Fondato sulla grazia
Da Libri e Sermoni Biblici.
Di R.C. Sproul
su Le Dottrine della Grazia
Una parte della serie Right Now Counts Forever
Traduzione di Erica Maria Salvaneschi
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Il dibattito storico tra protestantesimo e cattolicesimo romano si riassume nei termini di una disputa in ambito di "opere o fede" e/o "merito o grazia". I Riformatori magisteriali articolarono la propria idea di giustificazione mediante una serie di "massime teologiche" composte da detti latini, e le espressioni utilizzate (sola fide e sola gratia) si sono profondamente radicate nella storia Protestante. Sola fide, ovvero “con la sola fede,” nega che le opere contribuiscano al fondamento della giustificazione, mentre sola gratia, ovvero “con la sola grazia,” nega che il merito personale contribuisca alla giustificazione.
L'inconveniente di questi "slogan" è' che, nella loro funzione di massime teologiche, vengono facilmente equivocati o strumentalizzati nel semplificare questioni complesse. Di conseguenza, quando la fede è profondamente distinta dalle opere, la nostra comprensione può essere distorta con facilità.
Quando i Riformatori insistevano nella giustificazione ottenuta con la sola fede, non intendevano affermare che la fede stessa fosse un'opera di qualsiasi sorta. Nell'escludere le opere dal fondamento della giustificazione, essi non intendevano suggerire che la fede non contribuisse in alcun modo ad essa.
IL FULCRO DELLA QUESTIONE
Si può affermare che il fulcro del dibattito del sedicesimo secolo sulla giustificazione fu la questione del fondamento di essa. Il presupposto alla giustificazione consiste nella base sulla quale Dio dichiara una persona "giusta". I Riformatori insisterono nell'affermare che la versione biblica considera la giustizia di Cristo come unica base plausibile della giustificazione. Si tratta di un riferimento esplicito alla giustizia acquisita da Gesù nel corso della Sua stessa vita; non si tratta della giustizia di Cristo in noi, ma della giustizia di Cristo per noi.
Se poniamo la questione di fronte a noi, possiamo notare che sola fide funge da breve massima non solo per la dottrina della giustificazione per mezzo della sola fede, ma anche per la nozione della giustificazione solo attraverso Cristo. E' solo mediante, attraverso e nella giustizia di Cristo che Dio ci dichiara giusti dinanzi ai Suoi occhi.
Affermare che la giustificazione avviene tramite la sola fede, vuol dire semplicemente che è mediante o attraverso la fede che è possibile ricevere l'imputazione della giustizia di Cristo per nostro conto. Di conseguenza, la fede è la causa strumentale, ovvero il mezzo tramite il quale ci avviciniamo a Cristo.
Roma insegna che la causa strumentale della giustificazione consiste nel sacramento del battesimo (in primo luogo) e nel sacramento della penitenza (in secondo luogo). Tramite il sacramento, la grazia della giustificazione, ovvero la giustizia di Cristo, è infusa (o versata) nell'anima di colui che la riceve. Da quel momento in poi, la persona assentirà e coopererà con la sua grazia infusa a un livello tale che la vera giustizia sarà di fatto intrinseca al credente; a quel punto, Dio dichiarerà quella persona "giusta". Per far si che la persona sia giustificata da Dio, quella persona deve prima diventare giusta.
Roma sostiene che, per essere giustificati, siano necessari tre elementi: grazia, fede e Cristo. Roma non insegna che un uomo possa ricevere la salvezza per suo merito senza la grazia, per le sue opere senza la fede oppure mediante se stesso senza Cristo. Dunque, perché così tante storie?
Né i dibattiti del sedicesimo secolo, né le recenti discussioni o dichiarazioni congiunte tra cattolici e protestanti sono stati in grado di risolvere la questione chiave del dibattito, ovvero il fondamento della giustificazione. Si tratta della giustizia di imputata di Cristo oppure della giustizia infusa di Cristo?
Ai giorni nostri, coloro che si trovano a fronte di questo dibattito secolare semplicemente alzano le spalle e pensano, "E quindi?" oppure "Dove sta il problema?". Dal momento che entrambi gli schieramenti affermano che la giustizia di Cristo è necessaria alla giustificazione, e che grazia e fede si presentano ugualmente indispensabili, indagare più a fondo ulteriori questioni tecniche sembra una perdita di tempo o un esercizio di pedante arroganza teologica. L'intero dibattito appare sempre più una tempesta in un bicchier d'acqua.
