolo, ma stava agendo, come dice Samuele, per amore del suo grande nome (1 Samuele 12:22); o, come dice Davide, si stava facendo un nome, una reputazione.
Il motivo dell’Esodo
Ritorniamo per un attimo all’Esodo. È qui che Dio ha realmente formato il suo popolo. Per il resto della sua esistenza, Israele ha considerato l’esodo come l’avvenimento chiave della sua storia. Quindi nell’esodo possiamo vedere cosa fa Dio quando sceglie il suo popolo.
In Esodo 9:16, Dio parla al Faraone per fargli e farci sapere perché ha scatenato le dieci piaghe invece di fare tutto velocemente con una rapida catastrofe. Questo testo è talmente cruciale che Paolo lo cita in Romani 9:17 per ricapitolare lo scopo di Dio nell’esodo. Dio dice al Faraone:
Invece io ti ho lasciato vivere per questo: per mostrarti la mia potenza e perché il mio nome sia proclamato su tutta la terra.
Il motivo dell’esodo è stato per Dio costituirsi una fama internazionale. La ragione delle dieci piaghe e del miracoloso attraversamento del Mar Rosso è stata quella di dimostrare l’incredibile potere di Dio a nome del suo popolo che egli ha scelto liberamente, affinché questa reputazione, questo nome, siano proclamati su tutta la terra. Dio si compiace molto della sua reputazione.
La testimonianza di Isaia
I profeti e i poeti di Israele che vennero dopo interpretarono l’Esodo in questo modo? Sì.
Isaia dice che lo scopo di Dio nell’esodo fu quello di farsi un nome eterno. Egli ha descritto Dio come colui “che fece andare il suo braccio glorioso alla destra di Mosè, che divise le acque davanti a loro, per acquistarsi una rinomanza eterna, che li condusse attraverso gli abissi, come un cavallo nel deserto, senza che inciampassero. Come il bestiame che scende nella valle, lo spirito del Signore li condusse al riposo. Così tu guidasti il tuo popolo, per acquistarti una rinomanza gloriosa”. (Isaia 63:12-14).
Quindi quando Dio ha mostrato il suo potere per liberare il suo popolo dall’Egitto attraverso il Mar Rosso, ha avuto una visione dell’eternità e dell’eterna reputazione che quei giorni gli avrebbero fornito.
L’insegnamento dei Salmi
Il Salmo 106:7-8 insegna la stessa cosa:
I nostri padri in Egitto non compresero i tuoi prodigi; non ricordarono le tue numerose benedizioni, e si ribellarono presso il mare, il mar Rosso. Ma egli li salvò per amore del suo nome, per far conoscere la sua potenza.
Vedete qui a lavoro la stessa logica evangelica che abbiamo visto nel nostro testo di 1 Samuele 12:22? Lì, il popolo peccatore aveva scelto un re e irritato Dio. Ma Dio non l’ha abbandonato. Perché? Per amore del suo grande nome. Qui si legge che il popolo peccatore si era ribellato a Dio presso il Mar Rosso, dimenticandosi il suo amore. Eppure Egli l’ha salvato con la sua mano potente. Perché? Stessa risposta: per amore del suo nome, per far conoscere la sua potenza.
Capite che il primo amore di Dio risiede nel suo nome e non nel suo popolo? Ed ecco perché c’è speranza per il suo popolo peccatore. Capite perché la centralizzazione di Dio su di sé è la ragione del Vangelo?
