Questa grande salvezza/L’ira di Dio

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English: This Great Salvation/The Wrath of God

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Di C.J. Mahaney su Ira di Dio
Capitolo 6 del libro Questa grande salvezza

Traduzione di Porzia Persio

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Un argomento di grande popolarità nella letteratura cristiana attuale è l’”autostima”. Il peccato invece è un soggetto che viene spesso trascurato o persino apertamente messo in discussione. Definire il peccato come ribellione contro Dio è “superficiale e offensivo verso l’essere umano”, scrive un autore cristiano.

Per quanto riconosca la sincerità di costui, sono profondamente preoccupato dal punto di vista che egli e molti altri sostengono. Non è biblico. Ci impedisce di capire la gravità del peccato, la realtà dell’ira e la necessità della Croce.

Gesù non salì sulla Croce per liberarci da una scarsa autostima, ma per qualcosa di molto più grave: l’ira di Dio e la presenza, il potere e la punizione del peccato (di cui la superbia o un eccesso di autostima incidono pesantemente nelle nostre vite). Per comprendere quanto meravigliosa sia la grazia dobbiamo capire la gravità del peccato. Per apprezzare l’amore di Dio dobbiamo comprendere la sua ira.

Malgrado sia tutto fuorché lusinghiero, il riconoscimento realistico della nostra stessa peccaminosità – e le sue terribili conseguenze – è un passo fondamentale mentre esploriamo la dottrina della giustificazione.

Un’occhiata allo specchietto retrovisore

“Se dunque uno è in Cristo, egli è una nuova creatura; il vecchio è passato, il nuovo è giunto!” (2Corinzi 5,17). Meditare sul miracolo della rigenerazione ci dà un motivo reale di giubilo. Se però non guardiamo di tanto in tanto nel nostro specchietto retrovisore, ricordando che cosa eravamo prima che Dio nella sua grazia ci rigenerasse, la nostra gioia sarà superficiale. Come Martin Lutero disse una volta: “Una persona deve confrontare la propria peccaminosità nella sua distruttiva profondità prima di poter gioire del conforto della salvezza”. In un breve versetto Paolo riassume l’inimicizia che esisteva tra noi e Dio prima della conversione: “Un tempo eravate estranei a Dio e nemici nella vostra mente a causa del vostro comportamento malvagio” (Colossesi 1,21). La necessità assoluta e i notevoli benefici della giustificazione dovrebbero esser messi a fuoco dalla disamina di questo lapidario versetto.

Estranei a Dio. Paolo amplia questa definizione nella sua lettera alla chiesa efesina: “Ricordatevi che eravate in quel tempo senza Cristo… estranei ai patti della promessa, non avendo speranza ed essendo senza Dio nel mondo” (Efesini 2,12). Eravamo estranei a Dio senza alcun senso della realtà del peccato. Come Peter T.O’Brien affermò, eravamo “continuamente e persistentemente fuori dell’armonia con Dio”.[1] Ora io dubito che foste all’epoca “continuamente e persistentemente” consapevoli della vostra alienazione. Prima di convertirmi ero affatto inconsapevole del mio estraniamento da Dio. Preso com’ero in un vortice di bagordi e stravizi, godevo degli effimeri piaceri del peccato. Non conoscevo quasi Dio e non ne ero interessato.

Che ci rendissimo conto o meno in quel tempo della nostra separazione, le Scritture affermano che ogni singolo individuo ha un estremo bisogno di riconciliarsi con Dio. La nostra estraneità era assoluta. Se non fosse stato per il misericordioso intervento di Dio, saremmo rimasti separati da lui per l’eternità. Non c’era nulla che potessimo fare per cambiare quello stato di estraneità.

Nemici nella vostra mente. Una voce popolare e insistente circola ormai da diverse migliaia di anni e afferma che l’uomo è essenzialmente buono. È vero che commettiamo errori, ma in complesso siamo brave persone. Chiunque creda a questo mito non è abbastanza attento. Come Paolo afferma così chiaramente in Colossesi, non eravamo alleati di Dio, né tantomeno osservatori neutrali. R.C.Lucas dice che eravamo “antagonisti, non semplicemente apatici”. [2] Il teologo Anthony Hoekema lo illustra bene con questa affermazione: “Il peccato è dunque fondamentalmente l’opposizione a Dio e la ribellione contro Dio, radicate nell’odio verso Dio”.[3]

Prima della vostra conversione odiavate Dio. Proprio come me. Non illudetevi e non cullatevi nel pensiero del contrario. Non riconoscerete il vostro amore per lui adesso, se non vi rendete conto del vostro odio di allora.

