Il piacere di Dio nelle preghiere dei giusti
Da Libri e Sermoni Biblici.
Di John Piper
su Preghiera
Una parte della serie The Pleasures of God
Traduzione di Porzia Persio
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Proverbi 15,8
Il sacrificio degli empi è un abominio all'Eterno, ma la preghiera dei giusti gli è gradita.
La volta scorsa abbiamo superato un punto critico nella nostra serie sui piaceri di Dio. Finora ci siamo concentrati sui piaceri di Dio nella propria perfezione e nelle proprie opere di creazione e provvidenza. Abbiamo sottolineato la sua autosufficienza, la pienezza traboccante della sua gioia e la sua sovrana libertà da coercizione, costrizione, corruzione o ricatto.
La fondamentale questione pratica
Ci siamo quindi impegnati a considerare che tipo di risposte umane sarebbero gradite a Dio. Da un punto di vista pratico questa sarebbe la questione più importante di tutte: come posso io, peccatore, compiacere Dio? Che cosa posso fare o che cosa posso essere per rendermi gradito a Dio?
Se non vi fosse modo di compiacere Dio...
Immagino che, se anche Dio mi permettesse di entrare in paradiso come persona a lui non grata, quello non sarebbe il paradiso, bensì l'inferno. Come potremmo sopportare di vivere alla presenza di Dio se Egli si allontanasse disgustato alla nostra vista, non trovandovi nulla di cui compiacersi?
In 2 Corinzi 5,9 Paolo disse che, sia in cielo che in terra, egli avrebbe avuto come scopo di compiacere Dio. Ci aspetterebbe un'eternità di afflizione se non vi fosse modo di rispondere a un Dio santo, compiacendolo o rendendoci graditi a lui.
Perché dedicare tanto tempo al piacere di Dio in se stesso?
Qualcuno però potrebbe chiedermi: se questa è la questione pratica più importante, perché hai dedicato sette settimane a parlare del piacere di Dio in se stesso, invece di affrontare subito la questione pratica di come compiacere il cuore di Dio?
La risposta è che la visione di Dio sviluppata in quei sette messaggi sta alla base della mia speranza che io, peccatore quale sono, possa malgrado ciò compiacere Dio, e una tale speranza ha bisogno di basi profonde! Il modo in cui pensate Dio determinerà l'idea di come potete compiacere Dio. E il modo in cui una persona decide di provare a compiacere Dio è la decisione più cruciale che essa possa prendere.
Che accadrebbe se scopriste (così come lo scoprirono i Farisei) di aver dedicato la vostra intera vita a cercare di piacere a Dio, ma facendo nel frattempo cose che erano un abominio ai suoi occhi? Qualcuno potrebbe obiettare: "Non ritengo che ciò sia possibile; Dio non respingerebbe una tale persona". Vedete quel che ha fatto costui? Ha fondato la propria convinzione su ciò che è gradito a Dio sulla propria idea di Dio. Questo è appunto il perché dobbiamo cominciare con il carattere di Dio. Ecco perché abbiamo dovuto iniziare trattando dei piaceri di Dio in se stesso.
Il fondamento della speranza per i peccatori disperati
Quel che abbiamo visto nei messaggi precedenti era che Dio non ha bisogni che mai mi verrebbe richiesto di soddisfare. Dio non ha mancanze a cui sarei chiamato a sopperire. Egli è completo in se stesso. Egli è colmo di felicità nella compagnia della Trinità. La conclusione è che Dio è una sorgente di montagna, non un abbeveratoio. Una sorgente di montagna si autoalimenta. Scorre e si ricolma costantemente. Un abbeveratoio deve venir riempito con una pompa o una catena di secchi. Dunque voi glorificate una sorgente bevendo da essa, non trasportando acqua su in alto per poi gettarla nella sorgente. E poiché Dio è fatto così non ci sorprende di leggere nelle Scritture, e la nostra fede ne è rafforzata a perseverare, che il modo di compiacere Dio è di recarsi da lui per ricevere e non per dare, per attingervi e non per portarvi acqua.
La mia speranza come peccatore disperato che vive nel deserto dell'iniquità si aggrappa a questa verità biblica: che Dio è quel Dio che sarà soddisfatto dell'unica cosa che ho da offrirgli, la mia sete. Ecco perché la libertà sovrana e l'autosufficienza di Dio mi sono tanto preziose: esse formano la base della mia speranza che Dio si compiaccia non dell'ingegnosità della catena di secchi, bensì dell'umiltà di mortificati peccatori che attingono alla fontana della grazia.
