La felicità di Dio: fondamento dell'edonismo cristiano
Da Libri e Sermoni Biblici.
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Versione delle 03:05, 29 ott 2011
Di John Piper
su l'edonismo cristiano
Una parte della serie Desiring God
Traduzione di Porzia Persio
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Geremia 32,36-41
Perciò ora così dice l’Eterno, il DIO d’Israele, riguardo a questa città, di cui voi dite: «Essa sarà data in mano del re di Babilonia, per mezzo della spada, della fame e della peste»: 37 «Ecco, li radunerò da tutti i paesi dove li ho dispersi nella mia ira, nel mio furore, nella mia grande indignazione; li farò tornare in questo luogo e li farò abitare al sicuro. 38 Essi saranno per me il mio popolo e io sarò per loro il loro DIO. 39 Darò loro un solo cuore, una sola via, perché mi temano per sempre per il bene loro e dei loro figli dopo di loro. 40 Farò con loro un patto eterno: non mi ritirerò più da loro, facendo loro del bene, e metterò il mio timore nel loro cuore, perché non si allontanino da me. 41 Gioirò nel far loro del bene e li pianterò stabilmente in questo paese con tutto il mio cuore e con tutta la mia anima».
Una volta, durante una funzione domenicale, avevo accennato all'edonismo cristiano e un genitore poco dopo mi si era avvicinato dicendomi: "Ma lo sa che nostra figlia pensava che parlasse di paganesimo cristiano?" (N.d.T.: in inglese Hedonism [edonismo] e Heathenism [paganesimo] hanno una pronuncia molto simile, facilmente confondibile). So bene che, pur pronunciandolo con chiarezza (edonismo cristiano), qualcuno tra voi forse coglierà ancora "paganesimo", perché ritenete che l'edonismo sia una filosofia di vita pagana. E probabilmente avete ragione, in quanto il significato più diffuso di edonismo è quello di ricerca del piacere e indifferenza morale. In 2 Timoteo 3,4 Paolo ci avvertì che negli ultimi giorni gli uomini sarebbero stati "amanti dei piaceri invece che amanti di Dio", proprio quel che siamo ora.
Paganesimo cristiano?
Due anni fa, Daniel Yankelovitch pubblicò un libro intitolato New Rules: Searching for Self-Fulfillment in a World Turned Upside Down (Nuove regole: la ricerca dell'autorealizzazione in un mondo alla rovescia), in cui afferma, in base a estensive ricerche, interviste e sondaggi su scala nazionale, che nella nostra cultura si sono verificati enormi cambiamenti e che la ricerca comune di una personale autorealizzazione ha generato un nuovo complesso di regole che governano il nostro modo di pensare e sentire in quanto americani. L'autore scrive: "Nella loro forma estrema, le nuove regole capovolgono semplicemente quelle vecchie e invece dell'antica etica di autonegazione, vediamo persone che rifiutano di negare a se stessi qualsiasi cosa, non per uno sconfinato appetito, ma in base allo strano principio morale che recita 'Lo devo a me stesso'" (p. XVIII). L'autore ci racconta di una giovane donna intorno ai 35 anni che si lamentava con il proprio psicoterapeuta di sentirsi sempre più nervosa e agitata perché la sua vita era diventata estremamente frenetica: troppi fine settimana impegnati, troppe discoteche, troppe ore piccole, troppe chiacchiere, troppo vino, troppa "erba", troppo sesso. "Perché non smette, allora?", le suggerì discretamente il terapeuta. La paziente lo fissò con aria vacua per un istante, poi si ravvivò in viso, come colpita da un'illuminazione: "Vuol dire che in realtà non devo fare quello che voglio?", proferì sorpresa. Il marchio di fabbrica dei nuovi cercatori dell'autorealizzazione consiste "nell'agire sulla premessa che i desideri emotivi siano oggetti sacri e che sia un crimine contro natura non soddisfare i propri bisogni emotivi" (p. 59). "La nostra è la prima epoca in cui decine di milioni di persone offrono a giustificazione morale dei propri atti l'idea che l'io interiore e presumibilmente più 'reale' non sia in accordo con la funzione sociale assegnatagli".
Forse la relazione in cui i cercatori dell'autorealizzazione e le loro nuove regole hanno causato il maggior scompiglio è il matrimonio. Yankelovitch dimostra buon discernimento quando scrive: "Un matrimonio riuscito è intessuto di numerosi fili di desiderio inibito - l'accettazione dei desideri dell'altro; l'accettazione della violazione dei propri desideri; ingoiare le delusioni; evitare il confronto; sorvolare sull'irritazione; abbandonare le possibilità di autoespressione. Permettere alla potente urgenza dell'autorealizzazione di introdursi in questo processo è come toccare con una scopa una delicata ragnatela. Tutto quel che rimane è una sostanza vischiosa sulla scopa; la struttura della ragnatela è ormai distrutta" (p. 76).