Il male era il vostro modo d’essere. Tendiamo ad associare la parola “male” con il tipo di atrocità che Saddam Hussein o Adolf Hitler avrebbero commesso. Eppure, qualsiasi cosa sfidi o rigetti l’autorità di Dio è male. Peccare significa sfidare o disobbedire alla legge morale di Dio. Può implicare motivi, comportamenti o azioni. Dal punto di vista di Dio persino il nostro “miglior” comportamento è, in una certa qual misura, male.

Nel momento in cui commettiamo il male, questo entra in un passato inalterabile. La nostra fedina resta permanentemente sporca, e infine verrà rivista da Dio Onnipotente.

“In un dato momento o nell’altro”, scrive R.C.Sproul, “siamo tutti rimasti colpiti dal pensiero raggelante che un giorno ognuno di noi starà innanzi a Dio per essere giudicato. Il timore che proviamo al pensiero di ciò scaturisce dalla nostra consapevolezza che, a volerci basare sui nostri meriti, non udiremo mai il verdetto “non colpevole”.[4]  Il nostro passato ci accusa di aver direttamente assaltato – giorno dopo giorno dopo giorno – l’autorità di Dio. Non avremo scuse. E per quanto misericordioso, Dio nella sua giustizia non passerà oltre, né ignorerà la nostra ribellione. Egli ci riterrà responsabili.

Siete così a vostro agio nel vostro status di nuova creazione da aver dimenticato che eravate separati da Cristo? Vi rendete conto di che cosa significhi essere risparmiati dall’ira di Dio? Meditare sui nostri peccati e sull’ira di Dio non ci condurrà alla condanna, bensì a un profondo riconoscimento di quel che Gesù compì sulla Croce. Se non siete mai rimasti sconvolti dalla vostra stessa indegnità, dubito possiate sufficientemente comprendere o riconoscere la grazia di Dio. Mi chiedo, sia pur con rispetto, se dopotutto lo abbiate mai conosciuto.

Fermi all’età della pietra

L’ira di Dio non è un argomento di conversazione di moda per questa generazione di baby boomers dagli occhiali rosa, ossessionata dal proprio autoperfezionamento. Oprah Winfrey, nel suo show, non si è ancora mai occupata dell’ira di Dio. La nostra cultura non la prende sul serio, anzi la vede come un concetto primitivo.

Quel che però è davvero spaventoso è che la Chiesa affronta tanto spesso il soggetto in maniera simile. In molte chiese non si fa mai menzione dell’ira di Dio; molti teologi l’hanno accantonata. Imbarazzati da concetti da età della pietra come inferno e tormenti, minimizziamo e dubitiamo della loro esistenza. Ciò risulta più comunemente nel sottolineare l’amore di Dio senza dare la corrispettiva enfasi alla sua santità e ira.

Nell’arrovellarci tentando di nascondere questa “imbarazzante” peculiarità del carattere di Dio, abbiamo mandato il seguente messaggio alla nostra cultura: Dio è infinitamente comprensivo, indulgente, paziente e sentimentale. Dio è simpatico! Dio è una specie di buon nonnino cosmico, sempre pronto a salutarvi con un sorriso cordiale e una parola gentile.

Poiché facciamo fatica a conciliare l’ira con la nostra percezione di un Dio amoroso, la Chiesa e la sua cultura hanno cercato di creare Dio a propria immagine. Le Scritture però non chiedono scusa per l’ira di Dio, anzi A.W.Pink fa notare come nella Bibbia vi siano molti più riferimenti all’ira che non all’amore di Dio. Probabilmente molti di quei passaggi non li abbiamo sottolineati, ma forse dovremmo. Dobbiamo seriamente studiare l’ira di Dio.

Paolo e altri scrittori biblici non avevano alcuna inibizione nell’esprimere l’ira di Dio. Perché? Perché sapevano che la comprensione della giustificazione comincia con quella della realtà dell’ira di Dio. Se non siete consapevoli della certezza dell’ira, non capirete la necessità della giustificazione. Senza ira, la misericordia non significa nulla. Senza ira, la grazia non è necessaria. Senza ira, non vi è Vangelo. Senza ira, non sentirete mai l’esigenza di venir giustificati innanzi a Dio Onnipotente.

