Pensieri Pastorali: La Dottrina dell'Elezione

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English: Pastoral Thoughts on the Doctrine of Election

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Di John Piper su Il Ministero Pastorale
Una parte della serie Romans: The Greatest Letter Ever Written

Traduzione di Ihiri Haswani

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Romani 11:5-7

Così dunque, anche nel tempo presente è stato lasciato un residuo secondo l'elezione della grazia. E se è per grazia, non è più per opere, altrimenti la grazia non sarebbe più grazia; ma se è per opere, non è più grazia, altrimenti l'opera non sarebbe più opera. Che dunque? Israele non ha ottenuto quello che cercava, ma gli eletti l'hanno ottenuto, e gli altri sono stati induriti.

Mentre riflettevo sulle implicazioni pastorali della predicazione di un passaggio così dottrinale come Romani 11, mi sembrò una buona idea, magari a intervalli di qualche settimana, fare una pausa nel flusso dell'esposizione e un passo indietro, per parlare di alcune delle implicazioni pratiche di ciò che abbiamo visto. Ciò che abbiamo rivisto nelle ultime settimane in Romani 11:1-10 (così come in Romani 8:29-33 e Romani 9:10-24) è la dottrina biblica dell’elezione incondizionata.

Questo è l'insegnamento che Dio ha scelto prima della Fondazione del mondo (Efesini 1:4): chi avrebbe creduto sarebbe stato immeritatamente salvato nonostante il suo peccato, mentre chi avrebbe continuato nella sua ribellione sarebbe meritatamente morto a causa del suo peccato. In altre parole, la saggezza, la giustizia e la grazia della volontà di Dio sono sempre la spiegazione definitiva di tutto ciò che accade nel mondo. Gli esseri umani non sono Dio. Non possiamo dare origine a cause a partire dal nulla. Noi, i leader di Betlemme, teniamo fede al paradosso biblico (non contraddizione biblica) che, da un lato, Dio è sovrano, e dall’altro, siamo tutti responsabili e colpevoli per il nostro peccato e quindi meritevoli d'ira. Se Dio ha scelto che giungessimo alla fede e fossimo salvati da questa condizione di colpa non è dovuto ad alcuna cosa presente in noi. Che è ciò che abbiamo visto in Romani 8 e 9, e ora nuovamente in 11:1-10. Ecco cosa intendo per elezione incondizionata.

Oggi riflettiamo quindi su alcuni pensieri pastorali su questa dottrina dell'elezione.

1. Non ci fa bene sapere tutto, quindi Dio non ci rivela tutto; ci sono alcune cose che ci fa bene sapere, anche quando non siamo in grado di spiegarle completamente.

Questa affermazione è basata in parte su Deuteronomio 29:29, dove Mosè afferma: "Le cose occulte appartengono all'Eterno, il nostro DIO, ma le cose rivelate sono per noi e per i nostri figli per sempre, perché mettiamo in pratica tutte le parole di questa legge." Ci sono cose che Dio non intende che sappiamo. Non ci farebbe bene saperle. Ad esempio, in Atti 1:7 Gesù dice: "Non sta a voi di sapere i tempi e i momenti adatti, che il Padre ha stabilito di sua propria autorità." Sapere troppo sul futuro non ci farebbe bene. In realtà non sappiamo quasi nulla di ciò che accadrà domani. Giacomo 4:14 afferma: "Non sapete ciò che accadrà l'indomani." Un altro esempio è il Salmo 131, dove Davide dice: "Il mio cuore non è orgoglioso e i miei occhi non sono alteri, e non mi occupo di cose troppo grandi e troppo alte per me." Alcune cose sono fuori dalla nostra portata.

Altre cose le sappiamo perché Dio ce le ha rivelate, ma le conosciamo solo in parte. Ci fa quindi bene saperle. Ma dobbiamo essere contenti di sapere solo in parte, come Paolo dice in 1 Corinzi 13:12: "Ora infatti vediamo come per mezzo di uno specchio, in modo oscuro, ma allora vedremo a faccia a faccia; ora conosco in parte, ma allora conoscerò proprio come sono stato conosciuto." Questo è particolarmente vero per la dottrina dell'elezione. Siamo inclini a chiedere più domande di quelle alle quali Dio sceglie di rispondere. C'è un grande pericolo che le nostre domande si trasformino in accuse.