Oppure, come dicevamo la volta scorsa:
Egli non si compiace nella forza del cavallo, Né prende alcun piacere nelle gambe dell’uomo. L’Eterno prende piacere in quelli che lo temono, In quelli che sperano nella sua benignità.
In altre parole, l'ineffabile buona novella per noi deboli peccatori, che Dio si compiace non quando gli offriamo la nostra forza, ma quando riponiamo speranza nella sua, la buona novella che tanto ho bisogno di sentire ancora e poi ancora, è fondata saldamente su una visione di Dio come essere sovrano, autosufficiente e libero. La ragione per cui non siamo saltati subito alla questione pratica di come compiacere Dio è doppia:
- i nostri sforzi di compiacere Dio diverrebbero quasi sicuramente autocongratulatori e cavillosi se non avessimo questa visione di Dio, inoltre
- la nostra speranza nella traboccante grazia di Dio non potrebbe semplicemente reggersi senza una solida base nella dottrina di Dio.
La preghiera come appagamento della nostra sete
Oggi esamineremo un testo che illustra la buona novella di quali risposte umane siano gradite a Dio. Potreste dire che il testo di oggi è la specifica applicazione o compimento di quello della volta scorsa. Il testo è Proverbi 15,8:
Il sacrificio degli empi è un abominio all'Eterno, ma la preghiera dei giusti gli è gradita.
La mia speranza è che l'effetto di questo messaggio non sarà soltanto quello di sentirvi incoraggiati a pregare, ma soprattutto che la natura di Dio come fontana di grazia gratuita ne verrà riaffermata, che Dio è quel Dio che si compiace profondamente più che in ogni altra cosa non nell'esigere, bensì nel soddisfare. La preghiera gli è gradita perché essa mostra l'abisso della nostra povertà e l'abbondanza della sua grazia. La preghiera è quella meravigliosa transazione in cui la ricchezza della gloria di Dio è resa più splendida e i bisogni della nostra anima sono soddisfatti. Perciò Dio gradisce le preghiere dei giusti.
Adesso meditiamo su Proverbi 15,8 ponendo alcune domande ed esaminando il perché Dio aborra i sacrifici degli empi e gioisca della preghiera dei giusti.
Come può un sacrificio essere un abominio al Signore?
La mia prima domanda è: come può qualcosa di buono come un sacrificio a Dio, che Dio ha ordinato nel libro del Levitico, divenire un abominio al Signore? La prima metà del nostro testo recita: "Il sacrificio degli empi è un abominio all'ETERNO".
Dio si concentra sul cuore
La risposta sembra essere che un'azione, seppur buona in se stessa, può parere sgradevole a Dio, se compiuta nella disposizione d'animo sbagliata. Un'azione esteriore che a noi sembra pia, può risultare orribile agli occhi del Signore perché proviene da un cuore in errore. Sembra che vi sia un principio implicito qui che afferma qualcosa come: la bellezza di un'azione è il compiersi della bellezza interiore, la laidezza di un'azione è il compiersi della laidezza interiore.
Poiché Dio guarda sempre al cuore (1 Samuele 16,7), egli vede sempre le nostre azioni interiori non come le vede un uomo, bensì come estensioni di ciò che Dio vede nell'animo. Che le nostre azioni siano immorali come furto e adulterio, o che siano morali come frequentare la chiesa e servire la comunità, entrambe saranno abominevoli agli occhi di Dio se il cuore non è un cuore retto.
Paolo insegna la stessa cosa, affermando in Romani 14,23: "Tutto ciò che non viene da fede è peccato". E in Ebrei 11,6 ci insegna: "(...) senza fede è impossibile piacere a Dio". Anzi, in Ebrei 11,4 viene affrontata la stessa questione dei sacrifici che troviamo in Proverbi 15,8, ovvero del perché il sacrificio di Abele era accettato da Dio, mentre quello di Caino non lo era. La ragione è che il sacrificio di Abele veniva offerto con fede, ma non così quello di Caino, e senza fede un sacrificio non è gradito a Dio, ma è un abominio.
In questo modo rispondo alla nostra prima domanda, affermando che la ragione di una buona azione (come un sacrificio) può essere un abominio a Dio, se tale azione viene da lui vista come il compimento o l'estensione della condizione di un cuore. Se il cuore è malvagio, le azioni che esso compie, non importa quanto pie o morali, sono un abominio a Dio.
