Quando La Vita Non Ha Senso

Da Libri e Sermoni Biblici.

Versione delle 18:54, 27 giu 2022, autore: Pcain (Discussione | contributi)
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English: When Life Doesn’t Make Sense

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Cosa facciamo quando la vita non ha semplicemente senso? La malattia ci colpisce. Si perde un lavoro. L’amicizia svanisce. L’incertezza incombe. Che si tratti del santo dai capelli grigi che affronta il cancro o lo studente oppresso dal peso del futuro, la crisi e la sofferenza riescono ad agitare anche il Cristiano più convinto.

Possiamo sapere che Dio controlla tutto sempre ovunque, tuttavia ci sentiamo spesso frustrati perché non sappiamo cosa abbia in mente. Così, cosa facciamo quando la vita non ha senso?

Il Predicatore nell’Ecclesiaste pone una domanda simile. Spesso, quando qualcuno fa riferimento all’Ecclesiaste, si pensa, “Ehi — era un guastafeste.” In realtà, invece l’Ecclesiaste non spinge il depresso oltre il limite, ma piuttosto dà al frustrato un punto di appoggio di gioia in questo nostro mondo sconcertante. Il Predicatore dà un semplice messaggio di speranza a chi sta lottando: godetevi la vita temendo Dio anche quando non siete in grado di comprendere le sue opere e i mezzi che usa.

Indice

Dio Tesse Tutte Le Cose Insieme

Quando non comprendiamo il perché la vita è quello che è, il Predicatore vorrebbe che fossimo certi del fatto che Dio è colui che coordina tutte le stagioni.

Ogni cosa richiede il suo tempo: “Un tempo per nascere, un tempo per morire” (Ecclesiaste 3:2). Il Predicatore introduce in modo poetico l’argomento usando la nascita e la morte per racchiudere in questi concetti tutte le cose della vita. Tutte le cose — il buono, il cattivo, e ciò che sta in mezzo — accadono in base a un momento prestabilito. Usando le sue parole, “Per ogni cosa c’è il momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo” (Ecclesiaste 3:1). Chi stabilisce questo momento? Il Predicatore non ci lascia a lungo senza risposta: “[Dio] ha fatto ogni cosa bella al suo tempo” (Ecclesiaste 3:11).

Semplicemente come la bellezza si addice a un amante (Canzone di Salomone 1:8, 15; 2:10), allo stesso modo Dio fa funzionare tutte le cose all’unisono, in un modo bello in base al suo volere. Lui è l’artista: tutto ciò che è vita fa parte del suo mosaico. E’ il grande tessitore che cuce tutte le parti insieme per formare un bellissimo arazzo. Forse conosciamo il passaggio al quale pensava Paolo quando scrisse, “Noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Romani 8:28).

Il Mistero dall’Inizio alla Fine

Tuttavia, nonostante la fiducia nel governo sovrano di Dio su tutte le cose e in tutti i tempi e luoghi, Il Predicatore è consapevole della sua incapacità nel comprendere. Egli scrive, “Anche, [Dio] ha posto il mondo nel loro cuore, affinché nessuno possa scoprire l’opera che Dio fa dal principio alla fine” (Ecclesiaste 3:11).

In questo contesto, “eternità” va in parallelo con “l’opera che Dio fa dal principio alla fine”. L’umanità ha un desiderio Divino di comprendere “l’opera che Dio fa dall’inizio alla fine,” ma Dio ha instillato nel nostro cuore questo desiderio in modo tale che “non possiamo scoprire” quello che ha fatto. Come scrive Gregory of Nyssa (335–395), “ha instillato nel cuore degli uomini la certezza che per l’eternità non potranno mai scoprire cosa Dio ha fatto dal vero inizio fino alla fine” (Omelie su Ecclesiaste, 79).

Ovviamente, appena arriviamo al punto dove la nostra limitatezza tocca l’infinità di Dio, siamo frustrati. Il Predicatore scrive, “Che profitto trae dalla sua fatica colui che lavora? Io ho visto le occupazioni che Dio dà agli uomini perché vi si affatichino” (Ecclesiaste 3:9–10). La sua domanda implica una risposta negativa: nulla. Il lavoratore non ha ottenuto alcunché dalla sua fatica.

Quale fatica? In generale, le attività indicate in Ecclesiaste 3:2–8 sono le fatiche che ci accompagnano per tutta la nostra vita, ma Ecclesiaste 8:17 rivela un aspetto specifico della nostra lotta: “Allora ho mirato tutta l’opera di Dio, e ho veduto che l’uomo è impotente a spiegare ciò che accade sotto il sole. Egli ha un bell’affaticarsi a cercarne la spiegazione, non riesce a trovarla.” Non importa quanto si impegni, non è in grado di spiegare le opere e i mezzi usati da Dio.

In ultimo, dovremmo valutare di astenerci alla domanda iniziale. Invece di domandarci, “Cosa facciamo quando la vita non ha senso?” dovremmo domandarci, Cosa facciamo quando la vita non ha senso per noi?” Dio elabora tutte le cose insieme, ma noi non siamo in grado di comprendere tutto quello che fa. Le opere e i mezzi di Dio hanno un significato — un significato bello, saggio e adatto — non sempre per noi. Isaia non sarebbe sorpreso da questa conclusione: “I miei pensieri non sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie, dice il Signore” (Isaia 55:8).

Timore Davanti a Lui

Cosa facciamo allora quando la vita non ha senso per noi?