Una delle implicazioni è che non sempre sappiamo in quale modo qualche particolare dottrina della Bibbia ci porti beneficio. Noi americani siamo particolarmente esigenti e pragmatici. Se non vediamo immediatamente il beneficio di una dottrina, tendiamo a ignorarla. E quando lo facciamo, siamo come bambini sciocchi. Ogni genitore sa che i bambini devono imparare le cose senza sapere come saranno utili in futuro. Ad esempio, insegniamo loro le buone maniere a tavola quando sono piccoli, di modo che da grandi possano essere in grado di affrontare con grazia qualsiasi situazione sociale. E non hanno idea del perché diciamo loro di tenere il cucchiaio in un certo modo e di non tenere i gomiti sul tavolo. Devono credere alle vostre parole quando dite che il sole è fermo, la terra è una sfera, le verdure fanno bene alla salute e il sacchetto di veleno per topi uccide. Se i bambini devono sapere queste cose prima di sapere il come o il perché, immaginate la distanza tra noi e Dio e quanto potremmo dover ancora conoscere senza sapere come questo ci aiuterà.

Gli effetti di ciò che sappiamo nella nostra vita sono sempre maggiori di quanto sappiamo o siamo in grado di spiegare. A volte dobbiamo semplicemente imparare qualcosa perché Dio dice che è vero. Poi, più tardi, possiamo vedere come la conoscenza ci ha protetto, o rafforzato, o umiliato, o purificato, o guidato, o ci ha permesso di vedere altre cose come vere. Il problema si riduce alla fiducia. Ci fidiamo del fatto che Dio ha rivelato ciò che ci fa bene sapere?

Riguardo alla dottrina dell'elezione, non sappiamo tutti i modi in cui ci faccia bene, ma ne conosciamo alcuni. E questo ci porta al secondo pensiero pastorale sull’effetto che ha la conoscenza della dottrina dell'elezione.

2. La dottrina dell'elezione ha una forte tendenza a rendere una chiesa rigorosa riguardo alla verità e alle Scritture, evitando quindi che si divaghi nell’indifferenza dottrinale e nella conformità alla cultura.

La dottrina dell'elezione tende a dare fermezza e fibra alle menti flaccide. Tende a produrre cristiani robusti e riflessivi, che non sono spazzati via da idee alla moda incentrate sull’uomo. Ha un incredibile potere di conservazione che evita l’affievolimento e la perdita di altre dottrine. In generale, tende a imprimere nelle nostre menti una visione del mondo incentrata su Dio, costruita a partire da una verità reale ed oggettiva.

Ecco un esempio del perché ciò conta. Nell’ultimo numero di Christianity Today, Chuck Colson discute il “postmodernismo”, “la filosofia che sostiene l’inesistenza di una verità trascendente”. Egli indica quattro o cinque segni culturali del fatto che il postmodernismo sta perdendo forza e potrebbe essere presto fuori moda. Ma ecco poi l’appello che rivolge alle chiese.

Non posso pensare a un momento più critico per i pastori, gli studiosi e i laici di quello di essere radicati in una visione biblica del mondo e difenderla chiaramente davanti a coloro che sono affamati di verità.

Ma siamo pronti per una tale sfida? George Barna ha recentemente finito un tour nelle chiese americane ed è tornato con una relazione sconcertante sul fatto che la maggior parte dei leader, ecclesiastici e laici (il 90%, secondo un sondaggio), non abbia alcuna comprensione della visione del mondo. Come faremo a combattere con filosofie concorrenti se non siamo nemmeno radicati nel nostro sistema di verità?

Ironia della sorte, proprio come ci sembrano essere segni incoraggianti nella cultura, ci sono anche segni che la Chiesa si stia banalizzando, spostandosi da un messaggio guidato dalla Parola a un messaggio guidato dall’immagine e dalle emozioni (notate come molte radio cristiane siano cambiate di recente: da discussioni e predicazioni a una programmazione di tutta musica).

