Essere sposati non vuol dire essere innamorati, parte 2

Da Libri e Sermoni Biblici.

Risorse Correlate
Altro Di John Piper
L'Indice degli Autori
Altro su Matrimonio
L'Indice degli Argomenti
A proposito di questa traduzione
English: Staying Married Is Not About Staying in Love, Part 2

© Desiring God

Condividi
La nostra missione
Questa risorsa è pubblicata da Gospel Translations, un ministero online il cui scopo è rendere libri e articoli che parlano del vangelo disponibili gratuitamente in ogni paese e lingua.

Per saperne di più (English).
Come puoi aiutarci
Se parli bene l’inglese, puoi aiutarci come traduttore volontario.

Per saperne di più (English).

Di John Piper su Matrimonio
Una parte della serie Marriage, Christ, and Covenant: One Flesh for the Glory of God

Traduzione di Filadelfio Caserta

Review Potete aiutarci a migliorare questa traduzione da rivedere per la precisione. Per saperne di più (English).



Genesi 2:18-25

Poi il Signore Dio disse: “Non è bene che l’uomo sia solo: gli voglio fare un aiuto che gli sia simile”. 19 Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all’uomo, per vedere come li avrebbe chiamati. In qualunque modo l’uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. 20 Così l’uomo impose nomi a tutto il bestiame, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche. Ma l’uomo non trovò un aiuto che gli fosse simile. 21 Allora il Signore Dio fece scendere un torpore sull’uomo, che si addormentò; gli tolse una delle costole e rinchiuse la carne al suo posto. 22 Il Signore Dio plasmò con la costola, che aveva tolta all’uomo, una donna e la condusse all’uomo. 23 Allora l’uomo disse: “Questa volta essa/ è carne della mia carne/ e osso dalle mie ossa./ La si chiamerà donna/ perché dall’uomo è stata tolta”. 24 Per questo l’uomo abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne. 25 Ora tutti e due erano nudi, l’uomo e sua moglie, ma non ne provavano vergogna.

Indice

Il matrimonio e il Vangelo

Il matrimonio è più meraviglioso di qualsiasi altra cosa conosciuta a questo mondo. Esso è meraviglioso in quanto può essere appreso soltanto grazie alla speciale rivelazione di Dio e può essere nutrito soltanto dalle parole dello Spirito Santo per consertirci di contemplare ed abbracciare questa meraviglia. La ragione per la quale abbiamo bisogno dell’aiuto dello Spirito è che la bellezza del matrimonio è intrecciata con la meraviglia del vangelo della croce di Cristo, e il messaggio della croce è, secondo l’uomo naturale, una sciocchezza. Di conseguenza, dal punto di vista dell’uomo naturale il significato del matrimonio è una sciocchezza (1 Corinzi 2:14). Ad esempio, l’ateista Richard Dawkins ha affermato:

Ho fornito… argomentazioni convincenti contro la presenza di un creatore intelligente e soprannaturale. Tuttavia, mi sembra proprio una valida idea. Rifiutabile – ma ciò nondimeno abbastanza grande e importante da meritare rispetto. Non ritengo degni di tale grandezza gli dei dell’Olimpo o Gesù che vengono tra noi e muoiono sulla croce. Mi sembrano molto gretti.

Queste sono le tragiche parole de “l’uomo naturale”. Coloro che vedono Cristo, la sua incarnazione, la sua morte, la sua resurrezione e la sua autorità su tutto l’universo sostenuta per mezzo della parola del suo potere (Ebrei 1:3; Colossesi 1:16-17), come un qualcosa di gretto, non vedranno la bellezza del matrimonio intrecciata con questo vangelo. Ma forse, per grazia di Dio, voi riuscirete a vederla. Io prego affinchè ciò accada. Credo che Dio ve lo rivelerà se voi guarderete con fede alla sua rivelazione nella parola di Dio e cercherete l’aiuto dello Spirito Santo al fine di poter vedere e godere della gloria di Cristo e del contratto firmato col sangue tra Lui e la chiesa, un contratto che si riflette sul matrimonio.

