Il frutto della speranza: franchezza

Da Libri e Sermoni Biblici.

Versione delle 03:42, 12 apr 2013, autore: Kathyyee (Discussione | contributi)
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Di John Piper su Speranza
Una parte della serie Hope in God!

Traduzione di Porzia Persio

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2 Corinzi 3,12

Oggi tratteremo del terzo frutto della speranza, ovvero la franchezza. Il primo frutto della speranza che abbiamo esaminato era la gioia (Romani 12,12); il secondo era l'amore (Colossesi 1,4-5); il quarto e ultimo frutto della speranza che tratteremo la prossima volta sarà la costanza.

Capire 2 Corinzi 3,12

Il brano del messaggio di oggi è 2 Corinzi 3,12: "Avendo dunque questa speranza, parliamo con grande franchezza". Potete subito vedere perché penso che la franchezza sia frutto della speranza. Paolo dice che, a causa della sua speranza, egli parla con aperta franchezza. La speranza cristiana è motivo di franchezza nella vita cristiana.

Se non si è franchi nella propria testimonianza, se non si osa, né si affrontano rischi nel ricercare la giustizia, se non si è aperti e onesti nel parlare, può darsi che la propria speranza manchi di qualcosa. Forse si spera nelle cose sbagliate per avere un futuro felice. Forse non si è mai pensato seriamente al rapporto che esiste tra la forza della propria speranza e il coraggio del proprio servizio a Cristo. Eppure Paolo afferma esserci una relazione molto stretta: "Avendo dunque questa speranza, parliamo con grande franchezza".

Questo versetto (v.12) si trova nel mezzo di un capitolo non del tutto chiaro, che lascia molti lettori nel buio. Dobbiamo tuttavia chiederci: "Qual è allora la speranza di cui Paolo parla nel versetto 12?" e anche: "Qual è allora questa franchezza di cui parla?". Per rispondere a queste due domande, dobbiamo inoltrarci in parte di quella nebbia confusa che circonda questo capitolo.

Quel che propongo di fare è, dapprima, osservare lo sfondo del Vecchio Testamento. Quindi percorreremo velocemente i primi 12 versetti del capitolo. Non spiegheremo ogni dettaglio e non avremo tempo di discuterne l'ultimo paragrafo (vv.13-18), ma tenteremo di capirne quel tanto che basta ad assicurarci di aver compreso che cosa Paolo intendesse nel dire: "Avendo dunque questa speranza, parliamo con grande franchezza". In terzo luogo, ci proponiamo di rendere quanto più chiaro possibile che cosa intendesse Paolo nel parlare di speranza e franchezza. Infine, potremo esaminare la relazione tra i due concetti e osservare alcuni esempi biblici che Dio può usare per stimolarci ad avere una più salda speranza e un maggiore coraggio nel servirLo.

1. Lo sfondo del Vecchio Testamento

Prima di riuscire a comprendere questo capitolo, dobbiamo tornare indietro e rivedere alcune delle promesse del VT. Le troviamo in Geremia 31,31 ed Ezechiele 36,26-27.

Ecco, verranno i giorni, dice l’Eterno, nei quali stabilirò un nuovo patto con la casa d’Israele e con la casa di Giuda,
non come il patto che ho stabilito con i loro padri nel giorno in cui li presi per mano per farli uscire dal paese di Egitto, perché essi violarono il mio patto, benché io fossi loro Signore; dice l’Eterno. Ma questo è il patto che stabilirò con la casa d’Israele dopo quei giorni; dice l’Eterno: Metterò la mia legge nella loro mente e la scriverò sul loro cuore, e io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo.
(Geremia, 31-33)

Vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dalla vostra carne il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. Metterò dentro di voi il mio Spirito e vi farò camminare nei miei statuti, e voi osserverete e metterete in pratica i miei decreti. (Ezechiele 36,26-27)

In altre parole, il VT promette un nuovo patto tra Dio e il suo popolo nel futuro. Sarebbe migliore di quello antico stretto sul Sinai nel dare la legge, ma lo sarebbe non tanto perché conterrebbe nuovi comandamenti, ma perché quegli stessi vecchi comandamenti verrebbero poi scritti nel cuore, invece che soltanto in tavole di pietra.

Un altro modo per dire ciò è che l'antico patto non fu accompagnato da un'effusione dello spirito divino che trasformò il cuore di tanti israeliti. Generalmente essi avevano il cuore di pietra e non seguivano i comandamenti del patto. Tuttavia, nel nuovo patto, Dio avrebbe infuso il proprio Spirito nel popolo, spingendolo a seguirne i comandamenti. Cioè, Dio avrebbe scritto quei comdamenti nel loro cuore. Nell'antico patto, Dio scrisse i comandamenti su tavole di pietra; in quello nuovo, li scrive nel cuore degli uomini. Dunque l'antico patto fu fornito in codice scritto, o "lettera" (come dice Paolo), ma quello nuovo verrà offerto nel potere dello Spirito Santo.