La preghiera di Giosuè
Prendiamo Giosuè come altro esempio di persona che ha capito questa logica evangelica incentrata su Dio e l’ha utilizzata come Mosè (Deuteronomio 9:27-29; Numeri 14:13-16) per perorare la causa del peccaminoso popolo di Dio. In Giosuè 7, Israele ha attraversato il Giordano, è entrata nella terra promessa e ha sconfitto Gerico. Ma ora è stata sconfitta ad Ai e Giosuè è confuso. Si rivolge al Signore in una delle preghiere più disperate di tutta la Bibbia:
Ahimè, Signore, che dovrò dire, ora che Israele ha voltato le spalle ai suoi nemici? I Cananei e tutti gli abitanti del paese lo verranno a sapere, ci accerchieranno e faranno sparire il nostro nome dalla terra; e tu che farai per il tuo gran nome? (Giosuè 7:8-9)
Domandate pietà sulla base dell’amore di Dio per il suo nome? La vera ragione della speranza in tutti i servitori del Signore incentrati su Dio è sempre stata che Dio non avrebbe potuto lasciare disonorato il suo nome tra le nazioni. Era inconcepibile. Era una fiducia che si basava su un fondamento. Molte cose cambiano ma non questa, non l’impegno di Dio per il suo nome.
La testimonianza di Ezechiele dell’esilio
Ma che dire allora del fatto che Israele era così ribelle da essere consegnata nelle mani dei suoi nemici nella cattività babilonese durante il tempo di Ezechiele? In che modo un profeta incentrato su Dio come Ezechiele ha affrontato questa terribile sconfitta per la reputazione di Dio?
Ascoltiamo la parola del Signore che li giunge in Ezechiele 36:20-23. Questa è la risposta di Dio alla cattività del suo popolo che egli stesso aveva permesso:
E, giunti fra le nazioni dove sono andati, hanno profanato il nome mio santo, poiché si diceva di loro: "Costoro sono il popolo del Signore, e sono usciti dal suo paese". Io ho avuto pietà del mio nome santo, che la casa d'Israele profanava fra le nazioni dov'è andata. Perciò, dì alla casa d'Israele: Così parla il Signore, Dio: "Io agisco così, non a causa di voi, o casa d'Israele, ma per amore del mio nome santo, che voi avete profanato fra le nazioni dove siete andati. Io santificherò il mio gran nome che è stato profanato fra le nazioni, in mezzo alle quali voi l'avete profanato; e le nazioni conosceranno che io sono il Signore", dice il Signore, Dio, "quando io mi santificherò in voi, sotto i loro occhi.
In altre parole, quando svanisce ogni altra speranza e il popolo si trova sotto il giudizio di Dio a causa del suo stesso peccato, rimane un’unica speranza, e rimarrà sempre, che Dio si compiace irriducibilmente del valore della sua reputazione e non sopporterà che sia calpestata a lungo.
Il fondamento di tutta la nostra speranza
Questo era il grande fondamento della speranza che ha sostenuto la nascita del moderno movimento missionario protestante del XVIII secolo. David Brainerd, il missionario degli indiani del New England, pochi mesi prima della sua morte, nel 1747, scrisse a un giovane candidato al ministero: “Consacrati alla preghiera, alla lettura e alla meditazione delle verità divine: sforzati di penetrarle nel profondo e non accontentarti mai di una conoscenza superficiale”.
Sforzatevi di penetrare nel profondo delle cose divine! Perché nel profondo delle cose troverete un solido fondamento per la speranza nella vittoria della missione globale della chiesa. Troverete un Dio il cui impegno alla causa del suo popolo si basa non sul suo popolo ma su se stesso. La sua passione per la salvezza e la purificazione si nutre non della terra poco profonda del nostro valore ma dell’infinita profondità del suo.
Nel profondo di tutta la nostra speranza, quando tutto il resto ci ha abbandonato, ci appoggiamo a questa grande realtà: Dio, eterno e autosufficiente, è infinitamente, risolutamente ed eternamente impegnato per il suo grande e santo nome. Agirà per amore del suo grande nome. Esso non sarà mai più profanato. La missione della chiesa sarà vittoriosa. Egli vendicherà il suo popolo e la sua causa in tutto il mondo.
Non temete; è vero, voi avete fatto tutto questo male; tuttavia non allontanatevi dal Signore, ma servitelo con tutto il vostro cuore; non ve ne allontanate, perché andreste dietro a cose vane, che non possono giovare né liberare… Infatti il Signore, per amore del suo grande nome, non abbandonerà il suo popolo, poiché è piaciuto al Signore di fare di voi il suo popolo.
Amen.