Morire da missionario è un guadagno

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English: Doing Missions When Dying Is Gain

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Di John Piper su Missioni
Una parte della serie Wheaton College

Traduzione di Michela Venturi

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(Il seguente testo è una trascrizione editata di una registrazione audio).

La frase che rappresenta la mia missione di vita e quella della mia chiesa è la seguente:

esistiamo con il fine di diffondere la passione per la supremazia di Dio in ogni manifestazione e per la gioia di tutti gli uomini.

Amo questa dichiarazione d’intento per molte ragioni. Per prima cosa, perché so che non può fallire. So che non può fallire perché si tratta di una promessa. Nel Vangelo di Matteo 24:14, leggiamo: “E questo vangelo del regno sarà predicato in tutte le nazioni, onde ne sia resa testimonianza a tutte le genti; e allora verrà la fine.” (Spero che comprendiate che “nazioni” non indica stati di natura politica. Si riferisce piuttosto a gruppi di persone, ad insiemi etnico-linguistici). Possiamo avere l’assoluta certezza che ciascuno di loro sarà penetrato dal vangelo al punto da poter affermare che siamo di fronte a una testimonianza; una testimonianza comprensibile che si auto-diffonde.

Lasciate che vi spieghi alcune delle ragioni per cui possiamo esserne sicuri.

Indice

La promessa è certa

La promessa è certa per una serie di motivi.

1. Gesù non mente mai. "Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno.” È Gesù a dirlo nel Vangelo di Matteo 24:14, non io.

La missione che stiamo perseguendo assieme sarà vittoriosa. La porteremo a termine e voi dovrete scegliere se unirvi a questa missione e gioire del suo trionfo o tirarvi indietro e sprecare la vostra esistenza. Vi sono concesse solo queste due possibilità, non esiste un’opzione intermedia del tipo: “Forse non accadrà e potrò stare dalla parte dei vincitori senza prendervi direttamente parte.” Non succederà.

2. Il riscatto per gli uomini di tutte le nazioni è già stato pagato. Secondo il Libro dell’Apocalisse 5:9-10, “Tu sei degno di prendere il libro e di aprirne i sigilli, perché sei stato immolato e con il tuo sangue hai riscattato per Dio uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione e per il nostro Dio ne hai fatto un regno di sacerdoti ed essi regneranno sulla terra.” Sono già stati riscattati e Dio non cambierà idea sul riscatto pagato da suo Figlio.

Adoro la storia dei moravi. Nella Germania del nord, due moravi stavano per imbarcarsi su una nave, disposti a vendersi come schiavi nelle Indie Occidentali per non far più ritorno in patria. E mentre la nave si allontanava dal porto, essi sollevarono le braccia al cielo dicendo: “Che l’agnello riceva la ricompensa per la sofferenza patita.” Il significato delle loro parole era che Cristo aveva già riscattato gli uomini di quelle terre lontane. Predicando il vangelo senza alcuna discriminazione, i due moravi avrebbero trovato quegli uomini e lo Spirito Santo li avrebbe chiamati a sé.

Sono certo che un fallimento non è possibile perché il debito è già stato pagato per tutte le creature di Dio sulla faccia della terra. Quelle pecore smarrite sparse per tutto il mondo, come Gesù le chiama, torneranno all’ovile quando il Padre le richiamerà predicando il vangelo.

3. È in gioco la gloria del Signore. Ci sono numerosi testi a riguardo. Consentitemi di sceglierne uno. Nel Libro dei Romani 15:8-9, leggiamo: “Cristo è diventato servitore dei circoncisi a dimostrazione della veracità di Dio, così da rafforzare [o confermare o assicurare] le promesse fatte ai padri, affinché le nazioni possano onorare Dio per la sua misericordia.” Lo scopo dell’atto dell’incarnazione è quello di glorificare il Padre attraverso la manifestazione della sua misericordia alla nazioni.