Il matrimonio è opera di Dio per la gloria di Dio

La scorsa settimana abbiamo detto che il concetto più importante che possiamo esprimere sul matrimonio è che esso è opera di Dio. Inoltre, il concetto ultimo che possiamo che possiamo esprimere sul matrimonio è che esso rappresenta la manifestazione di Dio. La ragione per la quale esso rappresenta la manifestazione di Dio è che Dio ha stipulato, in Cristo, un nuovo patto con il suo popolo. In esso egli promette di perdonare, giustificare e glorificare tutti quelli che si rivolgono a lui abbandonando il peccato e accettando Cristo come il Redentore e il supremo Tesoro delle loro vite. Il matrimonio tra un uomo e una donna, all’inizio, era stato creato per rappresentare un riflesso e una manifestazione di quel rapporto di alleanza.

Per questa ragione San Paolo cita Genesi 2:24 – “L’uomo lascerà il padre e la madre, e si unirà con sua moglie, e i due diverranno una sola carne” – e successivamente afferma: “Questo mistero è grande; dico questo, riguardo a Cristo ed alla Chiesa” (Efesini 5:31-32). Lasciare i propri parenti e unirsi a sua moglie, diventando una sola carne, è destinato, fin dall’inizio, a rappresentare questo nuovo patto – Cristo lascia suo Padre e, a costo della sua vita, prende la chiesa come sua sposa, unendosi a lei nell'unione di un solo spirito per l'eternità (1 Corinzi 6:17).

Quindi, concludo affermando che essere sposati non vuol dire essere innamorati. Vuol dire rispettare il patto. Se una persona coniugata si innamora di un'altra persona, una risposta più che legittima da parte del coniuge afflitto e della chiesa è: "E con ciò!? Rispetta il patto”. Ora è il momento di indagare più a fondo su cosa può sembrare questo rispetto del patto e sul suo significato.

Erano nudi e non ne provavano vergogna

Per ricevere un aiuto, e per esporre un tema più appagante, torniamo al versetto, presente nel testo, che non è stato commentato la settimana scorsa: Genesi 2:25: “Ora tutti e due erano nudi, l’uomo e sua moglie, ma non ne provavano vergogna”. Qual è il punto espresso in quel versetto? Prendiamo in considerazione queste due possibili spiegazioni della loro mancanza di vergogna. Primo, entrambi avevano due corpi perfetti. Quindi, dal momento che erano perfetti nell’aspetto, non avevano il minimo timore che il proprio coniuge potesse respingerli. In altre parole, il loro essere liberi dal giogo della vergogna era dovuto al fatto che non avevano assolutamente niente di cui vergognarsi. È quello il punto principale?

È sicuramente una giusta osservazione. Quando Dio ha creato l’uomo ha detto che la sua creazione è stata un fatto “molto buono” (Genesi 1:31). Quindi l’uomo e la donna erano decisamente belli e attraenti. Non esistavano né macchie né imperfezioni. È quello il punto espresso nella Genesi 2:25? Io ne dubito. Per tre ragioni.

Non per via di corpi perfetti

Primo, non importa quanto possa essere bello o attraente il proprio coniuge: se si è capricciosi, egoisti o sgarbati si possono fare dei commenti in un modo tale da far vergognare l’altro. Il non provare vergogna in una relazione di matrimonio richiede molto di più della sola perfezione fisica; colui/ei che vi sta guardando deve essere moralmente retto/a e misericordioso/a.

Secondo, lo scopo del testo in Genesi 2:24-25 è quello di fornire la saggezza necessaria per un matrimonio avvenuto molto tempo dopo la caduta dell'uomo nel peccato. Possiamo notare come, a questo proposito, Gesù fa ricorso al versetto 24. Quindi non mi sembra che il punto centrale faccia riferimento soltanto al contesto che precede la caduta, cioè alla perfezione dei loro corpi.

Terzo, il versetto 24 crea la relazione dove si inserisce il versetto 25. E l’enfasi, in quel punto, ricade sull’obbligo contrattuale: I due si sono uniti in una nuova unione in una sola carne, una unione che non è un esperimento. È una nuova unione regolamentata. Questo è quello che crea il contesto per un matrimonio libero dal peccato – non la loro bellezza priva di imperfezioni.

Per via del patto d’amore

Di conseguenza, prendiamo in considerazione una seconda spiegazione per la quale essi erano nudi e non provavano vergogna. Il mio suggerimento è che l’enfasi ricada non sul fatto di essere liberi da imperfezioni fisiche, bensì dalla pienezza del patto d’amore. In altre parole, io posso essere libero dalla vergogna per due motivi: Il primo è che sono perfetto e non ho niente di cui vergognarmi; il secondo è che io sono imperfetto ma non ho il timore di essere respinto dalla mia sposa. Il primo modo di essere liberi dalla vergogna è l’essere perfetti; il secondo modo si basa sulla natura misericordiosa del patto d’amore. Nel primo caso, non c’è traccia di vergogna perché non abbiamo difetti. Nel secondo caso, non c’è traccia di vergogna perché il patto d’amore cela una moltitudine di difetti (1 Pietro 4:8; 1 Corinzi 13:5).