Il risultato fu che l'antico patto, la legge mosaica, sfociò per molti israeliti in condanna e morte, perché fu accolto con la ribellione nel cuore. Quando il comando divino si scontra con un cuore ribelle e impenitente, ciò significa rovina.

Tuttavia, il nuovo patto sfocia nella giustificazione e vita, perché incontra un cuore sottomesso e fedele. Geremia ed Ezechiele guardavano verso il giorno in cui lo Spirito Santo avrebbe tolto il cuore di pietra per porne uno di carne.

Adesso cominciamo a capire la descrizione che Paolo dà del proprio ministero in 2 Corinzi 3, in quanto egli si vede come ministro o servitore del nuovo patto. Dio adesso mantiene le promesse di Geremia ed Ezechiele e lo fa tramite la predicazione del vangelo da parte di Paolo. Paolo vede l'opera dello Spirito nel proprio ministero come sigillo della propria autenticità apostolica. Ecco di che cosa parla all'inizio del capitolo3.

2. Panoramica di 2 Corinzi 3

Esaminiamo adesso il più ampio contesto di 2 Corinzi 3 e procediamo insieme lungo i primi dodici versetti.

Scrivere la Legge nel cuore dei credenti

Dapprima i versetti 1-3:

Cominciamo di nuovo a raccomandare noi stessi? O abbiamo bisogno come alcuni, di lettere di raccomandazione per voi o di raccomandazione da parte vostra?
Voi siete la nostra lettera, scritta nei nostri cuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini, essendo manifesto che voi siete una lettera di Cristo, che è il risultato del nostro ministero scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, e non su tavole di pietra, ma sulle tavole di un cuore di carne.

Potete capire dalle parole di Paolo che egli vede come le promesse del nuovo patto sono mantenute durante il suo ministero. Dio sta scrivendo la legge nel cuore dei credenti sotto il ministero di Paolo ed essi diventano quindi viventi lettere di raccomandazione per lui.

La Lettera contro lo Spirito

Ora i versetti 4-6:

Or questa fiducia noi l’abbiamo per mezzo di Cristo presso Dio;
non già che da noi stessi siamo capaci di pensare alcuna cosa come proveniente da noi stessi, ma la nostra capacità viene da Dio, il quale ci ha anche resi ministri idonei del nuovo patto, non della lettera, ma dello Spirito, poiché la lettera uccide, ma lo Spirito dà vita.

Qui Paolo spiega perché abbia la stupefacente convinzione di essere in verità uno strumento di Dio nel grande compimento delle promesse del nuovo patto. Questa convinzione non si fonda su nulla che provenga da lui stesso, egli afferma invece che è tutta di Dio e la prova ne è che egli non sta semplicemente trasmettendo leggi scritte o tradizioni come gli scribi o i Farisei. Piuttosto, egli predica Cristo nel ministero e potere dello Spirito. E il risultato è una nuova vita che è l'autenticazione dell'autorità di Paolo in quanto ministro del nuovo patto.

Così i versetti 1-6 terminano con il contrasto tra il codice scritto (o lettera) che uccide e lo Spirito che dona vita. Quando il problema del mondo è che gli esseri umani sono morti negli abusi e nel peccato, la soluzione non sta nelle prescrizioni dell'antico patto, bensì nel potere del nuovo patto di dare la vita. Una volta che ci sia vita, può esserci obbedienza. La legge può essere scritta nel cuore, ma dove ci sia soltanto morte spirituale, la legge può soltanto condannare e distruggere.

L'antico patto contro il nuovo

Tale contrasto viene sottolineato nei versetti 7-11:

7) Or se il ministero della morte, che era scolpito in lettere su pietre, fu glorioso tanto che i figli d’Israele non potevano fissare lo sguardo sul volto di Mosè, per la gloria del suo volto che però doveva essere annullata,

Questo si riferisce all'antico patto, l'offerta della legge sul Sinai. Fu un evento spettacolare, ma non creò vita spirituale. La legge significa morte laddove lo Spirito non risvegli il cuore.

8) quanto più glorioso sarà il ministero dello Spirito?

Notate che l'opposto del ministero della morte è quello dello Spirito, poiché questo dà la vita, come si dice nel versetto 6. Paolo crede che tale ministero, o tempo, dello Spirito sia iniziato e che sia opera gloriosa di Dio, che un giorno verrà completato con la conversione di tutto Israele e la pienezza dei gentili (Romani 11,25-27) e l'avvento del regno di Dio. Maggior gloria verrà come risultato del compimento del nuovo patto di quanta ne venne dalla preparazione di quello antico.