Ad essere in gioco è la gloria del Signore espressa dal Grande mandato. Nel 1983, nella Chiesa battista di Betlemme, Dio venne incontro a me e a Tom Steller - mio caro amico da diciassette anni - attraverso manifestazioni incredibili. Nel cuore della notte, Tom non poteva prendere sonno perciò si svegliò, mise su una canzone di John Michael Talbot e si stese sul divano ad ascoltare come il cantautore cristiano avesse tradotto in missioni concrete gli insegnamenti teologici. (Siamo uomini proiettati verso la gloria di Dio, eppure non abbiamo ancora compreso adeguatamente le missioni a cui siamo chiamati). John Michael Talbot cantava di come la gloria di Dio riempie la terra, allo stesso modo in cui l’acqua ricopre il mare, e questo fece piangere Tom per un’ora. In quello stesso momento, Dio si stava facendo largo in me e Noel e ci poneva di fronte all’interrogativo, “Cosa possiamo fare perché questo luogo diventi un trampolino di lancio per le nostre missioni?” A quel punto tutto acquistò un senso. Fu un momento elettrizzante nella storia della nostra chiesa e tutto nacque da una passione per la gloria di Dio.

4. Dio è sovrano. Dio è sovrano! Qualche settimana fa, mentre commentavo il Libro degli Ebrei, giunsi al sesto capitolo. Come saprete, è un testo molto complesso che si interroga sul fatto se questo popolo sia ancora di fede cristiana dopo essersi allontanato. I versetti 1-3 ci offrono un’eccezionale affermazione (che rappresenta solo una parte infinitesimale delle molteplici prove bibliche del perché sono calvinista!) che dice: “Avanziamo verso la maturità, abbandonando gli insegnamenti del passato... questo faremo, se Dio lo permette.” Mentre analizzavamo il passaggio, un silenzio incredibile cadde sulla mia congregazione perché comprendevamo le implicazioni di quella affermazione. “Vuol dire che Dio può non volere che un gruppo di credenti avanzi verso la maturità?”

Dio è sovrano! Egli è sovrano in chiesa ed è sovrano tra le nazioni! Una testimonianza che lo prova è l’articolo pubblicato sulla rivista Christianity Today che propone una rivisitazione della storia di Jim Elliot, Nate Saint, Pete Flemming, Roger Youderian e Ed McCully. Steve Saint racconta l’episodio in cui il padre fu trafitto da una lancia dalla tribù indigena degli Acua in Ecuador. Ne parla dopo che vennero alla luce nuovi indizi di intrighi all’interno della tribù. Questi intrighi causarono una morte che non avrebbe dovuto accadere e che, con ogni probabilità, non sarebbe accaduta e avrebbe potuto essere evitata. Eppure accadde. Fu dopo aver scoperto questo intrigo che Steve decise di scrivere l'articolo.

Voglio leggervi una frase che mi fece rizzare in piedi dalla sedia su cui ero seduto. Dice:

“Ascoltando i racconti [degli indigeni], mi resi conto che l'assassinio avvenuto sulla Spiaggia delle Palme fu un avvenimento estremamente improbabile. É un’anomalia che posso spiegare solo con un intervento divino.”

“Posso spiegare la morte di mio padre solo in virtù di un intervento divino.” Capite cosa sta dicendo questo figlio? “Dio ha ucciso mio padre.” Ne è convinto, e lo sono anch’io.

Secondo il Libro dell'Apocalisse 6:11, Giovanni ebbe una visione della sala del trono e sentì i martiri che avevano versato il loro sangue per il vangelo dire: “Quanto tempo, Signore? Quanto tempo fino a che vendicherai il nostro sangue?” La risposta che ricevettero fu: “Allora venne data a ciascuno di essi una veste candida e fu detto loro di pazientare ancora un poco, finché fosse stato raggiunto il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli che dovevano essere uccisi come loro.” Dio afferma, “Pazientate finché il numero che ho stabilito non venga raggiunto.” Esiste un numero prestabilito di martiri. Quando verrà raggiunto, allora giungerà la fine.