Per questo provo una profonda simpatia per quelli di voi che sono liberi dalla nostra cultura quel tanto che basta per reagire alla parola edonismo dicendo: "Basta! Le nostre case, scuole, aziende, la nostra società vengono distrutte dagli edonisti cercatori dell'autorealizzazione che non hanno né il coraggio morale, né tantomeno la capacità di autonegazione, d'impegno strenuo e devozione sacrificale che tengono insieme le preziose strutture della vita e donano nobiltà alla nostra cultura. Non ci serve l'edonismo; dobbiamo tornare alla rettitudine, all'integrità, alla prudenza, alla giustizia, alla temperanza, alla forza, all'autocontrollo!". Credetemi, forse ci siamo più vicini di quanto non pensiate. Tutto ciò che vi chiedo è di prestarmi ascolto a mente aperta e attenta per nove settimane, prima di emettere il verdetto finale sull'edonismo cristiano.
Esempi biblici di edonismo cristiano
A volte un'immagine vale mille parole astratte. Quindi, invece di offrirvi una precisa definizione dell'edonismo cristiano, fatemi cominciare con alcuni esempi biblici. David ci spinge all'edonismo cristiano quando afferma: "Prendi il tuo diletto nell’Eterno ed egli ti darà i desideri del tuo cuore" (Salmi 37,4). Ci mostra inoltre il cuore dell'edonismo cristiano quando supplica: "Come la cerva anela ai rivi delle acque, così l’anima mia anela a te, o Dio. L’anima mia è assetata di Dio, del Dio vivente" (Salmi 42,1-2). Mosè era un edonista cristiano (secondo Ebrei 11,24-27) poiché respingeva i "fugaci piaceri" del peccato e "stimando il vituperio di Cristo ricchezza maggiore dei tesori di Egitto, perché aveva lo sguardo rivolto alla ricompensa". I santi in Ebrei 10,34 erano cristiani edonisti perché sceglievano di mettere a repentaglio la propria vita per visitare i cristiani incarcerati e accettavano con gioia il saccheggio dei propri averi, poiché sapevano di avere un tesoro ben più grande ed eterno. L'apostolo Paolo lodava l'edonismo cristiano quando scriveva in Romani 12,8: "Colui che fa opere di pietà le faccia con gioia". E Gesù Cristo, pioniere e maestro della nostra fede, stabilì il modello più alto di edonismo cristiano perché "il suo diletto sarà nel timore dell'Eterno" (Isaia 11,3) e per la gioia che fu stabilità prima di lui, egli patì sulla croce, disprezzando il vituperio, e fu posto a sedere alla destra del trono di Dio (Ebrei 12,2).
L'edonismo cristiano ci insegna che il desiderio di felicità ci è donato da Dio e non dovrebbe essere negato o frustrato, bensì diretto a Dio per venir soddisfatto. L'edonismo cristiano non dice che tutto quel di cui godiamo è buono. Dice che Dio vi ha mostrato quel che è buono e farlo dovrebbe darvi gioia (Michea 6,8). E dal momento che fare la volontà di Dio dovrebbe darvi gioia, la ricerca della gioia è parte essenziale di ogni sforzo morale. Se abbandonate la ricerca della gioia (rifiutando perciò di essere un edonista nella mia accezione del termine), non potrete compiere la volontà di Dio. L'edonismo cristiano afferma che i santi più devoti di ogni epoca non trovano contraddittorio dire da una parte: "Siamo tutto il giorno messi a morte; siamo stati reputati come pecore da macello" (Romani, 8,36) e dall'altra: "Rallegratevi di continuo nel Signore e lo ripeto ancora: rallegratevi" (Filippesi 4,4). L'edonismo cristiano rifiuta la cultura dell'autogratificazione che vi rende schiavi dei vostri impulsi peccaminosi. L'edonismo cristiano esige che non ci conformiamo a quest'epoca, ma che ci trasformiamo, rinnovando la nostra mente (Romani 12,2) così da poter prendere diletto nel fare la volontà del nostro Padre nei cieli. Secondo l'edonismo cristiano, la gioia in Dio non è la facoltativa ciliegina sulla torta della cristianità. Se ci riflettete bene, la gioia in Dio è parte essenziale della fede salvifica.
Oggi mi propongo di svelare per voi il fondamento dell'edonismo cristiano: la felicità di Dio. Cercherò di sostenere tre osservazioni dalle Scritture: 1) Dio è felice perché prende diletto in sé; 2) Dio è felice perché è sovrano; 3) la felicità di Dio è il fondamento dell'edonismo cristiano perché si riversa come misericordia su di noi.
