L'incomprensibile, perfetto amore di Cristo
Da Libri e Sermoni Biblici.
Di Joe Rigney su Santificazione e Crescita
Traduzione di Susanna Giubileo
Potete aiutarci a migliorare questa traduzione da rivedere per la precisione. Per saperne di più (English).
Il mio bambino piccolo ha un agnellino di peluche. Quando lo si stringe, l'agnellino canta: "Jesus loves me, this I know, for the Bible tells me so."
Dio mi ama. Sono parole abbastanza semplici perché mio figlio le possa capire. Dio mi ama. Parole che, secondo San Paolo, superano ogni conoscenza (Lettera agli Efesini, 3:19). L'amore di Dio è talmente insondabile che abbiamo bisogno della forza salda nello Spirito Santo per comprenderne la perseveranza, vastità, la profondità e l'elevatezza.
È una delle ragioni per cui la storia di Lazzaro nel Capitolo 11 del Vangelo secondo Giovanni è così toccante. In una parabola, possiamo osservare tanto la semplicità dell'amore di Gesù quanto la sua incomprensibilità. "Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro" (Giovanni, 11:5). Amava tutti loro. E ama tutti noi. E questo racconto dimostra quanto quell'amore possa essere sorprendente e imperscrutabile.
Indice |
Quando Gesù confonde
Tanto per rivisitare la storia, Lazzaro era malato. Le sue sorelle mandarono a chiamare Gesù, e questi affermò con decisione: "Questa malattia non porterà alla morte (...). È per la gloria di Dio" (Giovanni, 11:4). Queste parole promettono qualcosa di grandioso. Da lettori, ci aspetteremmo un segno; un atto sovrannaturale che dimostri chi è Gesù, come la trasformazione dell'acqua in vino, la guarigione di un uomo zoppo, il dono della vista a un cieco, o ancora l'aver sfamato cinquemila persone con cinque pani e due pesci.
Ma poi la confusione comincia a farsi sentire. Quando le sorelle mandarono a dire: "Signore, ecco, colui che tu ami è malato" (Giovanni, 11:3), si aspettavano chiaramente che Gesù venisse subito. Lui, al contrario, si attardò. "Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava" (Giovanni, 11:6). Aspettò altri due giorni dopo aver appreso la notizia. Strano.
Quando Gesù informò i discepoli, le sue parole furono alquanto enigmatiche: "Lazzaro, il nostro amico, si è addormentato; ma io vado a svegliarlo" (Giovanni, 11:11). Signore, se si è addormentato, si salverà. "Lazzaro è morto (...)." Insomma, stava parlando di sonno o di morte? Strano.
Sin dall'inizio, le reazioni emotive di Gesù lasciano perplessi. Disse ai discepoli: "Lazzaro è morto, e io sono contento per voi di non essere stato là" (Giovanni, 11:14--15). Sul serio? Il nostro amico è morto e tu sei felice? Non ha senso. Ma quando arrivò fu sconvolto, e scoppiò in pianto (Giovanni, 11:33--35). Se era felice, perché mettersi a piangere? Se ora piange, perché aveva detto di essere felice? Strano.
Davanti al sepolcro, Gesù ordinò di rimuovere la pietra tombale (Giovanni, 11:38--39). Ma Lazzaro era morto da quattro giorni. Morto stecchito. La sua anima aveva lasciato il corpo ed era andata in cielo. Il suo corpo aveva cominciato a decomporsi nella tomba. Perché rimuovere la pietra tombale adesso? Strano.
E c'è un pensiero sconcertante che aleggia sull'intero racconto. Entrambe le sorelle di Lazzaro lo espressero ad alta voce.
Marta esclamò: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!" (Giovanni, 11:21).
Maria disse la stessa cosa: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!" (Giovanni, 11:32).
Tale ripetizione è eloquente, non vi pare? Di cosa dovevano avere parlato le due sorelle nei quattro giorni precedenti? Cosa si dovevano essere dette in continuazione di fronte alla tragedia? "Se solo fosse stato qui."
Finalmente, a questo punto il gruppo in lutto formulò la domanda che permeava l'intera parabola: "Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?" (Giovanni, 11:37).