È difficile parlare in modo efficace dell’ira di Dio. Alcuni sembrano godere nel descrivere gli orrori che attendono i peccatori impenitenti. Non è quel che Dio intende, né dovremmo farlo noi. Il vostro quotidiano locale e la TV probabilmente non indagheranno il soggetto dell’ira – almeno non in senso biblico – vediamo quindi che cosa le Scritture hanno da dire in proposito.

Quando peccato e santità si scontrano

Jack Kevorkian è stato soprannominato dai media “dottor Morte” per aver inventato uno speciale congegno per il suicidio assistito. Non posso dimenticare la volta che vidi un filmato di Kevorkian con due donne girato poco prima che queste si uccidessero. Le signore erano insolitamente calme. Mentre parlavano del loro desiderio di mettere fine alla loro vita, provai dolore e un senso d’orrore. Non avevano idea di che cosa ci fosse dopo la morte. Non volevano affrontare la malattia che affliggeva il loro corpo, ma senza saperlo sottoponevano la loro anima all’ira di Dio.

L’ira di Dio è reale. È terrificante. Quando la sua santità e i nostri peccati si scontrano, il risultato inevitabile è l’ira che J.I.Parker definisce “l’azione risoluta di Dio nel punire il peccato”.

Dio non è indulgente, né è semplicemente indignato per i nostri peccati. La sua ira fa sembrare un racconto horror di Stephen King una ninna nanna da neonati. Più conoscerete Dio, più il vostro timore di lui crescerà. E questo è bene. Se questa generazione facesse un corso accelerato di timor di Dio, la nostra visione superficiale del peccato diverrebbe subito più profonda.

Il profeta Abacuc dice di Dio: “I tuoi occhi sono troppo puri per guardare il male; tu non puoi tollerare il torto” (Abacuc 1,13). Nell’esprimere il giudizio pendente di Dio su Ninive, Naum profetizzò:

Il Signore è un Dio geloso e vendicativo; il Signore si vendica ed è colmo d’ira. Il Signore si vendica dei suoi avversari e mantiene la sua ira contro i suoi nemici. Il Signore è lento alla collera e grande nella potenza; il Signore non lascerà il colpevole impunito… Chi si opporrà alla sua indignazione?

Chi può resistere alla sua terribile collera? La sua ira esplode come fuoco, le rocce tremano innanzi a lui. Il Signore è buono, rifugio in tempo di calamità. Ha cura di chi confida in lui, ma metterà fine a Ninive con una possente inondazione; egli perseguiterà i suoi avversari nell’oscurità. (Nahum 1,2-3, 6-8)

L’ira di Dio non si limitava a Ninive. Pur mostrando incredibile pazienza ed essendo “lento alla collera”, anche i nostri peccati provocano la sua ira. Se rigettiamo la bontà di Dio offertaci tramite la persona e le opere compiute da Gesù Cristo, un giorno sperimenteremo la sua severità e non avremo altri da biasimare se non noi stessi.

Dio non ha comunicato la sua ira soltanto attraverso profeti minori in qualche breve e oscura sezione dell’Antico Testamento. Nel primo capitolo di Romani, Paolo scrive: “L’ira di Dio è stata rivelata dal cielo contro tutta l’empietà e la malvagità degli uomini che sopprimono la verità con la loro malvagità” (v.18).

L’ira di Dio era una realtà presente ai tempi di Paolo e lo è ancora ai nostri giorni. Non dovete chiedervi se l’America un giorno sarà giudicata. L’America sta già sperimentando l’ira di Dio. Quando la gente chiama giusto il torto e torto il giusto, quando stili di vita immorali e idolatri diventano la norma, sappiate che queste sono manifestazioni dell’ira. Una delle forme più efficaci e terrificanti di giudizio avviene quando Dio cessa di intervenire per conto nostro. Si tira semplicemente indietro e dice infatti: “Vi lascio a voi stessi e vi consento di sperimentare le conseguenze della vostra ribellione”.

