Questa grande salvezza/Giustificati da Cristo
Da Libri e Sermoni Biblici.
Di C.J. Mahaney
su Giustificazione
Capitolo 7 del libro Questa grande salvezza
Traduzione di Porzia Persio
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Prima che Martin Lutero divenisse celebre per il suo ruolo centrale nella Riforma era noto in Europa come brillante studioso di giurisprudenza. Quel che più stava a cuore a questo monaco agostiniano era lo studio della legge di Dio nelle Scritture. Il meditare sui comandamenti divini approfondì la sua consapevolezza dell’ira di Dio. Nello studiare la persona e le opere di Gesù Cristo riconobbe in lui il Giusto che lo avrebbe giudicato alla fine dei tempi. Quel pensiero onnipresente colmava Lutero di uno smisurato senso di colpevolezza. Se i suoi contemporanei passavano pochi minuti a confessare i propri peccati, egli vi trascorreva delle ore. Qualcuno arrivò a pensare che fosse insano di mente.
Il teologo Anthony Hoekema descrive l’angoscia spirituale che portò alla grande scoperta teologica di Lutero:
Martin Lutero aveva provato di tutto: dormiva sulla nuda terra, digiunava, aveva persino salito una scalinata a Roma sulle mani e le ginocchia, ma invano. I suoi insegnanti in monastero gli dicevano che faceva abbastanza per avere l’anima in pace. Egli però non aveva pace. Il suo senso del peccato era troppo profondo. Aveva studiato i Salmi. Questi facevano spesso menzione della “giustizia divina”. Eppure questo termine lo inquietava. Pensava che significasse la giustizia punitrice di Dio, per la quale egli punisce i peccatori. E Lutero sapeva di essere tale; così quando vide la parola giustizia nella Bibbia, vide rosso. Un giorno aprì sul Libro dei Romani e vi lesse il vangelo di Cristo che è il potere divino della salvezza (1,16). Questa era la buona novella! Il versetto successivo tuttavia recitava: “Perché la giustizia di Dio è rivelata in esso”, di nuovo quella brutta parola – giustizia! E la depressione di Lutero tornò, peggiorando nel continuare la lettura sull’ira di Dio che si rivela dal cielo contro l’iniquità degli uomini (v.18). Luterò ritornò sul versetto 17. Come aveva potuto Paolo scrivere parole tanto terribili? … Improvvisamente gli si fece tutto chiaro: la “giustizia di Dio” che Paolo intendeva non era la giustizia punitrice di Dio che lo porta a punire i peccatori, bensì la giustizia che Dio offre al peccatore nel bisogno e che il peccatore accetta per fede. Essa era la giustizia immacolata e perfetta guadagnata da Cristo, che Dio magnanimemente concede a tutti coloro che credono. Lutero non doveva più cercare la base per la pace della propria anima in se stesso, nelle proprie buone azioni. Ora avrebbe potuto distogliere lo sguardo da sé e porlo in Cristo e vivere nella fede, invece di arrovellarsi nella paura. In quel momento nacque la Riforma protestante.[1]
Lutero proseguì dicendo che la dottrina della giustificazione è l’articolo sul quale la Chiesa si regge o cade. “Questo articolo è la testa e la pietra miliare della Chiesa che da solo genera, nutre, edifica e protegge la Chiesa. Senza di esso la chiesa di Dio non potrebbe sussistere una sola ora”.[2] Più avanti egli aggiunse: “Se l’articolo della giustificazione si perdesse, si perderebbe dunque tutta la vera dottrina cristiana”.[3]
Il timore dell’ira di Dio che Lutero provava era giustificato come abbiamo visto nel capitolo precedente. Tutti i cristiani devono ricordare chi e che cosa erano una volta: malvagi nel comportamento, nemici di Dio, completamente alienati da lui e oggetto della sua ira. Ma identificarsi con il passato vale fintanto che siamo più consapevoli e stupiti della nostra attuale posizione in Cristo. Dobbiamo riconoscere chi siamo adesso per il magnanimo dono divino della giustificazione.
Coloro che hanno ricevuto l’opera giustificatrice di Cristo hanno esperito un cambiamento drammatico, straordinario. Siamo stati giustificati per fede tramite la meravigliosa grazia di Dio onnipotente. Senza una precisa e provata conoscenza della giustificazione, la Chiesa “non potrebbe sussistere una sola ora”… almeno non con un qualsivoglia grado di autenticità. Neppure noi potremmo.
Posizione o processo?
