Farò grazia a chi vorrò far grazia

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English: I Will Be Gracious to Whom I Will Be Gracious

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Di John Piper su Predestinazione e Elezione
Una parte della serie Hallowed be Thy Name: Eight Sermons on the Names of God

Traduzione di Marzia Nicole Bucca

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Esodo 33:12-19

Mosè disse al SIGNORE: "Vedi, tu mi ordini: Fa’ salire questo popolo, ma non mi hai indicato chi manderai con me; eppure hai detto: Ti ho conosciuto per nome, anzi hai trovato grazia ai miei occhi. Ora, se davvero ho trovato grazia ai tuoi occhi, indicami la tua via, così che io ti conosca, e trovi grazia ai tuoi occhi; considera che questa gente è il tuo popolo. Rispose: Io camminerò con voi e ti darò riposo. Riprese: Se tu non camminerai con noi, non farci salire di qui. Come si saprà dunque che ho trovato grazia ai tuoi occhi, io e il tuo popolo, se non nel fatto che tu cammini con noi? Così saremo distinti, io e il tuo popolo, da tutti i popoli che sono sulla terra." Disse il SIGNORE a Mosè: "Anche quanto hai detto io farò, perché hai trovato grazia ai miei occhi e ti ho conosciuto per nome. Gli disse: Mostrami la tua Gloria!. Rispose: Farò passare davanti a te tutto il mio splendore e proclamerò il mio nome: SIGNORE, davanti a te. Farò grazia a chi vorrò far grazia e avrò misericordia di chi vorrò aver misericordia."

In Esodo 33:18 Mosè supplica Dio: "Mostrami la tua Gloria!" e Dio risponde: "Farò passare davanti a te tutto il mio splendore e proclamerò il mio nome: YAHWEH! Farò grazia a chi vorrò far grazia e avrò misericordia di chi vorrò aver misericordia."

Indice

La gloria di Dio e il nome di Dio

Mosè chiede di poter vedere la gloria di Dio. Dio gli proclama il suo nome. In altre parole, se riuscirete a comprendere il nome di Dio, riuscirete a vedere la Sua Gloria. Dio non si sta prendendo gioco di Mosè quando questi Lo invoca: "Mostrami la tua Gloria!" e Dio risponde: "Questo è il mio nome!" perché i nomi di Dio sono manifestazioni della Sua gloria.

Il nome che viene dato al versetto 19 è Yahweh, lo stesso che avevamo incontrato La settimana scorsa (IL SIGNORE nella vostra versione), ma questa volta a questo nome viene data una spiegazione differente: "Farò grazia a chi vorrò far grazia e avrò misericordia di chi vorrò aver misericordia."

In Esodo 3:14 il nome Yahweh veniva spiegato con queste parole: IO SONO COLUI CHE SONO. Qui invece ci viene spiegato con: FARÒ GRAZIA A CHI VORRÒ FAR GRAZIA. Notate come queste due frasi presentano una struttura simile. In Esodo 3:14 il punto centrale era l’esistenza di Dio – Egli è ciò che è senza che nulla al di fuori di Lui ne condizioni il potere o la personalità. In Esodo 33:19 il punto centrale è l’azione misericordiosa di Dio – che fa ciò che fa senza che niente al di fuori di Lui ne condizioni le scelte. Questa è la rivelazione che Dio fa di sè quando Mosè chiede che gli sia mostrata la gloria di Dio.

La gloria di Dio è la Sua sovrana libertà

Dunque quest’oggi voglio ricavare la seguente dottrina: La gloria di Dio consiste nel fare grazia a chiunque Egli voglia senza alcuna costrizione esterna alla Sua volontà. O per dirla con altre parole: la LIBERTÀ sovrana appartiene al nome di Dio.