Dio non ha bisogno di distruggerci direttamente; tutto quel che deve fare è allontanare la sua mano e noi ci distruggiamo da soli. La collera di Dio non è come quella dell’uomo. Egli non ha un temperamento collerico. Non è come un qualche indisciplinato allenatore di basket che fa scenate in panchina.

La collera di Dio è giusta. Non è né arbitraria, né imprevedibile. Piuttosto è una risposta premeditata e misurata sulla nostra empietà e malvagità. Queste cose adirano Dio, ed egli lo dimostra! Coloro che provano l’ira di Dio la meritano! Non hanno da rimproverare che se stessi.

Potrete pensare tra di voi: “Quello che descrivi non è il mio Dio”, ma questi è il Dio rivelato nella Bibbia. Malgrado se ne discuta raramente oggi tra cristiani, ira e giustizia sono una grande parte del suo carattere. La sua collera è totalmente appropriata, perché se il peccato non lo adirasse, non sarebbe moralmente perfetto. L’ira di Dio è reale come il suo amore, e ciò colloca i non rigenerati in una posizione pericolosa e disperata.

Prima di chiudere questa sezione lasciatemi trattare un punto finale. Quale fu lo scopo principale della Croce? Giusto questo: è lì che Gesù placò la furia e la santa ira di Dio Onnipotente che avremmo altrimenti esperito. La collera divina, serbata e giustificata, si riversò con tutto la sua potenza e severità, non su di noi che la meritavamo, ma su suo Figlio. Gesù non ci ha salvati soltanto dai nostri peccati, ma da Dio stesso.

“Eravamo per natura oggetto d’ira”, scrive Paolo (Efesini 2,3). Dio avrebbe potuto e dovuto giudicarci per la nostra ribellione contro la sua regola, ma invece ha profuso la grazia. Presso la Croce egli ha trovato il modo di conciliare la sua perfetta giustizia con la perfetta misericordia. Il solo Uno opposto a noi mentre eravamo nel peccato, morì al nostro posto cosicché noi, i suoi nemici, potessimo venir adottati nella sua famiglia.

Jonathan Edwards fu una forza strumentale nel primo Grande Risveglio dell’America a metà del XVIII secolo. Egli è forse più noto per il sermone dal titolo “Peccatori nelle mani di un Dio adirato”. Secondo i resoconti di alcuni testimoni, diversi membri della congregazione di Edwards ne furono così profondamente sconvolti da cadere in ginocchio piangendo d’angoscia alla prospettiva della propria dannazione.

Questa non fu tuttavia la tipica predica su “fuoco e zolfo”. Da quel che so, Edwards leggeva in tono monocorde, dunque gli ascoltatori non furono impressionati da colpi sferrati sul pulpito o da rotear d’occhi e urla perché non ve ne furono. E pur dipingendo un vivido quadro dell’ira divina, Edwards sottolineò principalmente le mani misericordiose di Dio perché, come ben sapeva, quando incontriamo la realtà dell’ira, proviamo un fresco desiderio e apprezzamento della grazia.

L’ira di Dio è reale, terrificante, inevitabile. Ma le sue mani ferite da chiodi sono aperte e colme di misericordia. Tutti coloro che guardano umili e riverenti alla Croce saranno risparmiati dall’ira a venire.

Esigenze non sentite

Poco tempo fa un sondaggio nazionale Gallup ha rivelato che un numero crescente di americani si considera “rinato”. È però alquanto prematuro dare il via ai festeggiamenti perché l’impatto della Chiesa sull’attuale cultura non va di pari passo con le statistiche. Se quegli americani che si definiscono cristiani fossero autentici discepoli di Gesù Cristo, la nostra società sarebbe sottoposta a una riforma radicale.

Il fatto che la gente si converta presumibilmente senza la consapevolezza del peccato contribuisce al problema. Piuttosto che mettere a confronto le persone con la realtà dell’ira di Dio, l’evangelismo è degenerato in svendita. Invece di mettere in luce l’orrore della condizione peccaminosa dell’uomo e il suo disperato bisogno di Cristo, il vangelo è stato riconfezionato come un attraente pacchetto di benefici pensato per soddisfare specifiche “esigenze sentite”.

Tuttavia, spingere la gente alla conversione senza prima renderla cosciente dell’estensione dei propri peccati e dell’ira di Dio è in verità un gravissimo disservizio. Innumerevoli convertiti giungono troppo in fretta alla soluzione senza aver ben capito il problema. Non si rendono conto di aver violato la perfetta legge di Dio e non sentono la giusta ira di Dio sulla loro vita.