9) Se infatti il ministero della condanna fu circondato di gloria, molto più abbonderà in gloria il ministero della giustizia. 10) Per cui, sotto questo aspetto anche ciò che fu reso glorioso non fu veramente glorioso, se messo a confronto con la più eccellente gloria. 11) Perché, se ciò che doveva essere annullato fu circondato di gloria, sarà molto più glorioso ciò che è duraturo.

Notate prima che il nuovo patto è definito ministero di giustizia, sebbene l'antico non venga definito ministero d'ingiustizia (v.9). La legge non è ingiusta; essa è santa, giusta e buona (Romani 7,12). Il contrasto esiste tra il ministero di giustizia e quello di condanna. Il punto è che quando lo Spirito giunge e cambia il cuore della persone, queste credono e ricevono la giustizia divina come un dono; ma prima che lo Spirito cambi il cuore di una persona, vi è soltanto ribellione e il risultato è che la legge porta condanna.

L'altro contrasto da notare è che il nuovo ministero è duraturo (v.11) e perciò è molto più glorioso di quello vecchio, la cui gloria è praticamente nulla al confronto e sarà annullata.

Ora eccoci al nostro testo nel versetto 12:

Avendo dunque questa speranza, parliamo con grande franchezza.

3. Il significato di speranza e franchezza

Dovremmo ora essere in grado di capire quale speranza intenda Paolo. È la speranza della promessa del nuovo patto. È la convinzione che lo Spirito sovrano di Dio è all'opera nel suo ministero per cambiare il cuore di pietra in cuore di carne e dare la vita (v.6) e la giustizia (v.9) e la durata (v.11) a tutto il popolo di Dio. Dio è all'opera! Non solo per dirgli che cosa deve fare in tavole di pietra, ma per farlo dentro di sé!

La speranza di Paolo

La speranza di Paolo è che Dio si impegna a mantenere l'antica promessa di togliere il cuore di pietra per scrivere la propria legge nel cuore di carne (Geremia 31,33) e infondere in esso il proprio Spirito e spingerlo a seguirne i decreti (Ezechiele 36,27).

L'epoca del compimento è giunta! E la vittoria del fine di Dio è certa, poiché lo Spirito è sovrano. Egli creerà un nuovo cuore dove più lo allieterà. Egli stimolerà l'obbedienza che richiede. Egli conserverà in modo duraturo tutto quel che chiama. E la gloria della sua opera sarà grande oltre qualsiasi cosa il Vecchio Testamento abbia mai conosciuto.

Avendo dunque questa speranza, parliamo con grande franchezza.

È la speranza di un vangelo vittorioso, la buona novella che Dio Padre ha scelto il suo popolo, Dio il Figlio è morto per i peccati di questo e Dio lo Spirito Santo lo porterà alla fede e scriverà la legge divina nel loro cuore! Il vangelo compirà tutto ciò che è stato chiamato a fare. Non tornerà vuoto più di quanto la Parola di Dio possa cadere a terra. Paolo è assolutamente certo che lo Spirito di Dio conquisterà e giustificherà e conserverà per la gloria tutto quel che Dio ha scelto per se stesso. I suoi doveri di missionario non possono fallire. Per l'onnipotenza dello Spirito Santo tramite la predicazione del vangelo, tutti coloro destinati alla vita eterna crederanno (Atti 13,48). E tutto il popolo di Dio, riscattato da ogni tribù e lingua e popolo e nazione, si raccoglierà attorno all'Agnello e risplenderà come il sole nel regno del Padre.

Poiché Paolo nutre tale speranza, egli parla con franchezza.

La franchezza di Paolo

Se quella è la speranza di Paolo, dovremmo chiederci ora: "Che cos'è la sua franchezza?". La parola che Paolo usa qui ha tre connotazioni. Vi sono tre diversi aspetti della franchezza. Probabilmente vi verranno in mente se vi chiederete quale ne sia l'opposto.

1. Primo, l'opposto della franchezza è la paura o mancanza di fiducia in se stessi. Quindi uno degli aspetti della franchezza è il coraggio di essere senza paura.
  • Esempio: 1 Tessalonicesi 2,2: "Ma, dopo aver prima sofferto e aver ricevuto oltraggi a Filippi, come sapete, noi abbiamo avuto il coraggio [la stessa parola in greco!] nel nostro Dio di annunziarvi l’evangelo di Dio in mezzo a tante lotte". La franchezza ha superato la paura di soffrire la persecuzione.

2. Secondo, l'opposto della franchezza è anche la vergogna. Quindi un altro degli aspetti della franchezza è il coraggio di non provare vergogna.

  • Esempio: Filippesi 1,20: "Secondo la mia fervida attesa e speranza, (...) non sarò svergognato in cosa alcuna, ma (...) con ogni franchezza, ora come sempre, Cristo sarà magnificato nel mio corpo, o per vita o per morte". La franchezza ha superato la tentazione di provare vergogna del vangelo.