DUE PROSPETTIVE
Dunque, dove sta il problema? Permettetemi di tentare una risposta tramite due punti di vista, l'uno teologico, l'altro personale ed esistenziale.
Il problema rappresenta teologicamente l'essenza del Vangelo. Non vi sono problemi più importanti. La Buona Novella spiega che la giustizia che Dio esige dalle Sue creature fu acquisita per loro da Cristo. L'opera di Cristo conta anche per il credente. Il fedele è giustificato sulla base di quanto Cristo ha fatto per lui, al di fuori ed indipendentemente da lui, non da quanto Gesù ha fatto in lui. Per Roma, una persona non è giustificata fino a che o a meno che la giustizia non sia intrinseca in lui. Egli può servirsi dell'aiuto di Cristo, ma Dio non riconosce, trasferisce o imputa la giustizia di Cristo per suo conto.
Cosa significa ciò, da un punto di vista personale ed esistenziale? La visione di Roma infonde disperazione nella mia anima. Se per essere dichiarato giusto da Dio devo aspettare fino ad essere intrinsecamente giusto, l'attesa è lunga. Nell'opinione Romana, se commetto un peccato mortale, perderò tutta la grazia che in quel momento possiedo e che mi giustifica. E se la riguadagno mediante il sacramento della penitenza, mi aspetta in ogni caso il purgatorio. Nel caso io muoia con qualsiasi impurità nella mia vita, dovrò andare in purgatorio per "purgare" i miei peccati .
La differenza è radicale rispetto al Vangelo biblico, il quale mi assicura la giustificazione agli occhi di Dio nell'istante in cui ripongo la mia fiducia in Gesù. Dal momento in cui la Sua giustizia è perfetta, essa non può aumentare né diminuire. E se la Sua giustizia viene a me imputata, io possiedo il completo e totale fondamento della giustificazione.
La questione della giustizia imputata contro la giustizia infusa non potrà essere risolta se non ripudiando l'una o l'altra visione. Si tratta di due punti di vista della giustificazione che si escludono a vicenda. Se l'uno è vero, l'altro deve essere falso. Uno dei due esprime l'essenza del vero Vangelo biblico; l'altro è un falso Vangelo. Semplicemente, non possono essere entrambi veritieri.
Di nuovo, il problema non può essere risolto enfatizzando le basi comuni. Due visioni incompatibili possono venire ignorate o minimizzate (come suggeriscono i dialoghi moderni attraverso la revisione storica), ma non riconciliate. E neppure possono essere ridotti ad un semplice fraintendimento: entrambe le parti sono troppo intelligenti per far si che ciò avesse potuto accadere negli ultimi 400 anni.
La questione del merito e della grazia nella giustificazione è annebbiata dalla confusione. Roma afferma che i credenti possiedono due tipi di merito: de congruo e de condigno. Il merito de congruo viene conseguito tramite lo svolgere di opere soddisfacenti e connesse al sacramento della penitenza. Queste opere non sono così meritorie da obbligare il giudice giusto a premiarle, ma sono valide a sufficienza per essere considerate "adeguate" o "congrue" ad essere premiate da parte di Dio.
Il merito de condigno appartiene ad un ordine più elevato, acquisito dai santi. Tuttavia, Roma considera anche questo merito come radicato e avente fondamento nella grazia. Si tratta di merito che non può essere ottenuto se non con l'assistenza della grazia.
I Riformatori rifiutano sia il merito de congruo che il merito de condigno, argomentando che la nostra condizione non solo èradicata nella grazia, ma è graziosa in ogni momento. L'unico merito che conta al fine della nostra giustificazione è quello di Cristo. Infatti, noi veniamo salvati grazie ad opere di salvezza: quelle di Cristo. Il concetto secondo il quale veniamo salvati tramite merito altrui a noi imputato è proprio l'essenza della salvezza.
E' questa grazia che non deve mai essere compromessa o negoziata da parte della chiesa. Senza di essa, ci troviamo senza speranza ed impotenti nell'essere giusti di fronte a un Dio santo.