Giustificazione è un termine legale che significa “pronunziare o dichiarare giustificato”. Hoekema definisce la giustificazione “un cambiamento permanente nella nostra relazione legale con Dio in cui siamo assolti dall’accusa di colpevolezza e in cui Dio ci perdona tutti i nostri peccati sulla base dell’opera compiuta da Gesù Cristo”.[4]
Sebbene colpevoli innanzi al sacro Giudice di tutti, avendone violate le leggi e meritandone l’ira, egli ci ha dichiarati giustificati. Come? Sulla base di ciò che Gesù Cristo compì sulla Croce. Solamente la Croce può renderci accettabili dinnanzi a Dio.
La giustificazione è un dono che riceviamo da Dio, non qualcosa che otteniamo o compiamo. Non siamo responsabili o in grado di contribuire alla nostra giustificazione dinnanzi a Dio. Lo status di giustificato non si può guadagnare o meritare, ma soltanto accettare e apprezzare. Riceviamo quel che Cristo, e Cristo soltanto, ha compiuto per noi.
Per capire pienamente questa vertiginosa verità è essenziale distinguere tra giustificazione e santificazione. Sebbene siano due dottrine inseparabili, dobbiamo distinguerne i rispettivi ruoli in una vita di fede.
Giustificazione significa che siamo dichiarati giustificati. Santificazione – che siamo resi giustificati (se capirete questa sola differenza, la vostra vita non sarà più la stessa!).
La giustificazione è il dono della giusizia; la santificazione ne è la pratica. Forse più criticamente, la giustificazione è una posizione - stabilita immediatamente e completamente all’atto della conversione – mentre la santificazione è un processo di cambiamento interiore e sviluppo del carattere che comincia nella rigenerazione e continua durante tutta la nostra vita. “Nelle Scritture” – scrive Sinclair Ferguson – “giustificare non significa essere resi giustificati nel senso di cambiare il carattere di una persona, ma di essere nominati giustificati per dichiarazione”.[5]
La giustificazione non è un processo. È una dichiarazione, un decreto divino che non può essere sfidato, alterato o a cui appellarsi. Paolo dichiara con enfasi: “Giustificati dunque per fede abbiamo pace presso Dio per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore” (Romani 5,1). Una tale gloriosa trasformazione non ha luogo per gradi e non è fluttuante. Non siete più giustificati in certi periodi di quanto non lo siate in altri. Non sarete mai più giustificati di quanto lo siate in questo momento. Val la pena di ripeterlo: Non sarete mai più giustificati di quanto lo siate in questo momento.
Per completare il quadro, nessuno nella storia è mai stato più giustificato di voi ora. Né Martin Lutero, né Paolo, nessun altro.
Numerosi cristiani confondono le dottrine di giustificazione e santificazione e sono di conseguenza privati dei pieni benefici che questa grande salvezza comporta. È di vitale importanza capire la differenza tra la nostra posizione (giustificazione) e la nostra pratica (santificazione). Mentre la santificazione è sia la prova, sia l’obiettivo della nostra giustificazione, non dovrebbe essere mai vista come il fondamento della nostra giustificazione dinnanzi a Dio, non importa quanto maturi siamo divenuti. Siamo incapaci di aggiungere checchessia a quanto compiuto da Cristo. Come affermato da Alister McGrath: “La sola cosa con cui potremmo davvero contribuire alla nostra giustificazione è il peccato che Dio con tanto magnanimità ci perdona”. Siamo giustificati dalla sola grazia.[6]
Frustrante e inutile
La dottrina della giustificazione esige costante rinforzo e revisione, come Martin Lutero ben sapeva. Un suo tipico consiglio schietto? “Fategliela entrare bene in testa e di continuo”.[7] Oltre all’insistita ripetizione da parte delle nostre guide, dobbiamo applicare e apprezzare la verità della giustificazione nelle nostre vite su base quotidiana. Qualora così non fosse, ci troveremmo soggetti a uno dei più temibili e insidiosi nemici della Chiesa – il legalismo.
Il legalismo implica il cercare di ottenere l’accettazione di Dio tramite la nostra obbedienza. Abbiamo due sole opzioni: o ricevere la giustizia come un dono di Dio, oppure tentare di crearla noi stessi. Il legalismo è il tentativo di venir giustificati tramite fonti diverse da Gesù Cristo e la sua opera compiuta.