Il prezzo è la sofferenza

Il prezzo è la sofferenza e la leggerezza con cui il mondo d’oggi si approccia alla chiesa non si affievolisce. Aumenta, soprattutto all’interno di quei gruppi che hanno bisogno del vangelo. Non esistono paesi chiusi. È un concetto alieno. Non è radicato o legittimato dalla Bibbia e sarebbe stato incomprensibile all’apostolo Paolo, che offrì la sua vita in ogni città che visitò. Questo significa che vi sono martiri in questa stanza. Statisticamente è facile da prevedere. In una delle ultime domeniche, ci siamo ritrovati per discutere sulle sofferenze della chiesa, e molti di voi hanno partecipato all’incontro. Era presente anche la World Missions Fellowship (Associazione delle Missioni Mondiali) e tutti abbiamo potuto vedere e ascoltare storie di luoghi come il Sudan, dove il governo musulmano sta sistematicamente emarginando, imprigionando e facendo morire di fame i cristiani. In questa nazione, vi sono circa 500 martiri al giorno.

Sono stanco che la gente bussi alla mia chiesa, che si trova nel centro di Minneapolis, per candidarsi come collaboratore. Viviamo tutti in centro e una delle prime domande che mi pongono è: “I miei figli saranno al sicuro?” Mi piacerebbe rispondere: “Mettereste questa domanda al decimo posto anziché al primo?” Sono semplicemente stanco di sentirla ripetere. Sono stanco delle priorità americane. Dove viene detto nel messaggio di Dio che i vostri figli saranno salvi?

Il YWAM (Giovani Con Una Missione) è un gruppo di ardenti radicali che io ammiro profondamente. Il primo di settembre, ricevetti una email.

150 uomini armati di machete avevano circondato la sede che ospita il gruppo YWAM in India. La popolazione era stata incitata da altri gruppi religiosi che intendevano scacciarli. Mentre la massa li opprimeva, in un momento decisivo un rappresentate del gruppo prese la parola e fu deciso di concedere loro trenta giorni per andarsene. Il gruppo ritiene che non sia giusto e che questo ponga in pericolo la missione pastorale nella regione. In una zona che fino ad allora non era mai stata raggiunta, sono stati ottenuti molti risultati e vi è ancora grande potenziale da sfruttare. Nel passato, l’esplosione della violenza tra gruppi religiosi virali ha causato la morte di molte persone. Vi prego, pregate perché riacquistino la ragione.

È esattamente l’opposto di quel che vedo soprattutto in America dove, per farvi un esempio, le persone scelgono il luogo in cui vivere. Non sento mai dire, “Non voglio andarmene perché è qui che sento di dover rimanere ed è qui che c’è bisogno.” Vi prego, unitevi a me nel rivedere le priorità evangeliche in America. È come se la nostra tendenza a cercare la comodità, la protezione, la facilità, la sicurezza e ad allontanarci dallo stress, dai problemi e dai pericoli sia radicata nell’essenza di questa cultura del consumismo. Dovrebbe essere esattamente l’opposto! “Se qualcuno vuole seguirmi, che prenda la croce e sacrifichi la sua vita!”

Non riesco a capire! Stiamo assorbendo la cultura del consumismo, della comodità e della facilità che sta permeando la chiesa. E questo dà origine a comunità pastorali e chiese ristrette in cui agiamo in modo sicuro, accorto e premuroso. Ed effettuiamo brevi escursioni in piena sicurezza per aiutare a salvare gli altri fedeli. Ma no, non vivremmo mai in posti del genere, non ci staremmo mai, né in America né tanto meno in Arabia Saudita!