Lo so che in Genesi 2:25 la caduta nel peccato non ha ancora avuto luogo. Quindi, non ci sono difetti da celare. Ma la mia opinione è che il versetto 25 derivi dal versetto 24 perché il rapporto di alleanza stabilito dal matrimonio è destinato, fin dal principio, a essere la base fondamentale liberarsi dalla vergogna. Senza dubbio, fino al momento in cui il peccato non è entrato nel mondo portando con sè ogni tipo di difetto fisico, Adamo ed Eva non hanno avuto bisogno di ricorrere al loro patto d’amore per celare ogni peccato e difetto presenti in loro. Ma quello era il disegno di Dio. Fin dall’inizio, il matrimonio è stato pensato come la manifestazione di Cristo e della chiesa, e l’essenza stessa del nuovo patto è rappresentata dal fatto che Cristo ha messo una pietra sopra i peccati della sua sposa. La sua sposa è libera dalla vergogna non perché è perfetta, bensì perché non teme che il suo compagno la condannerà o le farà provare vergogna per il suo peccato. Questa è la ragione per la quale la dottrina della giustificazione è al centro di ciò che permette al matrimonio di funzionare. Essa, verticalmente, crea la pace con Dio, malgrado il nostro peccato. E quando viene sperimentata orizzontalmente, essa crea una pace libera dal peccato tra un uomo imperfetto e una donna imperfetta. Spero, per la prossima settimana, di poter approfondire ulteriormente questo argomento.

Dichiarare l’indipendenza

Ma prima dobbiamo finire di analizzare ciò che il testo ha da dire riguardo la nudità e la vergogna. In Genesi 2:17, Dio dice ad Adamo: “Ma del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male non ne mangiare; perché, nel giorno che tu ne mangerai, per certo morrai”. Riprendo l’espressione “conoscenza del bene e del male” per fare riferimento ad uno stato di indipendenza da Dio, uno stato nel quale Adamo ed Eva prenderebbero le loro decisioni su cosa è bene e cosa è male da soli e indipendentemente da Dio. Quindi, l’atto di mangiare uno dei frutti del suddetto albero rappresenterebbe una dichiarazione di indipendenza da Dio.

In Genesi 3:5-6, questo è quello che accade:

[Il tentatore dice,] “Ma Iddio sa che nel giorno che ne mangerete, gli occhi vostri s’apriranno, e sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male”. Quindi, quando la donna vide che il frutto dell’albero era buono per cibarsene, che era bello da vedere, che era una delizia per gli occhi e che era desiderabile per diventare intelligenti, ne prese un frutto, ne mangiò e, dopo, ne diede anche a suo marito che era con lei, ed egli ne mangiò.

La prima conseguenza di questa ribellione contro Dio e di questa una dichiarazione di indipendenza viene riportata nel versetto 7: “Allora si aprirono gli occhi ad ambedue, e s’accorsero che erano nudi; e cucirono delle foglie di fico, e se ne fecero delle cinture”. Che cosa sta a significare tutto questo? Improvvisamente diventano consapevoli dello stato dei loro corpi. Prima della ribellione contro Dio non vi era alcuna vergogna. Ora, evidentemente, la vergogna c’è. Perché? Non c’è alcuna ragione di pensare che essa sia dovuta al fatto che essi, improvvisamente, sono diventati brutti. Non è quello il punto centrale del testo, assolutamente. La loro bellezza non era il punto centrale in Genesi 2:25, e la loro bruttezza non è il punto centrale qui in 3:7. Di conseguenza, qual è il motivo di tale vergogna? Il motivo è il collassamento delle fondamenta di un amore mantenuto da un patto. Assieme ad esso, la dolce protettiva sicurezza del matrimonio era sparita per sempre.

Le fondamenta di un amore mantenuto da un patto

Le fondamente di un amore tra un uomo e una donna mantenuto da un patto rappresentano il patto infrangibile tra essi e Dio – Dio li governa per il loro bene ed essi si uniscono a lui nella sicurezza e nell'affidamento in lui. Nel momento in cui si sono cibati dei frutti dell’albero della conoscenza del bene e del male, quel patto è stato infranto e le fondamenta del patto che custodivano tra loro sono collassate.