E dunque, sebbene le parole di Gesù a inizio racconto ci avessero promesso qualcosa di grandioso, un segno che mostrasse la sua gloria, i personaggi della storia erano ormai nella confusione più totale. L'intero racconto appare privo di senso. E la confusione dei personaggi è importante, perché la maggior parte di noi si trova nella loro stessa condizione.
La condizione in cui siamo
Ognuno di noi ha a che fare con difficoltà, tribolazioni, sofferenza, afflizione. E per i cristiani che credono in Gesù in quanto Essere onnipotente, onnisciente e infinitamente buono, spesso la cosa peggiore è appunto tale confusione. Che si tratti di malattie (cancro, ictus, malattie inspiegabili, dolori cronici); che si tratti della morte di qualcuno che amiamo (un genitore, un figlio, un fratello o una sorella, un amico); che si tratti di persecuzione, oppressione, opposizioni o inimicizie; che si tratti di ansia, dubbi o depressione, questo è quel che sappiamo:
- Gesù può rimediare. Lui è onnipotente. Sappiamo che potrebbe porre rimedio a qualunque cosa, se volesse.
- Nella sua compassione, Gesù ha risolto problemi del genere per altre persone: dopotutto, ha guarito il cieco. Ha guarito il figlio dell'ufficiale romano. Questo è ciò che volevano Maria e Marta. Ed è quello che vorremmo anche noi.
- Gesù mi ama.
- Eppure, la malattia è sempre presente, la morte ha comunque colpito, la persecuzione si è intensificata e l'oscurità non è svanita.
Continuiamo a chiedere: "Gesù, non avresti potuto prevenire tutto questo?" Come le due sorelle, ripetiamo senza fine: "Se solo fossi stato qui..."
Questa è la condizione in cui siamo. Ci troviamo nell'oscurità, nella confusione, nelle speranze deluse e nei desideri inesauditi; negli enigmi, nelle domande, nel dubbio. Ci troviamo nei lunghi giorni che si contano fra il nostro messaggio a Gesù ("Colui che ami è malato") e il suo disorientante arrivo, più avanti. Questa è la situazione in cui si trovavano anche Marta e Maria. E tuttavia Giovanni sottolinea fin dall'inizio che "Gesù amava Marta e Maria e Lazzaro." Dov'è dunque l'amore di Gesù in questa storia? L'amore di Gesù risiede in otto parole chiave.
L'Amore Di Gesù È Attesa
La prima parola è "così" (Giovanni, 11:6). È la parola più sconcertante di tutta la parabola. Gesù amava Marta e Maria e Lazzaro. Così, quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava. Li amava, perciò rimase. L'amore di Gesù gli impedì di curare Lazzaro e risparmiare a tutti loro la settimana più lunga della loro vita.
Alcuni traduttori della Bibbia non sopportano quella parola. Trascrivono: "Gesù li amava, eppure, quando lo seppe, rimase due giorni di più." In altre parole, nonostante il suo affetto per loro, rimase. Ma queste non sono le parole di Giovanni. Giovanni scrisse: Li amava, perciò rimase. Li amava, perciò lasciò che Lazzaro morisse. Lasciò che Maria e Marta si crogiolassero nel lutto; nelle lacrime, nella confusione, nelle loro domande senza risposta. Se Gesù fosse stato qui... Perché non c'era? Perché non è arrivato subito?
Perché ti ama, Marta. E ama te, Maria. E ama anche te, Lazzaro. La parola "quando" ci insegna che l'amore di Gesù sta nell'attesa.
L'amore di Gesù è pianto
Al secondo posto abbiamo altre quattro parole: "Gesù scoppiò in pianto" (Giovanni, 11:35). Anche questo è amore. La folla lo capì immediatamente. Quando Gesù pianse davanti al sepolcro di Lazzaro, i Giudei infatti esclamarono: "Guarda come lo amava!" (Giovanni, 11:36). E in questo risiede la sfera emotiva, così meravigliosamente complessa e virtuosa, del nostro Signore.
Da una parte, Gesù dice ai discepoli: "Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là" (Giovanni, 11:14--15). È felice di avere aspettato, proprio perché li ama. Poi, quando arriva, scoppia in pianto: e anche questo è perché li ama. E non solo: Gesù è profondamente commosso; è letteralmente turbato (Giovanni, 11:33). Gesù non rimase indifferente al dolore di Marta e Maria. Le vide piangere, e si turbò alla vista di quanto il peccato e la morte avessero devastato le persone che amava.