L’ironia più grande, e una terribile tragedia, sarebbe trovarsi a scivolare nella post-modernità solo quando la cultura più ampia ha capito che si tratta di un vicolo cieco. ("The Postmodern Crackup," in Christianity Today, dicembre 2003, vol. 47, n. 12, p. 72).

La dottrina dell'elezione ha l’effetto stupefacente di svegliare coloro che sono alla deriva nel fiume delle supposizioni ereditate senza alcun impegno della mente. Sono improvvisamente scossi dalla radicale centralità di Dio nella Bibbia e dalla spaventosa centralità dell’uomo nei loro cuori. Sono posti nella missione di costruire un modo di pensare biblico su Dio e sul mondo, che può evitare la tragedia della quale avverte Colson: vale a dire, che il mondo scopra, alla fine, che la verità conta davvero, proprio quando la Chiesa ha deciso, nel nome della rilevanza culturale, che la dottrina non conta. La dottrina dell'elezione fa bene a noi e ai nostri nipoti in modi che non possiamo nemmeno iniziare a immaginare.

3. Terzo pensiero pastorale sulla dottrina dell'elezione: Uno dei modi migliori per verificare se abbiamo invertito i ruoli con Dio.

Si tratta di un problema senza tempo, ma soprattutto rilevante al mondo moderno, che presume l’autonomia umana e mette in discussione tutte le autorità, diventando giudice nel decidere se Dio esiste.

Paolo affronta questo problema con più forza in Romani 9:6-23. Nel farlo, ha sentito l'obiezione antica e moderna, “Perché trova ancora egli [Dio] da ridire? Chi può infatti resistere alla sua volontà?”. E la sua risposta è stata: "Piuttosto chi sei tu, o uomo, che disputi con Dio? La cosa formata dirà a colui che la formò: «Perché mi hai fatto così?».” (Romani 9:19-20). In altre parole, non è giusto invertire i ruoli con Dio. Il vasaio è Lui. Alcune dottrine testano più chiaramente se siamo noi a giudicare Dio o se è Dio che giudica noi.

Al termine del libro di Giobbe, quando tutte le sue difese sono esaurite, tutti i consigli fuorvianti di Elifaz, Bildad e Zofar svaniscono, e la sostanza della questione è questa: “Allora Giobbe rispose all'Eterno e disse: «Riconosco che puoi tutto, e che nessun tuo disegno può essere impedito. . . ho detto cose che non comprendevo, cose troppo alte per me che non conoscevo.” Dio risponde: “Deh, ascolta, e io parlerò; io ti interrogherò e tu mi risponderai.” In altre parole, prendi il giusto posto, Giobbe, e ascoltami. Impara da me; non insegnarmi. Fidati di me; non accusarmi. A cui Giobbe infine risponde: “Il mio orecchio aveva sentito parlare di te, ma ora il mio occhio ti vede. Perciò provo disgusto nei miei confronti e mi pento sulla polvere e sulla cenere».” (Giobbe 42:1-6). La dottrina dell'elezione ci mette alla prova come poche altre per vedere se ci troviamo nei panni di Giobbe che accusa, o di Giobbe che, infranto e contrito, si fida.

È difficile per un pesce sapere di essere bagnato. Essere bagnato è tutto ciò che un pesce conosce. Un pesce non ci pensa nemmeno. Quindi è difficile per una persona moderna, una persona che vive negli ultimi duecento anni, sapere di essere arrogante verso Dio. L’arroganza verso Dio è tutto ciò che c'è nel mondo moderno. È l'oceano nel quale nuotiamo; l'aria che respiriamo. È tessuta nel tessuto delle nostre menti. Non sappiamo nemmeno che esista. Non la vediamo, perché guardiamo attraverso di essa per vedere tutto il resto.