Un paio di settimane fa, mi trovavo ad Amsterdam per parlare a Frontiers (Frontiere), un altro gruppo di missionari entusiasti guidati da Greg Livingstone. Un gruppo eccezionale. Di fronte a me erano sedute 5.000 persone che ogni giorno rischiano la loro vita in mezzo ai fedeli mussulmani. Che esperienza ascoltarli! Durante la conferenza, ricevevano email che si alzavano in piedi a leggere. Uno dei messaggi diceva: “Vi prego, pregate per X. Ieri è stato pugnalato tre volte al petto e la cosa peggiore è che i suoi figli hanno assistito all’evento. Ora si trova in ospedale in condizioni critiche.” Dissero: “Si tratta di un missionario in una regione mussulmana, preghiamo per lui,” e ci mettemmo a pregare. Il giorno dopo, ricevettero un’altra email e questa volta si trattava di sei fratelli cristiani che erano stati arrestati in Marocco. “Preghiamo per loro,” e così fu. Andò avanti in questo modo per tutta la conferenza. E quando terminò, i missionari erano pronti per tornare in azione.

Pensate che io possa tornare qui in America ed essere lo stesso? Pensate che possa rappresentare la mia chiesa e dire: “Organizziamo delle funzioni piacevoli, rassicuranti, semplici. Stiamo comodi e al sicuro.” Golgota non è un sobborgo di Gerusalemme. “Usciamo quindi fuori del campo e andiamo a lui, portando il suo vituperio” (Libro degli Ebrei 13:13).

La sofferenza è anche la via

Quando ho detto che si sacrificheranno altri martiri e che è necessario soffrire, non ho spiegato l’aspetto fondamentale sul prezzo da pagare per portare a termine la missione. La sofferenza non è solo il prezzo ma anche la via. È la via.

Questo è quello che ho in mente: vi leggerò un passo molto importante tratto dalla Bibbia, ovvero il Libro dei Colossesi 1:24. Compresi il messaggio che questo passo trasmette qualche anno fa. Vi spiegherò come ci arrivai.

“Ora mi rallegro,” dice Paolo, “nelle mie sofferenze.” Paolo era una persona estremamente particolare. “Mi rallegro nelle mie sofferenze” va contro la nostra cultura, contro lo spirito americano, contro la natura umana. “Mi rallegro nelle mie sofferenze per la vostra salvezza, e ciò che manca alle afflizioni di Cristo lo compio nella mia carne a favore del suo corpo, che è la chiesa.” È quasi una blasfemia. Cosa vuol dire “compio nella mia carne” ciò che manca alle afflizioni del nostro immenso Dio e Salvatore, Gesù Cristo?

Non sta dicendo che ha intenzione di innalzare il merito e il valore espiatorio del sangue di Gesù. Non è questo che intende. E allora cosa vuol dire?

Cercai nella versione della Bibbia che ho sul computer la traduzione in greco di “compiere” (o “completare”) e quella di “ciò che manca” e trovai solo un altro passo in cui compaiono entrambe le espressioni. Si tratta del Libro dei Filippesi 2:30.

Epafrodito era stato inviato dalla chiesa filippica a Roma in cerca di Paolo. Rischiò la vita per raggiungere la sua destinazione e Paolo lo esaltò per il sacrificio compiuto. Egli si rivolse ai Filippesi dicendo loro che avrebbero dovuto ricevere con i massimi onori un uomo che si era ridotto allo stremo e aveva rischiato la propria vita per portare a termine la sua missione pastorale fino a Paolo. Questo è il verso in cui compare il parallelismo:

“Perché a causa dell’opera del Signore fu molto vicino alla morte, esponendo la sua anima al pericolo, per compiere ciò che mancava al vostro rendermi servizio personale.”

Questo è l’unico passo in cui le due espressione compaiono assieme: “per compiere ciò che mancava al vostro rendermi servizio personale.” Aprì la mia copia centenaria del commentario al Libro dei Filippesi scritto dal reverendo Vincent e lessi un'interpretazione del verso in questione che credo spieghi alla perfezione il passo dal Libro dei Colossesi 1:24. Vincent afferma che il dono che Paolo offre ai Filippesi è un dono offerto alla chiesa in quanto organo. Era un’offerta sacrificale d’amore. A mancare era solo la presenza fisica della chiesa durante l’atto dell’offerta. Questo sarebbe stato impossibile e Paolo rappresenta Epafrodito come colui che supplisce a questa mancanza attraverso la sua appassionata ed entusiastica missione pastorale.

