Il Raro Gioiello dell'Appagamento
Da Libri e Sermoni Biblici.
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Versione corrente delle 16:54, 9 mar 2012
Di D.A. Carson
su Contentezza
Una parte della serie Southern Cross
Traduzione di Elisabetta Bigon
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Nascosto alla fine della lettera di Paolo ai Filippesi, c'è un mezzo verso che è spesso citato, ma a volte fuori contesto. «Ho imparato il segreto di essere appagato in ogni situazione» (Libera traduzione) (Filippesi 4: 12). In un'epoca di scontentezza, e di malessere senza radici, dovremmo ben riflettere su ciò che i Puritani erano soliti chiamare “il raro gioiello della sazietà cristiana” (espressione che, naturalmente, dava il titolo al libro di Jeremiah Burroughs). E' possibile che non si riesca a trattare responsabilmente l'intero argomento da questo passaggio, tuttavia è un eccellente punto da cui iniziare. Cinque osservazioni ci aiuteranno a mettere a fuoco cosa dobbiamo apprendere, con le nostre teste e nella nostra esperienza, da questa sezione delle Scritture.
1. Non dobbiamo dedurre che c'è qualche esoterico “segreto” nell' appagamento cristiano. La New International Version potrebbe lasciarvi con questa impressione. «Ho imparato il segreto di essere soddisfatto» - come se fosse un modo per scoprire qualcosa di misterioso o segreto che il generale modo di vivere dei Cristiani non potrebbe scoprire. Ho imparato “il segreto” con il quale gli illusionisti apparentemente fanno "librare in aria" i loro assistenti, e passano un cerchio su di essi per “provare” che non ci sono meccanismi di sospensione: la maggior parte della gente non sa quale sia il “segreto”. Ma non si potrebbe parlare in modo responsabile del “segreto dell'appagamento” nello stesso senso. Non c'è traccia di questo concetto nella versione originale. L'idea, piuttosto, è che Paolo abbia imparato come essere felice in tutte le circostanze. La NIV ha parafrasato il passaggio per includere la parola “segreto”, ma nonostante questa interpretazione renda la lettura più semplice, alla parola “segreto” non si dovrebbe dare affatto peso. Quello che questo passaggio mette in risalto non è appannaggio esclusivo dei Cristiani che percorrono un percorso interiore, Cristiani che sono uno o due gradini avanti rispetto al gruppo, per mezzo della virtù della loro conoscenza speciale, ma è qualcosa che in linea di principio è aperto a tutti i credenti.
2. Tuttavia, non tutti i cristiani respirano appagamento. Lo stesso Paolo ha imparato ad essere soddisfatto, nel corso di un ministero molto diversificato. La parola chiave è “imparare”: «So che cosa significa essere nel bisogno, e so il significato di abbondanza. Ho imparato il segreto di essere soddisfatto in ogni situazione, nella sazietà o nella fame, nell'abbondanza o nell'indigenza» (Libera traduzione - Filippesi 4: 12). Nel flusso della sua argomentazione, Paolo certamente ci fa comprendere che egli ha “imparato” cosa sia l'appagamento vivendo periodi di prosperità e periodi di indigenza. Non sta suggerendo, naturalmente, che tutti coloro che vivono simili circostanze impareranno ad essere appagati. Sta suggerendo che egli stesso ha imparato la sazietà, nella Provvidenza di Dio, nel corso di diverse situazioni che egli ha esperito. Non è difficile capire perché. Il ricco pagano o il ricco laico è improbabile che siano appagati; il ricco Cristiano può raggiungere un certo tipo di appagamento, essendo sinceramente grato a Dio per tutti i buoni doni di cui lui, o lei, gode. Ma sarà molto difficile per questi Cristiani essere subito appagati nel caso fossero improvvisamente spogliati dei loro beni materiali. Anche se sono abbastanza maturi da evitare di chiedersi se si tratta di una punizione, e da evitare di struggersi per il passato, essi hanno alcune importanti riconsiderazioni da fare.