Ecco come la esprime C.S. Lewis:

L'uomo antico si avvicinava a Dio. . . come la persona accusata si avvicina al giudice. Per l'uomo moderno i ruoli si sono invertiti. L’uomo è il giudice: Dio è nel banco degli accusati. L’uomo è un giudice del tutto benevolo: se Dio dovesse avere una ragionevole difesa per essere il Dio che permette guerre, povertà e malattie, l’uomo è pronto ad ascoltarlo. Il processo potrebbe pure finire nell’assoluzione di Dio. Ma l’importante è che l'uomo è nel tribunale e Dio nel banco degli accusati ("God in the Dock" in Lesley Walmsley, ed., C.S. Lewis: Essay Collection and Other Short Pieces [Londra: Editore: HarperCollins Publishers, 2000], p. 36. Traduzione da “Una gioia insolita: lettere tra un prete cattolico e un laico anglicano”, Don Calabria, C.S. Lewis, Editoriale Jaka Book SpA, pagina 200).

Praticamente, questo è ciò che significa essere moderno: la sensazione impercettibile, il presupposto che non sappiamo nemmeno di avere, che è giusto mettere in discussione e addirittura giudicare Dio. La dottrina dell'elezione è una prova molto efficace per capire se si è stati liberati dall'oceano indigeno di arroganza del mondo moderno, o se si è ancora inzuppati fino all'osso. Ci fa bene essere testati sulla prova della sovranità di Dio, affinché possiamo dire con Giobbe: “Il mio orecchio aveva sentito parlare di te, ma ora il mio occhio ti vede. Perciò provo disgusto nei miei confronti e mi pento sulla polvere e sulla cenere».” (Giobbe 42:6).

4. Quarto pensiero pastorale sulla dottrina dell'elezione: L'umile abbraccio (non la discussione e nemmeno la convinzione intellettuale, ma l'umile abbraccio) della verità preziosa dell'elezione e della grazia sovrana produce un rischio radicale e amorevole: il ministero e le missioni.

Un esempio (e potrebbero essercene molti di più da William Carey, Adoniram Judson, David Livingston, John Patton, George Mueller, Charles Spurgeon, Jonathan Edwards e tanti altri ancora): Kristin Carlson è stata in Zambia per quasi un anno a lavorare con i ragazzi di strada attraverso Action International (vale la pena conoscerli; avrei potuto elencare il direttore Doug Nichols tra i cristiani radicali, andato in Ruanda con il tumore del colon perché abbraccia umilmente la verità dell'elezione). Ecco ciò che Kristin ci ha scritto via e-mail il mattino del giorno del Ringraziamento:

Prima di tutto, sono grata per la grazia insondabile di Dio nell’avermi scelta. Non ho fatto nulla per meritarlo, e mi meraviglio continuamente della bontà di mio Padre verso di me. Il motivo per il quale sono grata di essere stata scelta è perché so per cosa sono stata scelta. Scelta per annunciare le eccellenze di Dio; scelta per essere eternamente soddisfatta in Dio attraverso Gesù; scelta per vivere nella luce e non nelle tenebre; scelta per provare e vedere che Egli è buono.

Non perdetevi questo. Alcuni di voi non hanno idea di ciò di cui Kristin stia parlando perché vi è stato insegnato che la dottrina dell'elezione è falsa o non è d'aiuto. Avete sempre guardato dentro standovene fuori, sospettosi o criticando. Leggete ora in questa e-mail una storia dal di dentro, da qualcuno che sa cosa vuol dire abbracciare ed essere abbracciati dalla dottrina dell'elezione incondizionata. L'effetto non è ciò che potrebbe esservi stato insegnato. Leggete i suoi effetti. Kristin prosegue:

Sono grata che Dio abbia scelto Vasco, un ragazzo di strada duro, ignorante e ribelle, e lo abbia tolto dalle tenebre per portarlo nella sua luce meravigliosa. E il frutto che vedo già nella vita di Vasco è la testimonianza del suo rimanere in Gesù, la Vite. Sono grata per l’immensa bontà di Dio durante lo scorso anno. . . Un lavoro incredibile del quale ne sono parte: diventare amica dei ragazzi di strada e condividere con loro l’unica speranza duratura. E vorrei aggiungere che sono grata per il cuore che Dio mi ha donato per questi ragazzi. Oggettivamente parlando, so che non è "normale" AMARE calpestare mucchi di immondizia e sedersi su un divano lussuoso (un piccolo oggetto metallico con un pezzo di cartone sulla parte superiore che fa da seduta) con bambini sporchi e non profumati, ma è così, amo farlo.