Dio è totalmente libero dalle costrizioni del creato, la Sua volontà segue solo le direzioni che Egli stesso determina e qualsiasi cambiamento della Sua volontà che sembri frutto di influenze esterne, dipende fondamentalmente da influenze che Egli stesso ha determinato. La scelta di mostrare la Sua grazia ad alcuni e non ad altri è una scelta che nasce dal mistero della Sua sovrana volontà, non dalla volontà delle Sue creature. In Esodo 33:18-19 ci viene insegnato che queste libertà e autodeterminazione di Dio sono il suo nome e la sua gloria. Se Dio rinunciasse alla sovranità della Sua libertà nel dispensare la Sua misericordia, cesserebbe di essere tutto glorioso, non sarebbe più Yahweh, il Dio della Bibbia.

La stupefacente richiesta di Mosè

Prima di svelare alcune conseguenze pratiche di questa dottrina, cerchiamo di focalizzarle nel loro contesto; questo ci aiuterà a cogliere esattamente quali implicazioni tale dottrina ha avuto per Mosè.

Precedentemente, al capitolo 32, il popolo d’Israele si era ribellato contro Dio, fabbricandosi un vitello d’oro e adorandolo. In Esodo 32:9 Dio dice a Mosè: "Ho osservato questo popolo e ho visto che è un popolo dalla dura cervice. Ora lascia che la mia ira si accenda contro di loro e li distrugga."

Mosè risponde a Dio (versetti: 11–13) con una disperata preghiera per il suo popolo, portando avanti la sua causa non sulla base della meritevolezza d’Israele ma sulla base del valore di Dio. "Il tuo nome verrà profanato dagli Egiziani e la promessa che hai fatto ai nostri padri sarà spezzata." Dio desiste e invece di distruggere l’intero popolo da’ ai figli di Levi il compito di uccidere tremila uomini (32:25–29) e manda una piaga sul popolo (32:35).

Dio riprende poi il Suo progetto di mandare il popolo d’Israele nella Terra Promessa e al versetto 34 dice a Mosè, "Ora va’, conduci il popolo là dove io ti ho detto. Ecco il mio angelo ti precederà." Ma a Mosè non basta la presenza di un angelo che non conosce e al punto 33:15 dice: "Se tu non camminerai con noi, non farci salire di qui."

Si tratta di una richiesta stupefacente perché Dio al punto 33:3 aveva detto: "Ma io non verrò in mezzo a te, per non doverti sterminare lungo il cammino, perché tu sei un popolo di dura cervice” In altre parole Dio aveva detto che se fosse andato con loro, li avrebbe sterminati lungo la via. Mosè però ribatte che se Dio non andrà con loro, allora non si muoverà nemmeno lui. Mosè tiene duro per ottenere qualcosa di inenarrabile: che un Dio santo abbia talmente tanta misericordia di questo popolo dalla dura cervice non solo da accompagnarlo alla Terra Promessa ma anche da renderlo distinto da tutti gli altri popoli che sono sulla terra, come si legge al versetto 33:16.

Se la richiesta di Mosè ci appare inconcepibile, la risposta di Dio contenuta in Esodo 33:17 lo è ancora di più. Dio risponde semplicemente: "Anche quanto hai detto io farò, perché hai trovato grazia ai miei occhi e ti ho conosciuto per nome." Vale a dire che Dio acconsente, accompagnerà questo popolo dalla dura cervice e lascerà che la grazia che ha donato a Mosè si riversi anche su questo popolo ribelle. Potete osservare in Esodo 34:9 che la decisione di Dio di andare con il popolo d’Israele è dettata da pura grazia. Mosè continua: "Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, mio Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervice." Il popolo d’Israele non merita di essere benedetto dalla presenza divina perché è di dura cervice ma Dio, nella Sua misericordia, gli darà un’altra occasione per seguirLo ed esserGli obbediente.

Il motivo della richiesta di Mosè

Ma qual’è il motivo per cui Mosè, al versetto 33:18, chiede di poter vedere la gloria di Dio? "Mostrami la tua gloria." Io penso che il motivo sia questo: Mosè sapeva che non sarebbe mai riuscito ad ottenere la presenza di Dio accanto a questo popolo dalla dura cervice solo sulla base delle proprie capacità o di quelle del suo popolo (e al punto 34:9 egli si associa alla colpa e al peccato della sua gente), dunque per essere certo che Dio avrebbe concesso la Sua grazia ad Israele, aveva bisogno di trovare un punto di partenza in Dio, né in se stesso né in altri. Aveva bisogno di cogliere un barlume della natura di Dio.