Quella che viene descritta è una chiesa che desidera comunicare il proprio amore attraverso un’offerta di denaro a Roma, ma non è in grado di farlo. Ha troppi seguaci. Ed è troppo distante. Perciò chiedono ad Epafrodito: “Rappresentaci e completa ciò che manca alla nostra espressione d’amore. Non manca nulla al nostro amore se non la possibilità di esprimerlo di persona a Roma. Portalo con te e trasmettilo a Paolo.”

Credo che sia proprio questo il significato del Libro dei Colossesi 1:24. Gesù è morto e ha sofferto per tutte le genti del mondo in ogni nazione. È stato sepolto e il terzo giorno è resuscitato, secondo le Scritture. È salito al cielo, da dove regna su tutta la terra. E ci ha lasciato una missione da compiere.

Secondo il significato che Paolo dà alla propria missione, manca un elemento alle sofferenze di Gesù. L’offerta d’amore che Cristo riserva alle genti per cui è morto deve essere presentata di persona attraverso l’opera dei missionari. Paolo dice: “Compio questa missione accettando le mie sofferenze. Nelle mie sofferenze, compio ciò che manca in quelle di Cristo.” Questo significa che Cristo vuole che il Grande mandato mostri alle nazioni le sofferenze che egli provò sulla croce attraverso i patimenti degli uomini. É così che il mandato potrà compiersi. Chi desidera abbracciare il Grande mandato, deve accettare questa missione.

Circa tre giorni fa, stavo lavorando al mio libro Let the Nations Be Glad (Che le nazioni siano liete) e mi rifugiai al Trinity Seminary di Deerfield, in Illinois. Lo feci perché non volevo che si sapesse dov’ero, così nessuno mi avrebbe importunato. Mia moglie e i miei figli erano a casa e io lavoravo diciotto ore al giorno.

Poi venni a sapere che J. Oswald Sanders era stato invitato nella cappella. Un ottantanovenne. Un veterano. Un grande leader missionario. Pensai tra me e me: “Devo uscire allo scoperto e rischiare di dovermi intrattenere con la gente, andare fuori a cena e cose del genere senza riuscire a combinare nulla?” Volevo sentirlo parlare perciò mi infilai nel retro della cappella per ascoltarlo. Quest’uomo di 89 anni era in piedi di fronte ai fedeli ed io ero permeato dall’ammirazione e dal desiderio di essere come lui quando raggiungerò la sua età. Raccontò un episodio che incarna perfettamente il Libro dei Colossesi 1:24.

Disse che tempo fa vi era un evangelista in India che calcava le strade di vari villaggi predicando il vangelo. Era un uomo semplice, senza formazione scolastica, ma amava Gesù con tutto se stesso ed era pronto a dare la sua vita. Un giorno giunse a un villaggio senza avere con sé il vangelo. Era tardi e si sentiva affaticato. Ma entrò comunque nel villaggio, si schiarì la voce e condivise la parola del vangelo con gli abitanti che si erano riuniti in piazza. Si beffarono di lui, lo derisero e lo allontanarono dalla città. L’uomo era talmente stremato e privo di ogni risorsa spirituale che si sdraiò sotto un albero, assalito dallo scoraggiamento. Si addormentò senza sapere se si sarebbe mai risvegliato. Per quanto ne sapeva, avrebbero potuto venire ad ucciderlo.

Improvvisamente, dopo il tramonto, qualcosa lo spaventò e si svegliò. L’intera città sembrava circondarlo e guardarlo. Pensò di essere finito. Cominciò a tremare e uno degli uomini del villaggio disse: “Eravamo venuti a vedere che tipo di uomo sei e, quando abbiamo visto le vesciche che hai sui piedi, abbiamo capito che eri un sant’uomo. Vogliamo sapere perché ti sei provocato quelle vesciche per venire a parlaci.” Allora si mise a predicare e, secondo J. Oswald Sanders, l’intero villaggio gli credette. È questo che Paolo intende dicendo “ciò che manca alle afflizioni di Cristo lo compio.”