Dio prende diletto in sé Innazitutto, Dio è felice perché prende diletto in sé. Dio sarebbe ingiusto se valutasse qualcosa più di quel che è supremamente valido, ed egli è supremamente valido. Se egli non prendesse infinito diletto nella propria gloria, sarebbe ingiusto, poiché è giusto prendere diletto in una persona in modo proporzionale all'eccellenza della sua gloria. Le Scritture abbondano di testi che mostrano come Dio agisca costantemente per amore della propria gloria. "Per amore di me stesso, per amore di me stesso faccio questo; come potrei infatti lasciar profanare il mio nome? Non darò la mia gloria ad alcun altro" (Isaia 48,11).
Lo stesso accade quando riflettiamo sulla relazione tra Dio Padre e Dio Figlio. Qui c'è un mistero che va al di là dell'umana comprensione e devo ammettere che i nostri sforzi teologici per descrivere l'autocoscienza di Dio e la sua relazione con la Trinità sono come i balbettii di un infante sul proprio padre. Tuttavia, persino dalla bocca di un bambino può provenire la saggezza, se seguiamo le Scritture. Queste ci insegnano che Gesù Cristo, il Figlio di Dio, è Dio (Giovanni 1,1), e in Ebrei 1,3 si dice che "Egli è lo splendore della sua gloria e l’impronta della sua essenza". 2 Corinzi 4,4 parla della gloria di Cristo che è immagine di Dio. Da questi passaggi apprendiamo che da tutta l'eternità Dio Padre contemplava l'immagine della propria gloria rappresentata perfettamente nella persona del Figlio suo. Perciò, uno dei modi migliori per riflettere sull'immensa felicità di Dio nella sua gloria è di pensarla come il diletto che egli prende in suo Figlio che è immagine di quella gloria. Quando Gesù entrò nel mondo, Dio Padre disse: "Questi è il mio amato Figlio, nel quale mi sono compiaciuto" (Matteo 3,17). Quando Dio Padre contempla la gloria della propria essenza nella persona del Figlio suo, egli è infinitamente felice. "Ecco il mio servo, che io sostengo, il mio eletto in cui la mia anima si compiace" (Isaia 42,1). Dunque, la prima osservazione è che Dio è felice perché prende diletto in sé, specialmente poiché la sua natura è riflessa nell'amato Figlio suo.
Dio è sovrano
In secondo luogo, Dio è felice perché è sovrano. Il Salmo 115,3 dice: "Il nostro Dio è nei cieli; egli fa tutto ciò che gli piace". Nel versetto è sottinteso che la sovranità di Dio è il suo diritto e potere di fare tutto quel che lo rende felice. Il nostro Dio è nei cieli, egli sta su tutte le cose e non è soggetto a nessuno. Dunque egli fa tutto ciò che gli piace, agisce sempre per difendere la propria suprema felicità. Dio è felice perché i suoi giusti atti, sempre compiuti per amore della propria gloria, non possono mai venir resi vani oltre la sua volontà. Isaia 43,13: "Io sono Dio e prima dell’inizio del tempo io sono sempre lo stesso, e nessuno può liberare dalla mia mano; quando io opero, chi può ostacolarmi?". Isaia 46,10: "Il mio piano sussisterà e farò tutto ciò che mi piace". Daniele 4,35: "Egli agisce come vuole con l’esercito del cielo e con gli abitanti della Terra. Nessuno può fermare la sua mano o dirgli 'Che cosa fai?'". Possiamo quindi essere sicuri che Dio è infinitamente felice perché, in quanto Creatore, ha diritto e potere assoluto di superare ogni ostacolo alla propria gioia.
Val la pena aprire qui una digressione su come può essere felice il buon Dio, quando il mondo è colpito dal male e dalla sofferenza. È un interrogativo enorme e arduo. Due cose mi vengono in soccorso: una è che non si aiuta la reputazione di Dio affermando che in realtà non ne è responsabile. Se qualcuno avesse tentato di consolarmi nel dicembre 1974, quando mia madre morì in un incidente d'autobus, dicendomi: "Dio non voleva che ciò accadesse; confida ancora in lui; egli è buono", io avrei replicato: "Non mi consola pensare che Dio è così debole da non riuscire a evitare i tronchi su un camion". Il mio Dio è sovrano. Ha portato via mia madre quando era scritto e io credo adesso, e un giorno vedrò, che ciò era bene. Perché ho appreso in Gesù Cristo che Dio è buono. La soluzione biblica al problema del male non è depredare Dio della sua sovranità.