Un'obiezione possibile
Si può obiettare a tutto questo. Qualcuno potrebbe dire che quando si leggono profeti come Isaia e Amos, la ragione per cui Dio ha in ispregio i sacrifici e le preghiere dgli empi non è la loro disposizione d'animo, bensì il loro comportamento esteriore quando non sono nel tempio.
Per esempio, in Isaia 1,13 il profeta dice: "Smettete di portare oblazioni inutili; l’incenso è per me un abominio; non posso sopportare i noviluni e i sabati, il convocare assemblee e l’iniquità assieme alle riunioni sacre". Poi, nel versetto 15 (alla fine) e nei versetti 16 e 17, Isaia illustra il motivo per cui Dio è insoddisfatto dell'adorazione del suo popolo: "Le vostre mani sono piene di sangue. Lavatevi, purificatevi, togliete dalla mia presenza la malvagità delle vostre azioni, cessate di fare il male. Imparate a fare il bene, cercate la giustizia, soccorrete l’oppresso, rendete giustizia all’orfano, difendete la causa della vedova".
Dunque non è questa la ragione per cui Dio ha in abominio i sacrifici degli empi, semplicemente perché odia l'incoerenza di qualcuno che si comporta da mascalzone durante la settimana, per fare il devoto alla domenica?
Il problema di tale obiezione sta nel fatto che essa non va al nocciolo della questione. Sì, Dio odia quell'incoerenza. Tuttavia, quando un malvagio si reca da Dio e sacrifica a lui con cuore penitente, il suo sacrificio è accettato. In questo sta lo scopo dell'offerta per la trasgressione. Una persona che abbia peccato durante la settimana può veder accettato il proprio sacrificio, se questo è accompagnato da un cuore contrito.
Perciò, quel che Isaia sta in verità dicendo è che la ragione per cui Dio ha in abominio i sacrifici degli iniqui, è che essi si recano da lui con il cuore non mortificato a causa dei propri peccati e senza genuine intenzioni di abbandonarli. E tale condizione di cuore ostinato e impenitente è il motivo per cui i loro sacrifici sono un abominio al Signore.
Dunque potremmo concludere dicendo: i sacrifici degli empi sono un abominio perché Dio vede tutte le loro azioni come estensioni o compimenti del cuore, e quando un cuore è malvagio, l'azione è malvagia, sia essa laica o religiosa.
Com'è un cuore retto?
E dunque la mia seconda domanda è: che cos'è l'essenza della malvagità nel cuore? O, più importante, che cos'è l'opposto di un tale cuore? Che cosa rende una persona giusta piuttosto che malvagia nel cuore, così che le sue preghiere siano gradite a Dio, invece che un abominio? Parlerò di due caratteristiche del cuore retto.
Il cuore che trema alla parola del Signore
Il primo segno di un cuore retto è che esso trema alla parola del Signore. Lo leggo in Isaia 66, che si occupa dello stesso problema di qualcuno che adora in un modo che piace a Dio e di chi lo fa in un modo che non gli è gradito. Il versetto 3 descrive i malvagi arrecare i propri sacrifici: "Chi immola un bue è come se uccidesse un uomo, chi sacrifica un agnello è come se rompesse il collo a un cane". In altre parole, i loro sacrifici sono un abominio.
Perché? Il versetto 4 dice: "Quando ho chiamato, nessuno ha risposto, quando ho parlato, essi non hanno ascoltato". I loro sacrifici erano abominii a Dio poiché essi erano sordi alla sua voce.
E quelli le cui preghiere Dio ha ascoltato? Il versetto 2 dice: "Su chi dunque volgerò lo sguardo? Su chi è umile, ha lo spirito contrito e trema alla mia parola". Ne deduco quindi che il primo segno dei giusti, le cui preghiere sono gradite a Dio, è che quelli tremano alla parola di Dio. Questi sono coloro a cui il Signore guarderà.
Dunque, la preghiera dei giusti che piace a Dio viene da un cuore che a tutta prima è timoroso alla presenza di Dio. Trema come Giosia quando udì la lettura della legge di Dio, perché si sente lontano dall'ideale di Dio, vulnerabile al suo giudizio, indifeso e sofferente per le proprie mancanze.