Aderire al legalismo è pensare che la Croce fosse non necessaria o insufficiente (Galati 2,21; 5,2). Quella è una precisa interpretazione dei vostri motivi e azioni, anche se sottoscrivete mentalmente la necessità del sacrificio di Cristo. Nella nostra legittima ricerca di obbedienza e maturità, il legalismo ci sommerge lentamente e insidiosamente, e cominciamo a sostituire le nostre opere alla sua opera compiuta. Il risultato è l’arroganza o la condanna. Invece di crescere nella grazia, l’abbandoniamo. Paolo valutò così la chiesa dei Galati quando scrisse: “Voi che cercate di essere giustificati mediante la legge, vi siete separati da Cristo; siete scaduti dalla grazia” (Galati 5,4).
Se avete mai provato a vivere in quel modo, potreste aver appreso che il legalismo è tanto inutile quanto frustrante. Qualsiasi tentativo legalistico di giustizia è votato al fallimento. Nel corso degli anni ho imparato a riconoscere alcuni inequivocabili segni della presenza del legalismo. Eccone qualcuno:
- Avete maggior consapevolezza dei peccati che avete commesso che non della persona e dell’opera compiuta di Cristo.
- Vivete pensando, credendo e sentendo che Dio si considera deluso da voi, invece che gioire di voi. Ritenete che l’accettazione di Dio dipenda dalla vostra obbedienza.
- Non provate gioia. Questo è sovente il primo segno della presenza del legalismo. La condanna è il risultato del nostro rimuginare sulle nostre mancanze; la gioia risulta dalla considerazione della sua sufficienza.
Vi siete mai sentiti intrappolati nelle insidiose spire del legalismo? Se così fosse, attezione. Tende a diffondersi invece di rimanere confinato (Galati 5,9). Il legalismo deve essere rimosso.
Il solo modo efficace di sradicare il legalismo è mediante la dottrina della giustificazione. Se avete trascurato o ignorato tale dottrina, intraprendete dunque una qualsiasi azione drastica necessaria a cambiare le cose. Prendetevi ogni giorno del tempo per ripassare, provare e gioire in questa grande, obiettiva verità di posizione. Limitate la vostra dieta spirituale allo studio della giustificazione finché sarete certi dell’accettazione di Dio, sicuri del suo amore e liberi da legalismo e condanna. La crocifissione di Gesù Cristo fu il singolo e più decisivo evento della storia. Questo è quanto Sinclair Ferguson afferma con precisione:
Quando pensiamo a Cristo morente sulla Croce ci viene mostrata la misura dell’amore di Dio affinché torniamo a lui… Egli ci dice: Ecco quanto vi amo… La Croce è il cuore del vangelo. È quel che fa del vangelo la buona novella: Cristo è morto per noi. Ha preso il nostro posto dinnanzi allo scranno di giudice di Dio. Egli ha preso su di sé i nostri peccati. Dio ha compiuto qualcosa sulla Croce che non avremmo mai potuto fare per noi stessi… La ragione per cui ci manca la sicurezza della sua grazia sta nel non riuscire a concentrarci sul punto in cui egli ce l’ha rivelata.[8]
Su che cosa concentrerete la vostra attenzione? Sui peccati commessi, sul vostro attuale stato emotivo, su quelle parti del vostro carattere in cui avete ancora bisogno di crescere? Oppure vi concentrerete sull’opera compiuta di Cristo? Il legalismo non deve motivarvi. La condanna non deve tormentarvi. Dio vi ha giustificati.
Non discutete con il Giudice
Comprendere razionalmente la dottrina della giustificazione in sé e per sé non basta. L’intenzione di Dio è che veniamo trasformati, in modo completo, sincero e permanente, da questa dottrina centrale. J.I.Parker afferma efficacemente: “La questione non è quella di saper citare la dottrina con piena precisione biblica (il che, come abbiamo visto, richiede molta cura), ma di conoscerne la realtà per esperienza”.[9]
Il nostro obiettivo nello scrivere questo libro non è principalmente di insegnarvi a parlare di questa grande dottrina, ma che possiate esserne cambiati, che la vostra comprensione risulti nella libertà personale dal legalismo e la condanna, così come in sempre crescenti passione e amore per Gesù Cristo. È possibile essere consapevoli della giustificazione per grazia senza venirne personalmente toccati. Dobbiamo riconoscere e applicare questa magnifica verità ogni giorno, tutti i giorni.
La storia che sto per raccontare fu per me una buona lezione nel cercare di riconoscere la dottrina della giustificazione.