3. Il terzo aspetto della franchezza (così come in italiano, certamente anche in questa strana parola greca, parresia) è palese nel vedere come, nel Nuovo Testamento, sovente l'opposto della franchezza è parlare con circospezione e frasi a metà, comunicando in maniera indiretta, vaga, oscura. Quindi il terzo aspetto della franchezza del NT è un modo di parlare sincero, franco, aperto, diretto, genuino, semplice sulle cose di Dio. Quando una persona franca parla, la gente sa che cosa essa intenda; ha le carte in tavola; non cerca di proteggersi con oscurità, sottigliezze, eufemismi e generalizzazioni.

  • Esempio: Giovanni 10,24: "Lo circondarono dunque i Giudei e gli dissero: Fino a quando ci terrai con l’animo sospeso? Se tu sei il Cristo, diccelo apertamente". L'avverbio "apertamente" è sinonimo di francamente in tutti questi altri brani. Quindi la franchezza supera la tentazione di nascondere la verità dietro parole vaghe. Essa è aperta, semplice e diretta. Non è politica, astuta o evasiva.

Dunque, quando Paolo dice qui in 2 Corinzi 3,12 che la sua grande speranza nel compimento delle promesse di Dio lo rende franco, penso che probabilmente egli intenda soprattutto questo terzo aspetto di discorso semplice e schietto (dato che il contrasto è con il velato ministero di Mosè, vv.13 in avanti). Tuttavia, dal momento che tutti e tre i significati sono tanto strettamente collegati, penso che sarebbe giusto affermare che quel che Paolo intende dire è questo: poiché nutriamo una così grande speranza, non temiamo ciò che l'uomo può farci, e non proviamo vergogna del vangelo, e non siamo disposti a celare la Parola di Dio con generalizzazioni ed eufemismi edulcoranti che oscurano i contorni netti e chiari della verità. "Avendo dunque questa speranza, parliamo con grande franchezza".

4. La relazione tra speranza e franchezza

Il punto più importante del brano è che una grande speranza produce grande franchezza. "Avendo dunque questa speranza, parliamo con grande franchezza". Quel che cancella la paura, la vergogna e il parlare oscuro di Paolo è la totale convinzione che il nuovo patto è stato inaugurato e che egli adesso ne è parte e lo sarà quando questo giungerà all'apice della sua grande gloria. Paolo è incrollabilmente convinto del potere sovrano dello Spirito di Dio nel dare vita ai morti, intenerire i cuori induriti e giustificare il non divino. Ed egli sa che tale opera di salvezza è duratura e gloriosa oltre ogni altra opera di Dio nell'antico patto.

Se non condividiamo la franchezza di Paolo, può essere che il motivo sia la nostra ignoranza della grandezza e certezza delle promesse del nuovo patto che giungono a compimento nel nostro tempo, il ministero dello Spirito. O forse abbiamo conosciuto queste cose, ma abbiamo resistito a riporvi le nostre speranze poiché ci fanno sentire troppo piccoli e umili.

La questione dell'orgoglio è strettamente correlata a quella della speranza e franchezza. Spunta quando ci poniamo due ultime domande.

1. Qualcuno potrebbe chiedere: non vi sono persone franche che non abbiano la speranza? Non vi sono scalatori di montagne che rischino la propria vita su per pendii rocciosi, non perché sanno che la vetta è garantita, ma perché non lo è e loro vogliono farcela? Non è più ammirevole dell'essere coraggiosi sapendo che c'è qualcuno in cima a tenere le corde?

2. E la seconda domanda è: come agire perché la franchezza non si trasformi in insolenza e vanagloria?

In realtà, c'è una sola risposta a entrambe le domande. La risposta alla prima è: sì, è più ammirevole prendere rischi temerari senza che vi sia un uomo forte a tenerci saldamente sulla cima della roccia, SE il vostro scopo è quello di essere ammirati. Ma se invece è quello di scalare per gioire e mostrare la forza e l'abilità dell'uomo forte sulla cima, allora vi muoverete precisamente con gesti pericolosi di amore e giustizia perché saprete che renderanno più grande la sua fedeltà e il suo potere, non il vostro eroismo.

E ciò vale anche per la seconda domanda: come agire perché la franchezza non si trasformi in insolenza e vanagloria? Risposta: soltanto gettandovi nell'abisso in cui vostro Padre ha promesso di prendervi qualsiasi cosa accada.

Dal momento che nutriamo tale speranza, e SOLO perché nutriamo tale speranza, possiamo e dobbiamo essere franchi, senza paura nella giustizia, senza vergogna del vangelo e onesti in tutto quel che diciamo. Possa Dio agire dentro di noi secondo le promesse del suo nuovo patto.