Questo è proprio quel che David dice in Salmi 51,57: "I sacrifici di Dio sono lo spirito rotto; o Dio, tu non disprezzi il cuore rotto e contrito".
Questo è ciò che il Signore definì (a Salomone in 2 Cronache 7,14) la prima cosa che rende accettabile una preghiera: "Se il mio popolo che è chiamato col mio nome si umilia e prega... io l'udirò dal cielo".
Così, il primo segno del cuore retto, le cui preghiere sono gradite al Signore, è la mortificazione, la contrizione, l'umiltà, il timore. In altre parole, quel che rende un cuore retto, quel che rende le preghiere gradite a Dio è la consapevolezza profonda del nostro immenso bisogno di misericordia.
Il cuore che confida nella misericordia di Dio
L'altro segno del cuore retto è la volontà e il potere di Dio di mostrare misericordia. Il Salmo 4,5 dice: "Offrite sacrifici di giustizia e confidate nell’Eterno". Secondo me significa che una parte essenziale del cuore retto, i cui sacrifici non sono un abominio, è la fiducia.
Potremmo facilmente fare l'errore di credere che, quando l'Antico Testamento parla di "giusto" o di "retto", non intende noi, perché siamo tuttora peccatori. Ma il giusto e il retto non sono perfetti. Sono persone che confessano i propri peccati, li odiano e confidano in Dio per il perdono e il soccorso.
Una delle migliori illustrazioni di questo è il Salmo 32. Comincia così: "Beato colui la cui trasgressione è perdonata, il cui peccato è coperto!". Dunque il salmo parla di peccatori perdonati, non di persone perfette. Alla fine, fa distinzione tra i malvagi e i giusti e retti. Qual è la differenza? Versetti 10-11:
Molti sono i dolori dell’empio, ma chi confida nell’Eterno sarà circondato dalla sua benignità. Rallegratevi nell’Eterno ed esultate, o giusti; mandate grida di gioia voi tutti, retti di cuore!
Il versetto 10 mette a confronto i malvagi con coloro che CONFIDANO nel Signore. Quindi il versetto 11 li chiama giusti e retti di cuore, la stessa espressione usata in Proverbi 15,8.
Concludo dicendo che ci sono almeno questi due segni essenziali nel cuore retto. Il primo è che trema alla parola di Dio. Si sente intimorito, senza speranza e ha un immenso bisogno di misericordia. Il secondo è che confida nella misericordia di Dio di perdonare e soccorrere e salvare. Perché Dio gradisce le preghiere dei giusti?
Perché dunque Dio gradisce le preghiere dei giusti? Egli ne gradisce le preghiere per lo stesso motivo per cui ha in abominio i sacrifici dei malvagi - perché le preghiere dei giusti sono l'estensione e il compimento del cuore, ma, al contrario del cuore dei malvagi, il cuore dei giusti amplifica il potere e la grazia di Dio. La preghiera dei giusti è gradita a Dio perché esprime quegli affetti del cuore che mostrano l'autosufficienza di Dio.
E quindi il testo di questa settimana ci ha portati un passo in avanti rispetto alla volta scorsa, quando abbiamo visto da Salmi 147,11 che: "Il Signore prende piacere in quelli che lo temono, in quelli che sperano nella sua benignità". Oggi vediamo che il Signore prende piacere nelle preghiere che esprimono tale speranza. La ragione per cui la nostra speranza è gradita a Dio è perché essa mostra che tutta la nostra gioia viene dalla pienezza della sua grazia. E la ragione per cui le preghiere sono gradite a Dio è perché esse esprimono la speranza che esalta Dio.
È qualcosa di prezioso oltre ogni dire, specialmente nell'ora della nostra morte, avere un Dio la cui natura è tale che egli si compiace non in quello che facciamo per lui, ma nel bisogno che abbiamo di lui.
Un appello dal vangelo per concludere
Chiudo con un appello dal vangelo: glorificate il Dio che vi ha creati! Compiacete il cuore del Dio che vi ama! In che modo? Avvicinatevi con la preghiera al trono della grazia, chinatevi innanzi alla sua maestosa autorità e inginocchiatevi per attingere al fiume dell'acqua della vita che scorre dal trono di Dio (Rivelazioni 22,17):
E lo Spirito e la sposa dicono: «Vieni!». E chi ode dica: «Vieni». E chi ha sete, venga; e chi vuole, prenda in dono dell’acqua della vita.