Hanno vissuto questa esperienza immediatamente, durante la corruzione della promessa d’amore che si erano scambiati a vicenda. È successo in due giorni. Noi la sperimentiamo oggi e negli stessi due modi. Entrambi i modi sono collegati all’esperienza della vergogna. Nel primo caso, colui che vede la mia nudità non è più degno di fiducia; quindi ho paura che possa farmi vergognare. Nel secondo, io stesso non sono più in pace con Dio e mi sento colpevole, corrotto e indegno – merito di provare vergogna. Meditate su questi concetti una volta per per tutte.

La vulnerabilità alla vergogna

Nel primo caso, sono autocosciente del mio corpo e mi sento vulnerabile alla vergogna perché so che Eva ha scelto di essere indipendente da Dio. Si è posta al centro dell’attenzione soppiantando Dio. Lei è, essenzialmente, una persona egoista. Da questo momento in poi, lei vorrà avere la priorità su tutto. Non è più una serva. Di conseguenza, non è più al sicuro. Io mi sento vulnerabile al suo fianco, perché è probabile che lei possa umiliarmi se ciò può servire a farla diventare più importante. Quindi, all’improvviso, la mia nudità diventa precaria. Non confido più nel fatto che lei possa offrirmi un amore mantenuto da una promessa. Ecco una prima fonte della vergogna e dell’autocoscienza.

La rottura del patto con Dio

L’altra fonte è che lo stesso Adamo, e non soltanto la sua sposa, ha rotto il patto con Dio. Se lei è ribelle, egoista e, quindi, a rischio, lo sono anch'io. Ma il modo in cui l'ho provato sulla mia stessa carne mi ha portato a sentirmi corrotto, colpevole e indegno. Questo è, in realtà, quello che sono. Prima della Caduta, ciò che è e ciò che dovrebbe essere erano la stessa cosa. Oggi, invece, essi non sono più la stessa cosa. Dovrei essere umilmente e felicemente sottomesso a Dio, ma non lo sono. Questo enorme divario tra ciò che sono e ciò che dovrei essere travisa ogni cosa che mi riguarda – perfino il modo di rapportarmi al mio corpo. Quindi mia moglie dovrebbe essere la persona più fidata del mondo. Tuttavia, adesso il mio stesso senso di colpa e di indignità mi fanno sentire vulnerabile. La semplice, palese, nudità dell’innocenza adesso mi fa sentire incoerente con la persona peccaminosa che rappresento. Provo molta vergogna.

Quindi la vergogna della nudità deriva da due fonti, ed entrambe sono responsabili del crollo delle fondamenta della promessa d’amore nella relazione che abbiamo instaurato con Dio. La prima è che Eva non è più adatta a prendersi cura di me; èè diventata egoista e io, che sono vulnerabile, temo che lei possa umiliarmi per raggiungere i suoi fini egoistici. La seconda è io sono già consapevole di aver peccato e la nudità della mia innocenza è in contraddizione con la mia indegnità - E io provo vergogna per questo.

Essi si rivestirono

In Genesi 3:7 viene detto che essi cercarono di far fronte a questa nuova situazione creando degli indumenti: “E cucirono delle foglie di fico, e se ne fecero delle cinture”. Successivamente, in Genesi 3:21, Dio creò per loro degli indumenti migliori utilizzando delle pelli di animali: “E l’Eterno Iddio fece ad Adamo e alla sua moglie delle tuniche di pelle, e li vestì”. Cosa ricaviamo dal suddetto racconto?

Lo sforzo fatto da Adamo ed Eva nel tentativo di rivestirsi fu uno sforzo peccaminoso per cercare di nascondere quello che era realmente accaduto. Continuarono e cercarono di nascondersi da Dio (Genesi 3:8). Non erano più delle creature innocenti: si erano ribellati a Dio. La loro nudità li faceva sentire troppo scoperti e vulnerabili. Così cercarono di colmare il vuoto tra ciò che erano e ciò che avrebbero dovuto essere rivestendosi e presentandosi sotto un nuovo aspetto. Dal loro punto di vista, questa fu l’origine dell’ipocrisia. Fu il primo – e miseramente fallito – tentativo di inganno.