Mosè sapeva che Dio era un Dio glorioso. Ma questa gloria era tale da convincerlo che Dio avrebbe fatto grazia ad un popolo di dura cervice? Ecco perché Mosè chiede: Mostrami la tua Gloria, mostrami uno scorcio della tua natura divina. Fammi vedere il significato del Tuo grande nome. Mostrami le basi della tua incredibile promessa. Dammi qualche certezza che davvero concederai la tua presenza salvifica a questo popolo dalla dura cervice!

Ecco cosa gli risponde Dio al versetto 19: "Farò passare davanti a te tutto il mio splendore e proclamerò il mio nome: SIGNORE, davanti a te. Farò grazia a chi vorrò far grazia e avrò misericordia di chi vorrò aver misericordia." Quando Mosè chiede di vedere la Sua Gloria, Dio gli rivela che la cosa più importante è il Suo nome e lo spiega con le parole: "Farò grazia a chi vorrò far grazia."

Dunque calato nel contesto dell’Antico Testamento la dichiarazione dell’assoluta libertà che Dio ha di fare grazia a chiunque desideri ha lo scopo di dare speranza a Mosè e di rassicurarlo sul fatto che Dio può e vuole fare grazia al popolo dalla dura cervice, a Israele, e che lo accompagnerà nella Terra Promessa.

Teologia e vita quotidiana

La Bibbia non ci offre mai questi scorci sulla natura di Dio con l’unico scopo di poterne discutere a livello razionale, ma ci rivela il nome e la gloria di Dio per farci acquisire conoscenza e per aiutarci a onorarLo, ad amarLo, a fidarci di Lui e ad esserGli obbedienti. Dunque quando Dio si trova di fronte a Mosè e gli svela la parte intima della Sua anima—la gloria della Sua totale libertà divina—lo fa per un motivo pratico, cioè per incoraggiarlo a continuare con la sua missione e portare il popolo dalla dura cervice nella terra promessa.

Gli insegnamenti più profondi di Dio riguardano la vita quotidiana e la teologia è, tra tutte le discipline, la più importante e la più pratica. Se essa non fa parte della nostra esperienza, il motivo è che la nostra teologia non è vera, oppure dipende dal fatto che la portiamo avanti in maniera irrispettosa e ce ne facciamo gioco. Gli insegnamenti di Dio che la Bibbia rivela sono d’infinita importanza a livello personale, pratico ed eterno. Ah, come abbiamo bisogno di studiare il nome e la gloria di Dio! Il Dio dell’Esodo 33:19 è praticamente uno sconosciuto per il fedele praticante moderno.

A livello pratico l’importanza della libertà di Dio comporta per Mosè delle conseguenze oggettive che riguardano anche noi ma, prima di rivelarne alcune, bisogna definire la nostra dottrina in maniera più precisa e fare un’indagine sul suo più vasto fondamento biblico.

La dottrina dell’elezione incondizionata

Abbiamo già evidenziato l’insegnamento di questo testo attraverso le seguenti parole: La gloria di Dio consiste nel fare grazia a chiunque Egli voglia senza alcuna costrizione esterna alla Sua volontà. Ovvero: la sovrana libertà di Dio è un elemento essenziale del Suo nome. Quando questa dottrina viene applicata al concetto di salvezza dell’individuo essa prende il nome di "elezione incondizionata." "Elezione" si riferisce alla scelta operata da Dio su chi salvare e "incondizionata" significa che tale scelta non si basa su alcuno stato o capacità dell’individuo, ma è frutto del mistero della volontà sovrana di Dio.

