Il sorriso di Dio sul volto dei Suoi Santi
Da Libri e Sermoni Biblici.
Di Bryce Young su La Natura della Chiesa
Traduzione di Ihiri Haswani
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Insieme nel giorno dell’opposizione
Tolsi le dita dalla tastiera. Una sensazione dominava tutte le altre: la solitudine. L'email che se ne stava nella cartella della posta inviata era il motivo del mio malessere.
Un amico stretto mi aveva chiesto di spiegare il perché della mia “visione tradizionale” del matrimonio. Immediatamente, la mia carne peccaminosa si risvegliò per sussurrare: “La paura dell'uomo è l'inizio del comfort”. Avrei potuto semplicemente “dimenticare” di inviare la mia risposta, o ammorbidirla fino al punto in cui la mia fedeltà cristiana sarebbe passata inosservata dietro ad argomentazioni antropologiche e relative alla legge naturale. Ero Giona: scappavo dalla fedeltà e, di conseguenza, dalla presenza del Signore.
Per fortuna, questo episodio fu di breve durata, e feci del mio meglio per scrivere, il più onestamente e saggiamente possibile, una visione cristiana del matrimonio e della famiglia. Ma mentre mi accingevo a inviare l’email, divenni consapevole del legame tra obbedienza e sofferenza.
Contemplai la possibilità di perdere il rispetto del mio amico, la mia buona reputazione ai suoi occhi, e forse anche l'amicizia stessa. Certo, se tale è la volontà di Dio, è meglio soffrire facendo il bene piuttosto che facendo il male (1 Pietro 3:17), ma una viscerale sensazione di solitudine confermò che la sofferenza che si prova lungo il sentiero dell'obbedienza è reale e può assumere molte forme.
Quando l'obbedienza costa cara
La fedeltà a Cristo comporta sempre una qualche forma di sofferenza, “perché anche Cristo ha sofferto una volta per i peccati” nel Suo grande atto di obbedienza (1 Pietro 3:18). L’obbedienza richiede una morte di qualche tipo: morte della propria sicurezza, morte dell'orgoglio, morte della nostra riverenza alla lode dell'uomo; in definitiva, la morte del sé. Mentre desideriamo grandemente che le parti peccaminose della nostra carne vengano distrutte come un cancro, spesso dimentichiamo quanto il trattamento possa essere doloroso. Ci sorprende che l'obbedienza a Cristo comporti tanta sofferenza quanto, ad esempio, strapparsi un occhio o tagliarsi una mano (Matteo 5:29-30).
E nel mezzo di un innegabile cambiamento morale della nostra società, la sofferenza causata dall’obbedienza diventerà sempre più visibile sia ai cristiani sia ai non-cristiani. Per questo motivo, i cristiani impegnati a rimanere fedeli a Cristo sopra ogni altra cosa devono risolvere la questione nel proprio cuore: L’obbedienza cristiana si dimostrerà inevitabilmente essere una sconfitta?
A meno che un “No!” forte e gioioso esca dalle nostre bocche, potremmo dimostrare di essere buoni solo per essere gettati via e calpestati dagli uomini (Matteo 5:13). La fedeltà cristiana vale interamente la sofferenza che l’attende e, sorprendentemente, Dio promette di dimostrarlo non solo nella vita a venire, ma anche in questo tempo (Marco 10:30).
Quando la fedeltà biblica significa perdere il lavoro, quando la società decide che il tuo ministero con i senzatetto non vale i principi del Vangelo che ti spingono a farlo, quando i tuoi amici più stretti reagiscono alle tue convinzioni cristiane con ostilità, ruotando gli occhi e prendendoti in giro, come dirai che la fedeltà ne vale la pena?
Dio ti accoglierà
Abbiamo una protezione definitiva a queste difficili domande, una promessa finale che zittisce dubbi e preoccupazioni: “Anche se mio padre e mia madre mi avessero abbandonato, l'Eterno mi accoglierebbe” (Salmi 27:10).
Nella nostra fedeltà a Dio, non verremo lasciati a soffrire in solitudine e in isolamento. Piuttosto, è qui che ci è stato promesso il più grande affiatamento, la più grande compagnia e la più grande conferma. La promessa dell'affermazione di Dio ci permette di sopportare con gioia anche il peso della fedeltà più drastica.