Come risultato, poiché non hanno compreso appieno la meravigliosa grazia di Dio Onnipotente, finiscono per essere insicuri del suo amore.

Non vi sarebbe piacevole descrivere l’ira di Dio ad altri e altrettanto vale per loro. Chi vorrebbe sentirsi dire di essere un peccatore che odia Dio? È molto più facile concentrarsi esclusivamente sull’amore di Dio. Il vangelo però è incompleto senza l’enfasi sull’ira perché essa è ciò che mette l’amore di Dio in prospettiva.

Eravamo estranei a lui, nemici nella nostra mente, improntati alla malvagità e oggetti d’ira. Egli aveva ogni ragione per distruggerci senza spiegazioni o scuse, invece ci ha dato il suo solo amato Figlio perché soffrisse il giudizio al posto nostro.

Senza la rivelazione dell’ira non riconosceremo mai la necessità assoluta della giustificazione. Dobbiamo ritornare alla presentazione e risposta biblica del vangelo. Dobbiamo rendere le persone consapevoli della loro esigenza più significativa e importante, esigenza che forse non sentono nemmeno: la liberazione dalla giusta ira di Dio. Dobbiamo ricordare loro (e a noi stessi) che, sebbene lenta, la sua collera è certa. Dobbiamo spiegare che, come la Bibbia rende chiaro: “È cosa terribile cadere nelle mani del Dio vivente” senza essere stati giustificati da Gesù Cristo (Ebrei 10,31). Nel leggere il messaggio di Jonathan Edwards mi trovo a pensare Non c’è da meravigliarsi che vi fosse un risveglio! Non c’è da meravigliarsi che la potenza di Dio guidasse questo sermone. Non c’è da meravigliarsi che vi fosse una fede mai vista prima a quell’epoca.

Non voglio minimizzare l’apporto sovrano dello Spirito Santo che rese così fruttuoso il Grande Risveglio, ma credo che anche il contenuto di quel sermone vi abbia avuto grande parte.

Quando la Chiesa darà nuovamente egual peso all’ira e alla misericordia nell’annunciare il vangelo, allora le persone si convertiranno nella conoscenza profonda della grazia. Invece di conformarsi alla cultura corrente, spiccheranno come totalmente diverse. Potranno stabilire un rapporto con essa, ma non la rispecchieranno più, bensì, grazie a un’autentica conversione, rispecchieranno sempre più il carattere di Dio.

Mai perdere contatto

Il teologo R.C.Sproul descrive un incontro interessante con un credente zelante, ma con poco tatto. Costui gli si parò improvvisamente davanti un giorno mentre passeggiava in un campus universitario.

“Lei è salvato?” chiese l’uomo senza nemmeno presentarsi. Sproul rimase sconcertato e alquanto irritato da quel modo di fare.

“Salvato da che cosa?” replicò. A quel punto fu l’aspirante evangelista a confondersi. Imbarazzato e incapace di rispondere si allontanò, avvertendo il bisogno di più approfonditi studi biblici… e di scegliere i propri obiettivi evangelici con maggior attenzione.

“Salvato” è una parola familiare nel nostro lessico cristiano, ma la domanda di Sproul merita una riflessione: da che cosa siamo salvati? A questo punto del capitolo conoscerete già probabilmente la risposta. Non veniamo salvati dalla scarsa autostima, bensì “dall’ira a venire” (1Tessalonicesi 1,10).

La nostra ignoranza dell’ira non è pura coincidenza. Penso che evitiamo l’argomento perché ci fa sentire spaventati e condannati. Vi è del vero, dovremmo essere spaventati perché meritiamo la condanna. Eppure lo studio dell’ira ci porta a comprendere la grazia e alla liberazione dalla condanna. Per quanto meritassimo la dannazione eterna, Dio ci ha salvati dalla sua ira e ci ha riconciliati con lui!

Rivivere e rivedere il vostro passato non vi trascinerà in un abisso di cupa introspezione, ma porterà la vostra comprensione di Dio e della sua misericordia a nuove altezze. Comprenderete la grandezza dell’amore di Dio in una dimensione mai conosciuta prima.