Ho un piccolo aneddoto da raccontare su J. Oswald Sanders. A 89 anni rivelò: “Ho scritto un libro all’anno dall'età di 70 anni.” 18 libri dopo aver compiuto 70 anni! Ci sono persone nella mia chiesa e in America che rinunciano a vivere dopo i 65 anni e muoiono su un campo da golf in Nevada, quando invece dovrebbero donare la propria vita in mezzo ai fedeli mussulmani come fece Raimondo Lullo.

Quest’uomo, studioso dell’oriente e missionario mussulmano del 12° secolo, si ritirò dall’attività e si recò in Italia. Si dedicò allo studio delle lingue orientali per qualche tempo ma alla fine lo abbandonò e cominciò a porsi la domanda: “Cosa sto facendo? Finirò per morire in Italia. Perché non morire in Algeria, sull’altra sponda del Mediterraneo?” Fu così che, cosciente del prezzo che avrebbe pagato predicando in pubblico, salì su una nave all’età di circa 80 anni e attraversò il Mediterraneo. Supportò la chiesa in clandestinità per qualche tempo, fino a che decise che era arrivato il momento propizio. Si alzò, si mise a predicare e lo uccisero. Che maniera di morire!

Ascoltate, voi che avete 60 anni, io sono giunto all’età di 50 anni. Sono quasi arrivato al traguardo. Sto già ricevendo lettere dalla AARP (Associazione Americana dei Pensionati) perché diventi un loro membro e possa ricevere sconti su viaggi in treno e aereo. Sono quasi arrivato al traguardo e mi rivolgo a me stesso (la mia chiesa ha già sentito queste mie riflessioni e mi richiamerà alle mie responsabilità) nel dire che quando si è vecchi non solo non si ha nulla da perdere nel martirio, ma si ricevono anche delle tariffe scontate.

Perché dovremmo pensare che dopo aver dedicato 40 o 50 anni al nostro lavoro possiamo rilassarci per i restati 15 anni prima di incontrare il Re del cielo? Non capisco. Sono bugie americane, nient’altro. Abbiamo ancora energia a 65 e 70 anni. Mio padre ha 77 anni. Ricordo quando mia madre fu uccisa e mio padre fu sul punto di perdere la vita in un incidente stradale che coinvolse un autobus in Israele. Dieci giorni dopo, andai a prenderlo e a recuperare il corpo di mia madre a bordo di un’ambulanza. Per tutto il tragitto da Atlanta a Greenville, stette seduto con le ferite aperte sulla schiena, perché erano talmente gravi da non potervi mettere dei punti di sutura. Continuava a dire: “Dio deve avere in mente un piano per me, Dio deve avere in mente un piano per me!”

Oggi siamo qui, 22 anni dopo. La sua vita è rifiorita con l’attività pastorale! Lavora per le nazioni molto più ardentemente oggi a 77 anni di quanto non facesse prima. Da Easley, nella Carolina del Sud, prepara lezioni e registra anche dei nastri. Circa 10.000 persone in 60 nazioni scelgono di credere in Gesù perché Dio ha risparmiato la vita di mio padre e lo ha indotto a non credere nella pensione.

Il Premio è la soddisfazione

E ora l’ultimo punto. Come facciamo ad amare in questo modo? Dove troviamo l’inspirazione? Ci sentiamo pronti per questo sacrificio? Pensiamo di avere quel che serve per sopportarlo?

Leggete A History of Christian Missions (Storia delle missioni cristiane) scritta da Stephen Neill. A pagina 161, descrive cosa accadde in Giappone quando arrivò il vangelo all’inizio del 1500. L’imperatore iniziò a credere che l’incursione della fede cristiana nella loro dimensione religiosa fosse un pericolo a cui dovevano porre fine. E vi pose fine, con una brutalità inconcepibile! Fu la fine per la chiesa cristiana in Giappone. Non ho dubbi sul fatto che la severità e le difficoltà del Giappone contemporaneo sono dovute in gran parte al trionfo (seppure di breve durata) del diavolo all’inizio del 1600.