D'altra parte, i credenti veramente poveri, anche se per mezzo della grazia di Dio hanno evitato la gelosia ed hanno imparato a dilettarsi per il modo in cui Dio provvede a loro, e a pensare più amorevolmente alle glorie future nel nuovo paradiso e nella terra precisamente perché la loro attenzione non è stata deviata da tante cose scintillanti, i cristiani veramente poveri possono sentirsi molto turbati nel caso divenissero improvvisamente ricchi. Potrebbero esserne imbarazzati; potrebbero sentirsi in colpa. Per quanto possa sembrare strano, essi erano appagati quando erano poveri; ora non lo sono più.
Ricordo un missionario ritornato in Canada verso il 1950. Era stato in Cina per un ventennio. Lui e la sua grande famiglia furono internati dai giapponesi, e soffrirono molto. Liberati alla fine della seconda guerra mondiale, essi continuarono nel loro ministero in condizioni difficilissime fino a quando non furono espulsi dai comunisti cinesi - uno degli ultimi missionari occidentali ad essere cacciato. Ma quando ritornò in Canada, invece di assumere un ufficio pastorale in una delle molte chiese che lo richiedevano, lavorò per due anni come operaio in una ferrovia. Anni dopo mi disse che aveva sentito il bisogno di un periodo di riassestamento, in modo da non essere troppo critico nei confronti dei cristiani canadesi, i quali non avevano mai affrontato il tipo di privazione che avevano sopportato lui e la sua famiglia, ma che certamente avevano affrontato un tipo di sfide e tentazioni di cui lui sapeva poco. Successivamente egli servì fruttuosamente come pastore per quasi trent'anni. Era un uomo saggio: egli sapeva che l'appagamento cristiano, spesso, deve essere appreso da entrambi gli estremi, sia nell'abbondanza che nell'indigenza.
3. Chiaramente, il minimo che Paolo sta dicendo è che il suo appagamento cristiano non dipende da circostanze di tipo fisico. Il suo appagamento non dipende da quanto ricco egli sia, o da qualche spiritualità alla rovescia, o da quanto svantaggiato egli sia. Il suo pensiero è che il proprio appagamento è indipendente dalle circostanze di tipo fisico. I Filippesi furono testimoni di una straordinaria maturità di Paolo a questo riguardo, la prima volta in cui egli visitò la loro città. Arrestati e picchiati selvaggiamente, lui e Silas, con le gambe ai ceppi, cantarono preghiere a Dio a mezzanotte, sfidando le normali convenzioni. Senza dubbio in questo caso essi videro le loro sofferenze come un segno di onore, come fu per i primi apostoli, che si rallegrarono quando furono considerati degni di patire la disgrazia nel nome di Dio (Atti degli Apostoli 5:41). Ma l'appagamento di Paolo non lo abbandona neppure quando sta attraversando un periodo di relativa abbondanza o relativa indigenza. In questo passaggio, Paolo non spiega esplicitamente che cosa lo fa andare avanti.
Dando un'occhiata all'intera epistola, scopriamo moltissimi indizi. La sua passione è quella di conoscere Cristo, la potenza della sua resurrezione e la fratellanza della condivisione delle sue sofferenze (3: 10). Egli riconosce pienamente di fungere da modello per i credenti di tutte le chiese (3: 17). Ricevendo così tanto beneficio dal vangelo (2: 1-4), egli riconosce il proprio obbligo a seguire Cristo in modo sincero, ed in particolare di seguirlo in un atteggiamento fondamentale che non si ferma ai diritti e ai privilegi, ma che attende la rivendicazione finale di Dio. (2: 5-11). Infatti, ciò che Paolo, in modo zelante, attende non è ulteriore abbondanza di beni materiali, bensì il ritorno di Cristo, il quale un giorno trasformerà i nostri umili corpi in modo da renderli come il suo glorioso corpo (3: 20-21).
Con simili prospettive, è del tutto comprensibile che Paolo sia appagato in ogni circostanza. Il suo appagamento non può essere comprato da circostanze esterne transitorie, poiché tutte le sue speranze e il suo intero cuore sono legati a realtà a questo punto non visibili. Indubbiamente, potremmo trovare altre ragioni, in questa sua lettera, sul motivo per cui Paolo dà voce a questa posizione. Ad esempio, egli crede chiaramente che Dio abbia un sommo controllo, ed agisce sicuramente non solo per la sua gloria, ma anche per il bene del suo popolo, non preoccupandosi di quanto tristi possano essere le presenti condizioni (Romani 8:28).