Nel suo commento al passaggio delle Scritture da Colossesi, Peter T.O’Brien dice della chiesa di Colosso: “La gravità della loro condizione precedente serve a mettere in luce la meraviglia della misericordia di Dio. Il passato viene richiamato non per sottolinearlo, ma per portare l’attenzione sulla potente azione di Dio… per conto del lettore”.[5] 

Non rimembriamo il passato per rimanervi, ma guardiamo indietro cosicché la potente azione di Dio per nostro conto, tramite l’opera giustificatrice del Figlio, possa trasformare la nostra vita nel modo radicale che egli intende. Questo fu il caso di Paolo. Egli non perse mai contatto con il proprio passato, anzi guardate i benefici che ricavò dalla retrospettiva:

Cristo Gesù venne al mondo per salvare i peccatori, di cui io sono il peggiore. Ma proprio per questo mi fu mostrata misericordia cosicché in me, il peggiore tra i peccatori, Cristo Gesù potesse dispiegare la sua infinita pazienza come esempio per coloro che crederanno in lui e otterranno la vita eterna. Ora il Re eterno, immortale, invisibile, l’unico Dio sia onorato e glorificato nei secoli dei secoli. Amen. (1Timoteo 1,15-17)

Guardare indietro condusse Paolo alla depressione? No, provocò in lui una spontanea effusione di adorazione per la meraviglia della grazia di Dio. “Un tempo eravate estranei a Dio e nemici nella vostra mente a causa del vostro comportamento malvagio”, scrisse e poi usò tra le più belle parole della Bibbia: “Ma ora vi ha riconciliati nel corpo di Cristo, mediante la morte, per farvi comparire davanti a sé santi, irreprensibili e senza colpa” (Colossesi 1,21-22).

Invece di lasciarci nella nostra condizione d’impotenza e disperazione, Dio ci ha riconciliati mediante Gesù cosicché potessimo stare alla sua presenza senza colpa e liberi dall’accusa, in una parola giustificati.

Meritavamo gli eterni tormenti dell’inferno e invece ci ha dato la vita eterna mediante suo Figlio.

Non è forse questa la buona novella?


Discussioni di gruppo

• Questo capitolo ha toccato la vostra autostima, come voi stessi vi percepite? • “Prima della vostra conversione odiavate Dio”, scrive l’autore. Concordate o no? • Nel XIX secolo il colonnello Robert Ingersoll, ateo, disse una volta: “L’idea di inferno nacque da vendetta e brutalità da una parte e codardia dall’altra… Non ho alcun rispetto per gli uomini che vi credono… Odio, aborrisco, disprezzo, mi oppongo strenuamente a questa dottrina”. Se ne aveste la possibilità, come replichereste al colonnello Ingersoll? • Secondo l’autore qual è l’elemento mancante nell’evangelismo contemporaneo? • È possibile essere timorati di Dio senza esserne atterriti? Spiegate la vostra risposta. • In che cosa la collera divina differisce dalla nostra? • L’autore scrive: “Innumerevoli convertiti giungono troppo in fretta alla soluzione senza aver ben capito il problema”. Che cosa intende? • Perché Iddio manda i peccatori all’inferno quando potrebbe mostrare misericordia perdonandoli? • Come può la consapevolezza dell’ira divina rendere più profondo il nostro sentirci sicuri del suo amore? È stata questa la vostra esperienza leggendo il capitolo?


Letture consigliate

Knowing God di J.I. Packer (Downers Grove, IL: Inter- Varsity Press, 1973)

The Atonement di Leon Morris (Downwers Grove, IL: InterVarsity Press, 1984) The Holiness of God di R.C. Sproul (Wheaton, IL: Tyndale House Publishers, 1985)


  1. Peter T. O’Brien, ‘‘Word Biblical Commentary—Colossians, Philemon (Waco, TX: Word Publishing Co., 1982), p. 66.
  2. R.C. Lucas, The Message of Colossians and Philemon (Downers Grove, IL: InterVarsity Press, 1980), p. 61.
  3. Anthony Hoekema, Saved by Grace (Grand Rapids, MI: Wm. B. Eerdmans Co., 1989), p.47
  4. Da una registrazione di R.C. Sproul intitolata “Saved from the Wrath to Come” (Lake Mary, FL: Ligonier Ministries, 1991).
  5. Peter T. O’Brien, Word Commentary—Colossians, Philemon, p. 66.