Portare i pesi gli uni degli altri

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Le preoccupazioni di questo mondo sono molteplici e inesorabili. Non è facile rimanere talmente concentrati sul cielo da rimanere calmi davanti alle afflizioni della vita terrena. Ci è stato, ovviamente, comandato di avere “l’animo alle cose di sopra, non a quelle che son sulla terra” (Col. 3:2), ma anche il più impegnato credente potrà testimoniare che le prove terrene a volte oscurano la prospettiva celeste.

Ci preoccupiamo. Ci affliggiamo. Cadiamo inciampando. Ci affatichiamo con il duro lavoro di tutti i giorni. Sentiamo la colpevolezza della nostra condizione di caduti. Intanto, siamo assaliti da avversità di vario tipo. Queste sono solo una piccola parte dei numerosi pesi terreni che trattengono i nostri pensieri dall’elevarsi verso il cielo. Eppure ci viene comandato ripetutamente: “cercate le cose di sopra” (Col. 3:1). Ci viene insegnato di tenere “lo sguardo intento non alle cose che si vedono, ma a quelle che non si vedono” (2 Cor. 4:18). Non dobbiamo permettere ai pesi di questa vita di deviare i nostri cuori dal cielo.

Come è possibile? Quando il carico ci appesantisce e le preoccupazioni diventano troppe per una sola persona, le promesse di un paradiso dopo le sofferenze terrene possono sembrare molto vuote.

Ma questa è la ragione per cui la Chiesa è tanto importante. È nostro dovere, in quanto credenti, aiutare a portare i pesi gli uni degli altri (Gal. 6:2). Se qualcuno barcolla, aiutiamolo a equilibrare il peso. Se inciampa, aiutiamolo ad alzarsi. Aiutare gli altri credenti a portare il peso delle loro preoccupazioni terrene è uno dei doveri principali che dovrebbe rispettare ogni cristiano.

Chiaramente, questo concetto è contrario alle tendenze della nostra cultura, che prevede la secolare tendenza della società a incoraggiare i propri interessi. La nostra generazione ha sviluppato una malsana ossessione per l’intrattenimento; siamo assaliti giornalmente da un afflusso di futili divertimenti; e tendiamo a interagire con gli altri attraverso suoni o attraverso media senza un volto. Viviamo in città affollate e in quartieri sovrappopolati; eppure la gran parte degli individui è più isolata che mai. Siamo onesti – le Chiese riformate ed evangeliste oggigiorno spesso imitano la cultura proprio lì dove dovrebbero confrontarsi e controbattere la sua influenza. Mentre le Chiese cercano di diventare più grandi, più sgargianti e più accorte dal punto di vista tecnologico, di norma tendono a diventare più fredde e impersonali. Al contempo, le Chiese a volte sembrano di incoraggiare l’agenda del “prima io” e dell’amore di sé invece che dei comandamenti dell’“uno per l’altro” delle Sacre Scritture. Il risultato è che non portiamo i pesi gli uni degli altri, come dovremmo.

Eppure Paolo ha dato la massima priorità a questo dovere. È stato il centro delle sue ammonizioni alle chiese dei Galati. La prima metà (o più) dei Galati è una difesa della giustificazione in nome della fede e una serie di argomenti contro l’insegnamento errato che minacciava di posizionare quelle Chiese in uno stato di schiavitù della Legge. Nei Galati 5:14 egli ricordava loro: “poiché tutta la legge è adempiuta in quest’unica parola: Ama il tuo prossimo come te stesso.”

Come si esprime al meglio tale amore? “Portate i pesi gli uni degli altri, e così adempirete la legge di Cristo” (6:2).

Il primo e preminente esempio che Paolo cita riguardo a portare il peso include l’avere a che fare con il peso di un peccato commesso da un altro cristiano. “Quand’anche uno sia stato colto in qualche fallo, voi, che siete spirituali, rialzatelo con spirito di mansuetudine” (v. 1). Questo, ovviamente, non è un approccio differente da quanto delineato da Gesù in Matteo 18:15–17, nei passaggi riguardo alla disciplina ecclesiastica. Questi passaggi spiegano semplicemente come questo processo debba essere eseguito (in modo gentile e mite) e ne sottolineano il vero scopo (ristorare e non punire o biasimare in pubblico).

In altre parole, la persona che ristora il fratello peccatore non deve affrontarlo come se fosse il suo padrone ma sostenerlo in modo mite – come uno che desideri aiutare a portare un peso, in modo che colui che è caduto possa rialzarsi.

Il verso 2 poi afferma semplicemente come imperativo il principio sottostante (“Portate i pesi gli uni degli altri”). Ovviamente, il precetto viene applicato a tutti i tipi di pesi – non soltanto ai pesi di coloro che cadono nel peccato. Quando Paolo suggerisce che il portare un peso “[adempie] la legge di Cristo”, egli mette in chiaro che ha in mente la legge morale nella sua integrità. Qualsiasi atto di compassione e auto-sacrificio in favore dei nostri fratelli significa in pratica dimostrare l’amore di Cristo e quindi l’adempimento delle esigenze morali della Sua legge.

Ma l’apostolo ha in mente i carichi spirituali, sensitivi ed emotivi – non soltanto il peso fisico. I pesi che dobbiamo aiutare a portare gli uni con gli altri includono la colpa, le preoccupazioni, la tristezza, l’ansia e tutti gli altri pesi simili.

Desideri adempiere le richieste morali della Legge? Ama il tuo vicino. Come lo puoi amare? Portando i suoi pesi.

È interessante che Paolo enfatizzi questa tematica proprio in una lettera scritta per confortare le persone che stavano cadendo nel legalismo. È come se stesse dicendo: “Volete seguire la legge? Lasciate che sia la Legge di Cristo. Se dovete auto-imporvi dei pesi, lasciate che sia attraverso degli atti di amore verso il vostro vicino.”

Se lo farete fedelmente, il vostro stesso peso non sembrerà poi così pesante. E meglio ancora, troverete che sarà più facile mantenervi concentrati in direzione del cielo, incuranti delle sofferenze che subite in questa vita.