Da questo, potremmo concludere che il passare attraverso diverse esperienze nella vita, non sarà usato da Dio per renderci degli appagati seguaci di Gesù Cristo, senza considerare le nostre condizioni fisiche, a meno che, allo stesso tempo, le nostre speranze ed aspirazioni non siano speranze del Vangelo, aspirazioni cristocentriche.
4. La fermezza di Paolo si volge a Dio che gli dà forza. (4: 13). Dopo aver insistito che egli ha appreso il modo per essere appagato in ogni circostanza, Paolo scrive, «Tutto posso in colui che mi dà la forza» (4: 13).
È importante riconoscere che cosa questo verso non dice.
Paolo non sta ribadendo che egli riesce a comprendere tutto di fisica nucleare o dei cicli di vita delle tartarughe di mare, che egli è in grado di camminare sull'acqua o costruire un reattore a fusione fredda, attraverso Cristo che gli dà forza. Non dà qui neppure spiegazione su come si riesca a manipolare le persone affinché facciano cose che probabilmente non farebbero. Voi sapete il tipo di cose che ho in mente: il guida cristiana che incalza Ms Brown affinché insegni in una classe di ragazzi di quarta elementare (sebbene essa senta di non avere né il dono per farlo né la vocazione) nel senso che ella possa fare tutto attraverso Cristo che le dà forza. Senza dubbio “il tutto” è ampio come quello che Dio realmente vuole che noi facciamo. Ma il “tutto” di Paolo è limitato dal contesto: egli può vivere la propria vita con appagamento non curandosi dei benefici delle sue creature, in ogni circostanza, attraverso Cristo, che gli dà la forza.
È quest'ultima frase la più importante. Paolo non sostiene che egli può vivere con appagamento perché ha esperito abbastanza, o perché è abbastanza disciplinato, o perché ora è abbastanza spirituale. Egli si rende conto che la sua risoluzione e maturità nella questione dell'appagamento sono completamente dipendenti da Cristo. Senza la forza di Cristo, le esperienze di vita di Paolo sarebbero inadeguate a renderlo una persona appagata. Questo non è se non un particolare compimento di ciò che l'apostolo aveva insegnato in precedenza nella sua lettera: dove le virtù cristiane abbondano, dove la risoluzione cristiana prevale, là troviamo la prova che Dio sta operando tra la sua gente, affinché essa agisca secondo il suo disegno (2: 12-13).
5. Il comportamento di Paolo non deve essere confuso con stoica indipendenza delle circostanze. Paolo è impegnato in senso emotivo, così come intellettuale: leggete, ad esempio, il pathos emotivo che caratterizza le sue relazioni con i credenti Filippesi, persino le sue preghiere per essi (ad esempio 1: 3-8). Anche in questo contesto, in Filippesi 4, Paolo sta ringraziando i Filippesi per il loro recente dono (4: 10) e sta insistendo sul fatto che quando egli esprime i propri ringraziamenti non sta segretamente insistendo sul fatto che essi dovrebbero dargli di più (4: 11). Lontano da questo: non potrebbe chiedere di più, quando egli è soddisfatto così com'è (4: 12-13). In ogni caso, egli è più interessato alla benedizione di Dio che cadrà su di essi per via della loro generosità, che non al dono stesso (4: 17).
Ciò che questo suggerisce è che l'appagamento cristiano di Paolo non deve essere confuso con una risoluzione sgradevole, una fermezza di carattere, o con una freddezza spassionata e disimpegnata, cosa che alcuni sbagliano considerando qualcosa di genuino. Tutto questo è appassionatamente cristocentrico; esso cerca, in modo diligente, il bene degli altri credenti; questo è esposto nel contesto dell'amore più tenero per gli altri cristiani.
Pregate Dio affinché il raro gioiello dell'appagamento cristiano diventi un po' meno raro.