Abbracciare ed essere abbracciati dalla dottrina della grazia sovrana, cominciando con l'elezione incondizionata, produce in primo luogo quel tipo di amore sacrificale radicale che ci fa prendere dei rischi; e poi ci umilia per gioire nella verità che non abbiamo prodotto questa bellezza a partire da noi stessi, ma Dio lo ha fatto. Quindi diamo a Lui la gloria.

Se chiedete: È questo il modo biblico di pensare? La Bibbia insegna davvero che Dio intende che la verità dell'elezione abbia questi effetti? La risposta è sì. In primo luogo, considerate la frase di Colossesi 3:12-13, “Vestitevi dunque come eletti di Dio santi e diletti, di viscere di misericordia, di benignità, di umiltà, di mansuetudine e di pazienza, sopportandovi gli uni gli altri e perdonandovi, se uno ha qualche lamentela contro un altro, e come Cristo vi ha perdonato, così fate pure voi.” C'è la connessione. È esplicito e chiaro nella mente di Paolo. Sapere di essere stati scelti per grazia, che si è stati messi da parte per Dio, che siete amati, dovrebbe rendervi una delle persone più miti e umili del mondo, pronte a sopportare maltrattamenti e pronte a perdonare. Amare lo “sgradevole”, in Zambia e in tutto il resto del mondo.

Ecco un’altra indicazione su come funziona. In Romani 8:33 Paolo dice: “Chi accuserà gli eletti di Dio? Dio è colui che li giustifica.” La risposta è la seguente: Nessuno può fare reggere un’accusa se siete scelti da Dio. Lui è dalla vostra parte per sempre. È chiaro che Paolo dice questo perché si aspetta che abbia un effetto pratico su di noi. Si aspetta che proviamo certezza e gioia e che siamo quindi coraggiosi e senza paura. Quando vi trovate oggi davanti a una decisione che sembra giusta e guidata dall’amore, ma rischiosa, sentite l'effetto della domanda: “Chi accuserà gli eletti di Dio?” Sentite la forza del Vangelo che produce certezza nella parola “eletto”?

Questa non è principalmente una dottrina sulla quale discutere, ma una dottrina della quale godere. Non è progettata per le controversie; è progettata per le missioni. Non intende dividere le persone (anche se lo farà); intende renderle compassionevoli, gentili, umili, miti e indulgenti.

5. Concludo con un ultimo pensiero pastorale. Non pensate all’elezione oltre a Gesù Cristo.

Efesini 1:4 dice: “allorché [Dio] in lui [Cristo] ci ha eletti prima della fondazione del mondo”. In altre parole, quando Dio ha pianificato nell'eternità di sradicarci dalla nostra schiavitù al peccato, aveva in mente Cristo come il modo in cui lo avrebbe fatto. Dio ha pianificato di salvarci attraverso la morte e risurrezione di Cristo prima della fondazione del mondo.

Pertanto, ciò che Dio ha fatto per salvarci e chiamarci a sé non è per dirci prima del tempo se siamo eletti. Dio non lo rivela mai, se non attraverso un rapporto con Gesù Cristo, affinché Cristo sia centrale alla nostra elezione. Invece di dirci se siamo eletti, ciò che Dio ha fatto è stato di inviare suo Figlio e dire: “Chi crede nel Figlio ha vita eterna” (Giovanni 3:36). “Chi crede nel Figlio di Dio ha questa testimonianza in sé” (1 Giovanni 5:10). Egli sa di essere eletto.

Così in nome di Cristo vi invito: Venite, accettatelo come vostro Salvatore e Signore e Tesoro della vostra vita. Egli non scaccia mai nessuno che viene in fede. Egli perdona il peccato. Veste di giustizia. Dona lo Spirito Santo. Egli vi terrà con sé. “Le mie pecore ascoltano la mia voce, io le conosco ed esse mi seguono; e io do loro la vita eterna e non periranno mai, e nessuno le rapirà dalla mia mano.” (Giovanni 10:27-28). Ascoltate la voce del buon Pastore e venite.