E Dio in seguito li vestì

Dio li rivestì usando le pelli di alcuni animali: qual è il significato di questo gesto? Stava dando conferma della loro ipocrisia? Stava aiutando e favorendo la loro pretesa? Se erano nudi e liberi dalla vergogna prima della Caduta e se, successivamente, si sono messi dei vestiti addosso per minimizzare la loro vergogna dopo la Caduta, allora che senso ha il gesto compiuto da Dio, che, tra l'altro, li ha rivestiti addirittura meglio di quanto avrebbero potuto fare da soli? Penso che la risposta risieda nel fatto che Dio stava compiendo un gesto contenente un messaggio negativo e uno contenente un messaggio positivo.

Per ciò che concerne il primo messaggio, Dio stava dicendo all’uomo: “Tu non sei più quello che eri e non sei quello che dovresti essere. Il divario tra quello che sei e quello che dovresti essere è enorme. Coprirti con degli indumenti è la giusta risposta a questo fatto - non stai nascondendo quello che hai fatto, lo stai confessando. Dora in avanti, indosserai dei vestiti non per nascondere il fatto che non sei quello che dovresti essere, bensì per confessare che non sei quello che dovresti essere”. Una implicazione pratica di questo fatto è che, oggi, la nudità pubblica non è un ritorno all’innocenza ma una ribellione contro la realtà morale. Dio ci ha predestinati all’uso di indumenti per renderci testimoni della gloria che abbiamo perso, ed è un’ulteriore ribellione a far perdere loro la retta via.

Per coloro che si ribellano seguendo un'altra direzione e fanno della pratica del rivestirsi uno strumento di potere, di prestigio e di conseguimento di maggiore attenzione, la risposta di Dio non consiste in un ritorno alla nudità, bensì in un ritorno alla semplicità (1 Timoteo 2:9-10; 1 Pietro 3:4-5). Gli indumenti non hanno lo scopo di far pensare alle persone cosa sta sotto di essi. Gli indumenti servono a dirigere l’attenzione su ciò che non sta sotto di essi: braccia e mani che servono gli altri nel nome di Cristo, “leggiadri” piedi che portano il vangelo ovunque ce ne sia bisogno, lo splendore di un volto che ha visto la gloria di Gesù.

Il significato dell'azione di rivestire

Arrivati a questo punto, abbiamo già scoperto il significato più positivo dell'azione di rivestire, il quale traspariva dal gesto, compiuto da Dio, di rivestire Adamo ed Eva usando delle pelli di animali. Questa non era soltanto una testimonianza della gloria che abbiamo perso e una confessione del fatto che non siamo quello che dovremmo essere, ma è anche una prova del fatto che Dio stesso, un giorno, ci farà diventare quello che dovremmo essere. Dio ha scartato gli indumenti fatti dagli stessi esseri umani. Successivamente, lui stesso ne ha fatti di nuovi. Ha dimostrato compassione per l’essere umano creando degli indumenti migliori. La compassione mostrata da Dio, unita ad altri segni di speranza presenti nel contesto (come la sconfitta del serpente in 3:15), punta dritta al giorno in cui risolveremo il problema della nostra vergogna in modo deciso e permanentemente. Egli compirà questa azione con il sangue del suo stesso Figlio (così come c’è stato, apparentemente, uno spargimento di sangue in occasione dell’uccisione degli animali per prenderne le pelli). E lo farà con gli indumenti della rettitudine e con lo splendore della sua gloria (Galati 3:27; Filippesi 3:21).

Ciò significa che i nostri indumenti sono una prova del nostro fallimento sia passato che presente e della nostra futura gloria. Essi sono la testimonianza del divario tra ciò che siamo e ciò che dovremmo essere. Inoltre, essi testimoniano il misericordioso tentativo, compiuto da Dio, di colmare il suddetto divario mediante Gesù Cristo e il suo sacrificio per il perdono dei nostri peccati. Lui troverà una soluzione a problemi quali la paura, l'orgoglio, l'egoismo e la vergogna tra uomo e donna mediante la stipulazione di un nuovo patto firmato con il sangue.

Il matrimonio è una manifestazione del Vangelo

Il matrimonio è destinado ad essere una manifestazione del suddetto patto e del vangelo. Quindi, la prossima volta, Dio volendo, tratteremo il tema di come un marito e una moglie incarnano il nuovo patto basato sul vangelo della giustificazione per fede e, di conseguenza, come creano un nuovo ambiente sicuro e sacro dove sia possibile pronunciare nuovamente la frase: “Ora tutti e due erano nudi, ma non ne provavano vergogna”.