La scorsa settimana ci siamo chiesti "Perché Dio è fatto così?" e la Sua risposta è stata: "IO SONO COLUI CHE SONO." Nulla esiste al di fuori di Dio che possa determinare la Sua natura. Il Suo essere ha origine in Lui ed Egli è semplicemente colui che è da sempre e per sempre e noi possiamo adorarlo con timore o ribellarci a Lui per mancanza di fede.

Questa settimana ci siamo chiesti "perché Dio mi ha donato la Sua grazia?" e la Sua risposta è stata: “FARÒ GRAZIA A CHI VORRÒ FAR GRAZIA E AVRÒ MISERICORDIA DI CHI VORRÒ AVER MISERICORDIA." Non esiste niente al di fuori di Dio che possa impedirGli di scegliermi come ricevente della Sua grazia. La scelta di Dio ha origine in Lui ed Egli ci sceglie liberamente e incondizionatamente. Possiamo avere timore della Sua sovrana libertà e adorarLo con gratitudine oppure ribellarci contro questa autorità assoluta e accettare il fatto che siamo stati messi da parte.

La dottrina dell’elezione incondizionata ha le sue radici nella natura di Dio. Il Suo nome vero, la parte più intima della Sua gloria è questa: "FARÒ GRAZIA A CHI VORRÒ FAR GRAZIA." Se Dio non fosse libero nel concedere la Sua grazia, allora non sarebbe Dio. Questo è il Suo nome!

Cinque brani sull’elezione incondizionata

Tra i numerosi passi del Nuovo Testamento in cui questa dottrina trova un più vasto fondamento biblico, ne ho scelti cinque per voi.

1. Romani 9:14–18

Cominciamo con Romani 9:14–18. Quindici anni fa questo capitolo tratti dalla Lettera ai Romani mi catturò la mente e il cuore in maniera tale che scrissi un libro che mi aiutasse a capirlo. Il libro s’intitola La giustificazione di Dio (ed. Baker Book House, 1983) e nella sua prefazione scrissi:

Una volta terminati i miei studi universitari nel 1974 mi sono dedicato alla stesura di un libro sul capitolo nono de La Lettera ai Romani, dalla cui descrizione di Dio ero rimasto colpito già dal periodo in cui ero un seminarista. Nessun’altra immagine di Dio era, per me, più vicina all’immagine reale del Creatore. Se esiste un Dio, dev’essere il Dio descritto al capitolo nono della Lettera ai Romani. Dopo sette anni trascorsi nel tentativo di capire questo capitolo, credo di averne colto il suo punto fondamentale, che è il seguente: la giustizia di Dio consiste nel suo essere un Dio pienamente glorioso e nel Suo rifiuto di venir meno a questa gloria. Questi anni trascorsi cercando di conoscere questo Dio e meditando sulla Sua immensa sovranità sono stati il periodo più felice della mia vita e anche se questo libro non fosse mai stato pubblicato, per me esso rappresenterebbe un grande tesoro. Nessuno mi ha chiesto di scriverlo e pochi sapevano che stava venendo alla luce. Sono stato spinto dall’Essere Supremo e a Lui devo tutto questo "correre e desiderare."

Paolo chiede: "Che diremo dunque? C'è forse ingiustizia da parte di Dio? No certamente! Egli infatti dice a Mosè: Userò misericordia con chi vorrò, e avrò pietà di chi vorrò averla. Quindi non dipende dalla volontà né dagli sforzi dell'uomo, ma da Dio che usa misericordia. Dice infatti la Scrittura al faraone: Ti ho fatto sorgere per manifestare in te la mia potenza e perché il mio nome sia proclamato in tutta la terra. Dio quindi usa misericordia con chi vuole e indurisce chi vuole."

L’insegnamento che Paolo ricava dal passo dell’Esodo 33:19 coincide con la nostra dottrina. Il fondamento della misericordia di Dio nei miei confronti non viene dalla mia volontà, ma dalla Sua. Se scelgo Dio è perché Lui, per primo, mi ha scelto. La mia volontà non è sovrana e auto-determinante, quella di Dio lo è.