È di vitale importanza tenerlo a mente. È vero, l'amore di Gesù sta nell'attesa. Esulta nell'attesa, persino: tuttavia, questo non vuol dire che sia insensibile alla nostra sofferenza. Quando ci rivolgiamo a lui nella confusione e nel dubbio (Dov'eri? Perché non hai fatto nulla?), Egli non ce lo rimprovera. Ci risponde: "Vi capisco. Il vostro dolore è grande. Sono con voi e per voi. Offritemi la vostra confusione. È vero, ho aspettato. Ma sono rimasto con voi, perché vi amo. "
L'Amore di Gesù Salva Dalla Morte
Infine, ecco altre tre parole: "Lazzaro, vieni fuori!" (Giovanni, 11:43). Anche questo è amore: l'amore di Gesù, che salva dalla morte eterna. Gesù non si limita ad aspettare e a scoppiare in pianto. Entra in azione. Compie un segno che rivela la Gloria di Dio, perché il Figlio di dio possa essere glorificato per mezzo di essa. Dopo aver aspettato; dopo aver pianto, egli ordinò infatti ai discepoli di rimuovere la pietra tombale, e pregò ad alta voce; così che tutti fossero al corrente di cosa sarebbe successo (Giovanni, 11:41--42). Poi rivolse lo sguardo al sepolcro e gridò a gran voce: "Lazzaro, vieni fuori!"
E Lazzaro venne fuori. I Padri fondatori della Chiesa hanno sottolineato quanto sia importante che Gesù abbia chiamato Lazzaro per nome. Se non l'avesse fatto; se avesse semplicemente detto "Vieni fuori", tutti i sepolcri si sarebbero aperti, e la Risurrezione dei morti sarebbe avvenuta già allora. Tale è il potere di Gesù Cristo. Egli ha invece chiamato un solo uomo per nome, e quell'uomo è uscito barcollando dalla tomba, fasciato dalle proprie vesti sepolcrali. E, alla faccia dell'incredulità altrui, Gesù disse: "Liberàtelo e lasciàtelo andare" (Giovanni, 11:44).
Voi Credete Questo?
Questo amore profondo, radicale e spesso irragionevole è il cuore di tutta la storia. L'attesa, gli enigmi, la confusione, il dolore, la risurrezione: tutto questo faceva parte di un piano per portarci a una comprensione più profonda; per farci sapere che l'amore di Cristo supera la nostra comprensione: non solo Egli ci ama, non solo Egli può qualunque cosa, non solo Egli può far risorgere i morti: Egli stesso è la risurrezione e la vita.
Io sono la risurrezione e la vita. Chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno. Credi questo? (Giovanni, 11:25--26)
Questa è la via che Gesù aveva mostrato a Marta. "Credi Questo? Pur con la morte di tuo fratello, sapendo che avrei potuto impedirla... Marta, tu credi questo? "
Gesù si presenta dunque oggi davanti a noi. E, mentre noi stiamo accovacciati a terra con Marta nella confusione, Lui, nel Suo amore per noi, ci pone la stessa domanda: "Voi credete questo?" Quando il cancro persiste, quando la malattia è ancora sconosciuta, quando i mal di testa non passano, quando il dolore resta opprimente, quando l'opposizione non cede, quando l'oscurità non svanisce, quando i dubbi continuano a gravare su di noi, quando la salma è ancora nella tomba... Quando Gesù non c'è. In questi momenti, prima di far risorgere i morti, Gesù ci chiede: "Voi credete questo?"
Perché Vi Ama
Gesù amava Marta e Maria e Lazzaro. E ama voi. E proprio perché vi ama, potrebbe aspettare. Potrebbe guidarvi attraverso sofferenze, perdite e dolori di inimmaginabile intensità. Quando lo fa, è perché vi ama; e sarà con voi sempre e comunque. E un giorno farà risorgere i morti, perché vi ama. Cancellerà ogni male e asciugherà ogni lacrima.
Nel frattempo, vi porterà a una comprensione più profonda del Suo amore, perché Lui vi ama. Rivelerà a voi la Sua gloria nel mezzo del dolore e del pianto.
Jesus loves me, this I know, for the Bible tells me so.
Voi credete questo?