Durante il periodo precedente alla mia conversione, quando ero una matricola universitaria, fui arrestato per possesso di marijuana. I dettagli del processo sono ancora ben chiari nella mia mente. Seduto in tribunale di fronte al giudice, facevo del mio meglio per apparire sincero e addolorato, ma ero semplicemente spaventato. Sapevo che avrei avuto una più che buona possibilità di essere condannato e persino accusato di ulteriori misfatti.
Come era prevedibile, il mio caso non andò oltre il primo testimone. Poiché la polizia aveva perquisito la mia stanza senza i necessari documenti legali, arguì il mio avvocato, la corte avrebbe dovuto lasciar cadere l’accusa.
Il giudice ascoltava impassibile mentre il pubblico ministero obiettava e reiterava le prove a mio carico. Infine si volse a guardarmi. Si sentiva evidentemente frustrato. Non potendo assegnarmi niente di più che una reprimenda, mi ammonì nei termini più severi possibili. Tentai di apparire pentito; annuivo a ogni frase. Non ricordo però una sola parola, ero troppo agitato dal fatto che mi avrebbe lasciato andare.
Mentre subivo il processo sapevo di essere colpevole. Penso lo sapessero tutti. Ma quando il giudice mi rilasciò, non discussi con lui. Non feci appello e non richiesi al giudice di proseguire il caso. Non pretesi che trascurasse il cavillo e permettesse all’accusa di procedere. Per una volta, mi rimisi con gioia a chi deteneva maggiore autorità. Se il giudice voleva dismettere il fatto, avrei accettato più che volentieri la sua decisione.
Ognuno di noi è colpevole dinnanzi al Giudice di tutti. Ma il nostro crimine contro di lui è tutta un’altra cosa rispetto alla mia infrazione. E anche se io me la cavai per un cavillo, noi siamo stati giustificati sulla base del sacrificio sostituivo e premeditato di Cristo. Gesù Cristo rimise volontariamente e intenzionalmente la propria vita cosicché Dio potesse rimanere equo nel giustificare i colpevoli, voi e io.
Dio ci ha giustificati. Quel che resta da vedere è se accetteremo o no tale pronunciamento. Affrontiamo tale scelta ogni giorno, spesso diverse volte al giorno: accetteremo la giustificazione per fede a causa della proclamazione divina, o permetteremo a legalismo e condanna di controllarci, lasciandoci fare affidamento sulle nostre emozioni e obbedienza?
Decidete che le vostre emozioni instabili e inaffidabili non vi guideranno, né vi inganneranno. Non permettete loro di essere l’autorità ultima nella vostra vita. Credete a quel che Dio dice di voi. Non discutete con il Giudice.
Abbandonato per il nostro perdono
Iddio che vi ha creati vi accetta. Il Figlio affrontò volontariamente gli inimmaginabili orrori della Croce, abbandonato da Dio Padre e dagli uomini, affinché noi fossimo giustificati. Egli venne abbandonato perché noi potessimo essere perdonati. Egli esperì la separazione cosicché noi potessimo per sempre essere sicuri dell’amore di Dio. Egli sopportò l’ira di Dio cosicché noi non avessimo a farlo.
“Egli è stato dato a causa delle nostre offese ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione” (Romani 4,25). Voi siete stati giustificati!
Non c’è da meravigliarsi del fatto che la Riforma abbia cambiato la storia della Chiesa. Non vi è modo di delimitare questa dottrina. Una volta messa in circolazione cambierà la vita di chiunque essa tocchi, inclusa la vostra.
Discussioni di gruppo
- Nel secondo paragrafo l’autore scrive: “Non sarete mai più giustificati di quanto lo siate in questo momento”. Che effetto ha questa frase sui vostri sforzi di vivere una vita che piaccia a Dio?
- Meditate in silenzio per un paio di minuti sulla Croce. Come pensate si sentì Gesù nel capire che Dio lo aveva abbandonato?
- È possibile conformarsi troppo strettamente all’immagine di Cristo?
- Che cosa rende il legalismo un’eresia tanto insidiosa?
- Come possiamo bilanciare le dottrine di giustificazione e santificazione in modo che non scadano nel legalismo o nella licenza?
- Qual è la sola cosa con cui possiamo contribuire alla nostra giustificazione? (Un suggerimento: nulla di cui vantarsi!)
Letture consigliate
The Cross of Christ di John R.W.Stott (Downers Grove, IL: InterVarsity Press, 1986)
The Discipline of Grace di Jerry Bridges (Colorado Springs, CO: NavPress, 1994)
The Atonement di Leon Morris (Downwers Grove, IL: InterVarsity Press, 1984)
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