Così il Salmista ci estende questa promessa: quando la fedeltà a Dio e alla sua Parola ti porta ad essere abbandonato dagli altri, anche da coloro che ti sono più vicini, consideralo un guadagno, perché sarà Dio stesso ad accoglierti.
E questa promessa da sola è più che abbastanza per perseverare nell’obbedienza; ma la Scrittura rivela ancora di più su come Egli ci “accoglierà”.
Accolti dal Suo popolo
Gesù stesso promette: “Non c'è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o padre o madre o moglie o figli o poderi per amor mio e dell'evangelo, che non riceva il centuplo ora, in questo tempo, in case, fratelli, sorelle, madre, figli e poderi, insieme a persecuzioni...” (Marco 10:29-30).
Il dolore della perdita che proviamo nell’obbedienza viene rimborsato “ora, in questo tempo” con una nuova famiglia e una nuova vita in comunione con altri cristiani. Il Signore ci ripara nel giorno dell'avversità (Salmi 27:5) attraverso la Sua Chiesa abitata dallo Spirito.
C.S. Lewis lo ricorda nel secondo libro della Trilogia Spaziale:
- “Quando Eva cadde, Dio non era Uomo. Egli non aveva ancora reso gli uomini membri del Suo corpo: lo aveva fatto in seguito e, attraverso essi, da allora in poi, Egli avrebbe salvato e sofferto. Uno degli scopi per cui Egli aveva fatto tutto questo era per salvare [. . .] non attraverso Se Stesso, ma attraverso Se Stesso in [uomo]”. (Traduzione italiana a cura di G. Cantoni De Rossi)
Su questo lato dell'incarnazione, Dio compie la Sua promessa di fornire riparo non solo attraverso la Sua presenza diretta attraverso lo Spirito, ma anche attraverso il Suo corpo, la Chiesa.
Non è quindi difficile capire alcune delle molte implicazioni pratiche di tale verità. Non è stato troppo difficile per me nel mio Gruppo di Responsabilità, quando ho spiegato circa il mio amico e la recente email. Mentre temevo il rigetto e la perdita in una relazione, sentivo “Ben fatto, servo buono e fedele” dalle bocche dei fratelli cristiani. Ho ricevuto amore, accettazione e conferma attraverso la comunità cristiana che Cristo aveva fornito. Ho potuto sentire il sorriso di Dio nei sorrisi dei miei fratelli.
Essere vicini alla Sua Chiesa fa bene
Come membri del corpo di Cristo, queste verità ci sostengono e al contempo hanno bisogno di noi in modi molto pratici. Per il cristiano sofferente e fedele il riparo di Cristo stesso, attraverso il Suo corpo, fornisce grande grazia e conforto; e per coloro di quel corpo che aiutano, ispira a dare grande grazia e conforto a coloro che soffrono.
Al fedele sofferente diciamo quindi: anche se la società, gli amici, i datori di lavoro, i clienti, il padre e la madre ti abbandonano, il Signore ti accoglierà. Non cercare la lode che viene dall'uomo, ma quella che viene da Dio. Soffrirai la perdita, una perdita vera, ma in quella perdita guarda ai mezzi che Dio ha fornito nella Sua Chiesa per proteggere, affermare e confermare la tua fedeltà.
E al fedele consolatore diciamo: fai la tua parte! Sei il mezzo di Dio per rinforzare e proteggere tuo fratello nel giorno dell'avversità. Nel tuo culto settimanale, nella vita di comunità, nei piccoli gruppi e nelle riunioni dei gruppi di responsabilità, sii lo strumento di Dio che leva il fedele in alto sopra una roccia, con il capo innalzato sui nemici che lo accerchiano (Salmi 27:5-6).
Dio ha dato alla Sua Chiesa questa grande dignità in questo tempo, e nel tempo a venire: siamo il sorriso di Dio l’uno per l’altro, affinché sappiamo, e il mondo possa vedere, che anche nella nostra sofferenza e nel nostro dolore, il nostro bene è di accostarci a Dio (Salmi 73:28).