Ventisette Gesuiti, quindici frati e cinque membri del clero secolare riuscirono a sfuggire all’ordine di esilio. Fu solo nell’aprile del 1617 che si registrarono i primi martiri di europei: un gesuita e un francescano che furono decapitati a Omura, e un domenicano e un agostiniano che furono martirizzati qualche tempo dopo nella stessa zona. Sulle povere vittime della persecuzione fu praticata ogni sorta di crudeltà. Il metodo generalmente impiegato nel caso dei cristiani giapponesi era la crocifissione. In uno di questi episodi che si verificò a Yedo, settanta giapponesi furono crocifissi a testa in giù con la bassa marea e, man mano che il livello dell’acqua aumentava, morirono annegati.

Tre giorni fa, quando lessi di questo episodio, mi misi a piangere. Ho un’immaginazione abbastanza vivida da poter visualizzare l’acqua che ti lambisce con tua moglie da un lato e tuo figlio sedicenne dall’altro.

Siete pronti? Pensate di avere questa forza in voi? Vi sbagliate. Nessuno possiede una tale intraprendenza. Dove potrete trovare l’inspirazione? Voglio concludere con questa riflessione.

La potrete trovare credendo nelle promesse del Signore. Il mio passaggio preferito sul dove trovare le risorse per vivere secondo questo modello si trova nel Libro degli Ebrei 10:32-34.

“Richiamate alla memoria quei primi giorni nei quali, dopo essere stati illuminati, avete dovuto sopportare una grande e penosa lotta, ora esposti pubblicamente a insulti e tribolazioni, ora facendovi solidali con coloro che venivano trattati in questo modo.”

Mi interrompo qui per offrirvi la mia interpretazione. Agli albori della chiesa, apparvero le prime persecuzioni. Alcuni di loro vi furono sottoposti apertamente e pubblicamente, mentre altri si dimostrarono compassionevoli nei confronti dei perseguitati. Nel versetto successivo, si legge che alcuni di loro furono imprigionati e altri li andarono a trovare. Furono obbligati a prendere questa scelta. A quel tempo, chi veniva incarcerato dipendeva con ogni probabilità da altri per cibo, acqua ed ogni tipo di assistenza fisica di cui avesse bisogno. Questo, tuttavia, obbligava amici e vicini a dichiarare pubblicamente il proprio supporto e ad identificarsi con loro. Una scelta pericolosa quando coinvolge prigionieri che sono stati incarcerati per essere cristiani. I fedeli che erano ancora liberi si rifugiarono nella clandestinità per qualche tempo e si chiesero: “Che cosa faremo?” Qualcuno disse: “Dal Libro dei Salmi 63:3, ‘La benignità del Signore vale più della vita.’ Vale più della vita. Coraggio!”

E se Martin Lutero fosse stato presente avrebbe detto:

“Liberatevi dei beni materiali e dei consanguinei,
così come di questa vita mortale.
Potranno uccidere il corpo,
ma la verità di Dio dimorerà per sempre.
Il suo regno non avrà fine.
Coraggio!”

Ed è proprio questo che fecero. Leggiamo assieme i versetti successivi. Il versetto 34 dice: “Infatti avete preso parte alle sofferenze dei carcerati e avete accettato con gioia di esser spogliati delle vostre sostanze.”

Ecco cosa accadde. Non c’è bisogno di usare l’immaginazione. Non conosco tutti i dettagli con precisione, ma successe questo: furono compassionevoli verso i prigionieri, il che significa che si recarono a trovarli. I loro possedimenti - casa, carro, cavalli, muli, sgabelli da falegname, sedie e ogni altra cosa - furono incendiati dalla folla o forse saccheggiati e gettati sulla strada da uomini armati di coltelli. E nel guardarsi indietro per vedere cosa stava succedendo alle loro spalle, se ne rallegrarono.