2. Atti 13:48

Il secondo passo è da Atti 13:48; qui Luca ci racconta l’episodio in cui Paolo si trova nella sinagoga di Antiochia di Pisidia a predicare. Luca interpreta per noi il significato della risposta a questo messaggio nel versetto 48: "e abbracciarono la fede tutti quelli che erano destinati alla vita eterna."

In altre parole non è la fede delle persone a determinare se Dio li destinerà alla vita eterna, anzi è proprio il contrario: Dio decide a priori chi sarà credente. La fede è dono della grazia divina e Dio stabilisce a chi donerà la Sua grazia salvifica in maniera incondizionata.

3. Giovanni 10:26

Il terzo passo è da Giovanni 10:26 ed è molto simile a quelli precedenti. In Atti 13:48 abbiamo imparato perché alcuni credono e in Giovanni 10:26 Gesù ci spiega perché altri non credono. Gesù dice: "ma voi non credete, perché non siete mie pecore." ovvero non è la vostra fede che Vi rende parte del Suo gregge poiché è l’essere Sue pecore che vi da’ la capacità di credere. Non si diventa figli di Dio scegliendo di credere, ma Dio ci fa figli Suoi per metterci nella condizione di poter credere. (Giovanni 1:13). Egli farà grazia a chi vorrà far grazia.

4. Efesini 1:4–5

Il quarto passo è da Efesini 1:4–5. "In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà." Dio conserva la Sua libertà nel dispensare la Sua grazia in modo che quando renderemo manifesta la nostra gloria, lo faremo per il Signore e non per noi stessi. Ogni Sua scelta ha lo scopo di glorificare la Sua grazia.

5. Seconda lettera di Pietro 1:10

Il quinto passo è la Seconda Lettera di Pietro 1:10. Se la gloria e il nome di Dio rappresentano la Sua sovrana libertà, cosa dovremmo pensare della nostra fede e della nostra obbedienza? Ecco la risposta di Pietro: "Quindi, fratelli, cercate di render sempre più sicura la vostra vocazione e la vostra elezione. Se farete questo non inciamperete". In altre parole il nostro essere zelanti nella fede e nell’obbedienza non fa di noi degli eletti, ma rende sempre più sicura la nostra elezione. La fede e l’obbedienza sono dei doni e possedere tali doni è una conferma del fatto che siamo nelle grazie del Donatore. Non è la nostra fede che spinge Dio a sceglierci, siamo noi ad essere spinti ad avere fede perché Dio ci ha scelti. Lui farà grazia a chi vorrà far grazia.

Dunque la dottrina dell’elezione incondizionata non è il prodotto di un unico testo. Essa trova un’ampio fondamento biblico, molto più ampio di quanto abbiamo visto finora e ciò non dovrebbe sorprenderci, dal momento che questa dottrina fonda le sue radici nel nome proprio di Dio ed è il cuore della Sua gloria.

Quattro conseguenze pratiche di questa dottrina

Per concludere analizziamo adesso alcune conseguenze pratiche che questa dottrina riveste per noi.

  1. L’umiltà dei Santi.
  2. La speranza per i più grandi dei peccatori.
  3. Aiuto per la causa delle missioni.
  4. Rendere omaggio al nome di Dio.

1. L’umiltà dei Santi

Non esiste altra dottrina che badi all’umiltà dei santi quanto la dottrina secondo la quale ogni virtù che essi possiedono deriva dalla grazia sovrana di Dio. Ah, come dobbiamo riflettere sulla verità che la nostra fede è un dono totalmente gratuito e immeritato! Tremerete di stupore quando vi accorgerete quanto siete profondamente dipendenti da Dio.

Siete morti a causa delle vostre colpe e dei vostri peccati, siete incapaci di sollevare il mignolo della vostra volontà per rendere omaggio a Dio (Romani 8:7–8; Efesini 2:1; Giovanni 15:5) eppure Dio, nella Sua grazia incondizionata e totalmente libera, vi ha presi a benvolere e vi ha dato la vita. Ha tolto il vostro cuore, che era fatto di pietra, e ve ne ha dato uno nuovo, fatto di carne, e la volontà di credere e obbedire. Pertanto ogni atto di fede e ogni accenno all’obbedienza sono frutto della grazia di Dio nella vostra vita. Ciò dovrebbe farci sentire umili ed eliminare dalle nostre vite ogni moto di orgoglio. La dottrina dell’elezione incondizionata significa avere l’umiltà dei santi.