Il Predicatore non ci lascia soffrire da soli in una rassegnazione nichilistica: “Io ho riconosciuto che tutto quello che Dio fa è per sempre; niente c’è da aggiungervi, niente da togliervi. Dio fa così, perché gli uomini lo temano” (Ecclesiaste 3:14).

Dio non sta semplicemente giocando con la sua creazione perché vuole divertirsi alle nostre spalle. Non ha creato un mondo senza alcun significato, lasciando che gli esseri umani vaghino per il mondo senza alcuna speranza di poter comprendere. Al contrario, Dio ci ha creati per desiderare una conoscenza infinita cosicché lo si tema.

Temere Dio vuol dire ricordare chi è Dio e ricordare anche chi siamo noi in relazione (e al di fuori dalla relazione) con lui. Ricordiamo a noi stessi il controllo supremo che Dio ha su tutte le cose della vita, accettando umilmente la nostra incapacità a comprendere sempre le sue vie. Allo stesso tempo, possiamo fare tutto questo con gioia perché siamo consapevoli che Dio agisce su tutte le cose contemporaneamente in modo splendido per il nostro bene.

Come Giobbe davanti alla grande calamità, chiediamo, “Abbiamo accettato il bene dalla mano di Dio, e rifiuteremmo di accettare il male?” (Giobbe 2:10). Vediamo incertezza e tragedia, dolorose come possono essere, e attraverso la sua grazia diciamo, “Benedetto sia il nome del Signore” (Giobbe 1:21).

Accogli la Vita che Puoi Vedere

Non ci fermiamo comunque davanti alla paura. Giustamente timorosi di Dio inizia il processo, ma Dio vuole di più. Il Predicatore scrive, “Io ho riconosciuto che non v’è nulla di meglio per loro del rallegrarsi e del procurarsi del bene durante la loro vita; fare del bene per tutta la vita; ma se uno mangia, beve e gode del benessere in mezzo a tutto il suo lavoro — è un dono di Dio” (Ecclesiaste 3:12–13). Non interpretate le parole del Predicatore come una sorta di motto carpe diem che ci spinge a fare il meglio, un motto che ci esorta a godere appieno dalla vita finché possiamo. Anche quando non comprendiamo le opere o i mezzi di Dio, lui desidera che godiamo — ogni momento — nel contesto di un santo timore.

Nel suo libro Things of Earth, Joe Rigney esorta i Cristiani ad “abbracciare il vostro stato di creature, “Non cercate di essere Dio. Anzi abbracciate le gloriose limitazioni e barriere che Dio vi ha dato come un segno della sua storia” (234). L’esortazione di Rigney centra il discorso presente in Ecclesiaste 3: temere giustamente Dio e godere del suo mondo. Temere Dio nel modo corretto vuol dire ricordare la nostra umanità. Quando non siamo in grado di vedere oltre l’angolo buio della vita che deve ancora arrivare, non importa quanto lo desideriamo, ci ricordiamo la nostra umanità. Ci ricordiamo che Dio è Dio e che noi non lo siamo. Lui ha il controllo su tutto, sempre e ovunque, lui è buono.

Così, chiediamo a Dio la grazia di poter abbracciare la vita che vediamo — la vita che ci ha donato — e godere di essa pienamente. Respira profondamente l’aria fresca di una mattina di autunno mentre passeggi con il cane. Sorseggia lentamente la cioccolata calda con i tuoi figli. Lavora sodo al lavoro temporaneo che hai mentre aspetti il lavoro definitivo. Lascia che la tua mano si soffermi sul tuo amore malato. Anche quando non comprendiamo le opere di Dio e i suoi mezzi, possiamo provare gioia nelle cose buone che ci ha donato. Possiamo trovare nelle nostre fatiche un piacere unico mentre ci buttiamo sulla nostra roccia, Gesù Cristo, attraverso le bufere della vita.

Jason DeRouchie sintetizza abilmente la tensione presente tra finitezza, infinito, frustrazione e gioia: “Questo è lo scopo di Ecclesiaste: che i credenti, sentendo il peso della maledizione e il fardello degli enigmi della vita, rivolgano i loro occhi a Dio, riposandosi nei sui scopi e provando gioia ogni volta che possono nel suo bel, deturpato mondo” (“Shepherding Wind and One Wise Shepherd,” 15).

Fai del Bene come Dio

Dopo averci invitato a godere della vita che Dio ci ha dato, il Predicatore aggiunge un ulteriore aspetto al nostro benessere: “Non c’è nulla di meglio per essi che gioire e agire bene nella loro vita” (Ecclesiaste 3:12). Quando abbracciamo la nostra limitatezza e godiamo di Dio e dei doni che ci ha fatto, noi in sostanza viviamo come Dio facendo del bene agli altri. Assorbiamo la gioia della vita che ci ha donato, e dopo canalizziamo quella gioia agli altri.

Così, cosa facciamo quando la vita non ha senso per noi? Affrontiamo tutto — il buono, il brutto, e ciò che è nel mezzo — con sicurezza perché sappiamo che il nostro Dio sta tessendo tutte le cose insieme per il bene, anche quando non possiamo vedere oltre le situazioni presenti. Camminiamo sul sentiero della vita mano nella mano con il nostro Salvatore, gioendo di tutti i suoi doni, grandi e piccoli. E poi facciamo del bene agli altri invitandoli a fare lo stesso.