Se non è così che vi sentite quando qualcuno distrugge il vostro computer mentre lo state aiutando, o quando vi recate in macchina in centro città per compiere opere di bene e vi ritrovate con il parabrezza rotto, senza la radio e con i pneumatici bucati, non siete degli ottimi candidati per il martirio. Perciò la domanda che vi pongo è: “Come farete a diventare martiri?” Io voglio diventarlo. É per questo che adoro questo testo! Io voglio diventarlo.

Non pretendo di essere la massima rappresentazione del martire; ma voglio diventarlo. Così, quando lanceranno una pietra contro la finestra della mia cucina - come è successo per ben due volte negli ultimi due mesi - e romperanno il vetro e mia moglie e i miei figli si accasceranno al suolo non sapendo se si tratta di un proiettile o di una granata, voglio essere in grado di dire: “É un quartiere fantastico in cui vivere.” É qui che c’è bisogno di me. Vedete quei cinque ragazzi che sono appena passati in macchina? Loro hanno bisogno di Gesù. Se io me ne vado, chi gli parlerà di Lui?

Quando spingeranno vostro figlio giù dalla bici e se ne andranno rubandogliela, voglio essere presente per poterlo abbracciare mentre piange e dirgli: “Barnaba, questo vuol dire essere un missionario. Questo vuol dire prepararsi per una missione sul campo! Questa è una benedizione!”

Due anni fa, feci un discorso sul Libro dei Colossesi 1:24 a Pensacola, in Florida. Con me c’era mio figlio Abraham, che allora aveva 16 anni, e in quell’occasione mi ascoltò parlare di molte delle cose che sto dicendo adesso, sul peso della sofferenza. Salimmo in macchina per tornare a casa e mia moglie chiese ad Abraham: “Allora, secondo te cosa fece Dio in quella circostanza?” Rispose: “Voglio comprare un biglietto di sola andata verso una delle nazioni più disagiate del mondo.” Non disse altro. Esplosi di gioia. Stupendo! Una benedizione! Ti ringrazio Signore per Abraham e per ciò che stai compiendo nella vita di mio figlio.

Non sono ancora giunto alla parte cruciale del testo. Come potevano possedere la forza interiore di rallegrarsi dell’essere spogliati dei loro averi e di rischiare la loro vita? Lo capiamo di seguito: “Sapendo di possedere beni migliori e più duraturi.” É quella che io chiamo fede nella grazia futura.

A chi è cristiano, Dio promette meraviglie indescrivibili. “Non ti lascerò né ti abbandonerò mai.” Perciò, potete affermare con certezza: “Il Signore è mio aiuto, non temo nulla; che male può farmi l’uomo?” (Libro degli Ebrei, 13:5-6) In realtà, può ucciderti. Ma non sarebbe una sconfitta, perché come è scritto nel Libro dei Romani 8:36-39:

“Siamo stati considerati come pecore da macello. Anzi, in tutte queste cose, noi siam più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati. Poiché io son persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future, né potestà, né altezza, né profondità, né alcun’altra creatura potranno separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore.”

Perciò, in fin dei conti, non vi è nulla che ci possa fare del male. Ricordate cosa dice Gesù nel Vangelo di Luca 21:12-19? "Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno... Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà.” “Metteranno le mani su di voi... Ma nemmeno un capello del vostro capo perirà.” Così dice il Libro dei Romani 8. Tutto, persino la morte, agisce per la tua salvezza. La morte non rappresenta il perire. Il morire è guadagno.

Essere missionario sapendo che la morte è guadagno è la vita migliore che si possa condurre.

Perciò prego che possiamo seguirmi e abbandonare la sicurezza, la tranquillità, l’agiatezza, la chiusura, l’isolamento e il vuoto della vita americana. Abbandonatela ed unitevi a questo potente movimento. Vi sono studenti in tutto il mondo, per esempio nella Corea del Sud, che sono pronti a sollevarsi e dare la propria vita per Cristo. Io vi invito a fare lo stesso.