2. La speranza per i più grandi dei peccatori

Ecco ciò che questa dottrina ha dato a Mosè. Mosè aveva bisogno di speranza, di sperare che Dio avrebbe davvero avuto misericordia del popolo dalla dura cervice che aveva appena commesso idolatria e che si era fatto beffe di Chi li aveva condotti fuori dall’Egitto. Per dare a Mosè la speranza e la fiducia di cui aveva bisogno, Dio gli dice: "FARÒ GRAZIA A CHI VORRÒ FAR GRAZIA."

In altre parole Egli dice "le mie scelte non sono dettate dal grado di cattiveria o bontà umane, ma solamente dalla mia sovrana libertà." Pertanto nessuno può dire di essere troppo cattivo per ricevere la grazia. La dottrina dell’elezione incondizionata è una magnifica dottrina di speranza per i più grandi dei peccatori e sta a significare che quando Dio sceglie a chi donare la Sua grazia, passato e origini non contano nulla.

Anche se oggi, qui, c’è qualcuno che non è ancora nato a nuova vita e non ha ancora raggiunto la fede salvifica in Cristo, questo qualcuno non deve sprofondare nella disperazione e pensare che l’eccessivo degrado morale o la durezza del proprio passato rappresentino un ostacolo insormontabile all’opera misericordiosa di Dio nella sua vita. Dio infatti ama estendere la libertà della Sua grazia nella salvezza dei più grandi dei peccatori.

Rifuggi dal peccato e invoca il nome del Signore. Perfino in questo messaggio Egli ti mostra la Sua grazia e ti esorta a rivolgerti a Lui per ottenere la Sua misericordia. La dottrina dell’elezione incondizionata significa speranza per i più grandi dei peccatori. "Su, venite e discutiamo dice il Signore. Anche se i vostri peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana." (Isaia 1:18).

3. Aiuto per la causa delle missioni

Se il significato di questa dottrina è di speranza per i più grandi peccatori, ciò vuol dire anche aiutare la causa delle missioni. Proprio da questa dottrina, duecento anni fa, come altre centinaia di missionari, ha ripetutamente tratto la sua forza David Brainerd, giovane missionario tra gli Indiani d’America nella regione del New England.

Lunedì, 25 giugno 1744 Brainerd scriveva sul suo diario: "Mi era stato concesso il permesso di invocare Dio per i miei poveri indiani; e sebbene ottenere la loro conversione sembrasse un’opera impossibile all’uomo, con Dio accanto ho visto che nulla è impossibile. Di tanto era cresciuta la forza della mia fede." I missionari non devono mai disperarsi perché non esiste un popolo o una tribù troppo duro o malvagio da non poter essere vivificato da Dio. Egli farà grazia a chi vorrà far grazia, pertanto alla fine non dipenderà dalla volontà o dall’opera dei missionari o delle persone, ma da Dio. C’è sempre speranza per il più grandi dei peccatori e quindi c’è sempre speranza per la causa delle missioni.

4. Rendere omaggio al nome di Dio

Il nome di Dio è FARÒ GRAZIA A CHI VORRÒ FAR GRAZIA. La Sua libertà sovrana è la Sua gloria. Se conoscessimo veramente Dio, saremmo persone diverse. Ah, come ci mostreremmo rispettosi, umili e mansueti! Avremmo timore del carattere assoluto della Sua sovrana libertà e ci prostreremmo dinanzi a Lui. Ci faremmo piccoli, timorosi di ogni nostro gesto che possa sminuirLo e ci rallegreremmo di una gioia inesprimibile e gloriosa perché Dio ci ha concesso la Sua grazia.