Perché lavoriamo giorno e notte
Da Libri e Sermoni Biblici.
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Versione corrente delle 19:15, 7 giu 2016
Di David Mathis su Lavoro e Vocazione
Traduzione di Ihiri Haswani
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Ogni tanto è bene fare una pausa e chiedersi il perché delle cose che facciamo.
Per coloro tra di noi che fanno una pausa dalle fatiche quotidiane durante la Festa del Lavoro, ecco qui una triade di incoraggiamenti dell'apostolo Paolo che ricordano ai cristiani perché lavorano.
1) Lavoriamo per non essere un peso per gli altri. (2 Tessalonicesi 3:8)
“E non abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato con fatica e travaglio giorno e notte, per non essere di peso ad alcuno di voi”. La stessa cosa vale per i vestiti, un riparo e Internet. Una delle motivazioni cristiane per lavorare è di essere in grado di provvedere a noi stessi e alle nostre famiglie (1 Timoteo 5:8) e non essere un peso per gli altri.
Paolo narra di quando si trovava con il suo gruppo tra i Tessalonicesi: “e non abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato con fatica e travaglio giorno e notte, per non essere di peso ad alcuno di voi” (2 Tessalonicesi 3:8). Hanno lavorato giorno e notte, facendo tende mentre predicavano del Cristo crocifisso, per non essere di peso agli altri.
È tragico quando i cristiani si approfittano degli altri. È un vero peccato quando il mondo ha questa impressione di noi perché alcuni che proclamano Gesù prendono alla leggera il Suo insegnamento. Certo, ci sono momenti in cui la malattia, l’invalidità o altre circostanze ci impediscono di lavorare, ma in generale, i seguaci del Carpentiere che sono abili lavorano per provvedere alle loro esigenze e non diventare un peso per gli altri.
2) Lavoriamo per essere in grado di condividere con gli altri. (Efesini 4:28)
Questo secondo testo va oltre al precedente. Non solo noi cristiani non vogliamo essere un peso per gli altri, ma vogliamo andare oltre a questo e provvedere non solo ai nostri bisogni, ma acquisire abbastanza per poterlo condivide con gli altri.
In Efesini 4:28, Paolo scrive: “Chi rubava non rubi più, ma piuttosto si affatichi facendo qualche buona opera con le proprie mani, affinché abbia qualcosa da dare a chi è nel bisogno”. Ecco il Vangelo trasformante della grazia al lavoro, che non si ferma solo a ciò che è giusto, ma lo sorpassa, per essere nella posizione di poter mostrare agli altri la misericordia.
La visione cristiana del lavoro è profondamente orientata verso gli altri. Non solo non vogliamo essere di peso agli altri, ma vogliamo sollevare i loro fardelli. La prospettiva cristiana è di non occuparsi solo del proprio fardello, ma di essere in grado di aiutare gli altri con il loro, specialmente quando si è in grado di dare liberamente agli altri dal proprio cuore, senza essere obbligati dalle terze parti che prendono da coloro che lavorano e danno a coloro che non lavorano.
3) In Gesù, la nostra fatica non è vana. (1 Corinzi 15:58)
Questo terzo e ultimo testo è pertinente, in particolar modo, al “ministero” cristiano: aiutare gli altri, in parole e opere, in modo esplicito, nel nome di Gesù. Ecco il forte e potente incoraggiamento di 1 Corinzi 15:58: “Perciò, fratelli miei carissimi, state saldi, irremovibili, abbondando del continuo nell'opera del Signore, sapendo che la vostra fatica non è vana nel Signore”.
È una cosa profonda sapere che le nostre fatiche non sono invano, essere certi che i nostri sforzi e la nostra energia non sono sprecati ed essere sicuri che il nostro lavoro è importante. Perché? “Nel Signore”: in Gesù, concentrati su di Lui, potenziati attraverso di Lui, intenti a dare a Lui la gloria.
Che Dio ci dia la volontà di riposare bene oggi, e poi la grazia di tornare a lavorare domani, per la nostra gioia, per il bene degli altri e per la gloria di Colui che ha lavorato per la nostra salvezza eterna.