La seconda osservazione è che il comportamento di Dio negli eventi tragici dipende dal fuoco della lente. Dio non si compiace della sofferenza e del male in se stessi. Quando la sua lente è ristretta ed è concentrata solo su quello, egli può colmarsi di disgusto e dolore, ma quando apre la lente e considera tutte le implicazioni e gli effetti di un evento, anche con riguardo all'eternità, l'evento è parte di un tessuto o mosaico in cui egli si compiace e che vuole. Per esempio, la morte di Cristo fu opera di Dio Padre. "Noi lo ritenevamo colpito, percosso da Dio e umiliato... Piacque all’Eterno di percuoterlo, di farlo soffrire" (Isaia 53,4-10). Eppure di sicuro, allorché Dio Padre vide l'agonia del suo diletto Figlio e la malvagità che lo portò sulla croce, egli non si compiacque di tali cose in se stesse. Dio di per sé aborre il peccato e la sofferenza degli innocenti, tuttavia, secondo Ebrei 2,10, Dio Padre riteneva tale sofferenza appropriata per rendere perfetto il Pioniere della nostra salvezza attraverso di essa. Dio voleva ciò che egli aborre nella vista ristretta perché in quella ampia dell'eternità era il modo più adatto a dimostrare la sua giustizia (Romani 3,25 e seguenti) e condurre il suo popolo alla gloria (Ebrei 2,10). Quando Dio nella sua onniscienza passa in rassegna la distesa della storia di redenzione dall'inizio alla fine, egli gioisce di quel che vede. Perciò, concludo dicendo che nulla in tutto il mondo può frustrare la completa felicità di Dio. Egli si compiace infinitamente nella propria gloria e, nella propria sovranità, egli fa tutto quel che gli piace.
La felicità di Dio si riversa come misericordia su di noi
Giungiamo ora all'osservazione finale: la felicità di Dio è il fondamento dell'edonismo cristiano perché la sua felicità si riversa come misericordia su di noi. Riuscite a immaginare che accadrebbe se il Dio che governa il mondo non fosse felice? Che succederebbe se Dio fosse incline a brontolare, mugugnare e rabbuiarsi su nel cielo come il gigante della fiaba di Giacomino e i fagioli magici? Che succederebbe se Dio fosse demoralizzato, cupo, tetro, insoddisfatto, avvilito e frustrato? Potremmo forse affermare con David: "O Dio, tu sei il mio Dio, io ti cerco al mattino; l’anima mia è assetata di te, a te anela la mia carne in terra arida e riarsa, senz’acqua" (Salmi 63,1)? Assolutamente no! Avremmo con Dio la stessa relazione che i figli avrebbero con un padre cupo, tetro, insoddisfatto e frustrato. Non vi sarebbe gioia e cercherebbero di evitarlo, forse tentando di farlo sentire meglio. Perciò il fondameno dell'edonismo cristiano è di essere felici in Dio, di dilettarsi in Dio, di averlo caro e gioire nella sua vicinanza. I figli però non possono gioire della vicinanza del proprio padre se egli è cupo, tetro e frustrato. E dunque la base e il fondamento dell'edonismo cristiano è che Dio è il più felice degli esseri.
C'è un altro modo per dirlo. Perché un peccatore ricerchi la gioia in Dio, deve essere fiducioso del fatto che Dio non lo respingerà quando verrà a cercare perdono e vicinanza. Come possiamo venir incoraggiati a pensare che Dio ci tratterà con misericordia quando ci pentiremo dei nostri peccati e verremo a cercare gioia in lui? Riflettete su questo incoraggiamento da Geremia 9,24: "Io sono l’Eterno, che esercita la benignità, il diritto e la giustizia sulla terra; poiché mi compiaccio in queste cose, dice l’Eterno". Dio mostra misericordia perché si compiace di essa. Dio non è tenuto a salvarci da principi o regole formali. Egli è così pieno di vita e gioia nella propria gloria che l'apice del suo piacere è di inondarci di misericordia. La base della nostra fiducia nella misericordia di Dio è che egli è un perfetto cristiano edonista. Egli si compiace soprattutto della propria divina eccellenza e la sua felicità è così piena da esprimersi nel piacere che egli prova condividendola con gli altri.
Ascoltate il battito del cuore del perfetto edonista celeste in Geremia 32,40-41. Perché Dio compie il bene? Come s'impegna ad amarvi? Ascoltate:
Farò con loro un patto eterno: non mi ritirerò più da loro, facendo loro del bene, e metterò il mio timore nel loro cuore, perché non si allontanino da me. Gioirò nel far loro del bene e li pianterò stabilmente in questo paese con tutto il mio cuore e con tutta la mia anima.
Dio vi fa del bene perché ne gioisce così tanto! Egli s'impegna ad amarvi con tutto il suo cuore e con tutta la sua anima. La felicità di Dio che si riversa in amore gioioso è fondamento ed esempio di edonismo cristiano.
Concludo con un invito. Queste preziose e sorprendenti promesse del favore di Dio non sono per tutti. C'è una condizione. Non si tratta di una condizione di lavoro o di pagamento. Un sovrano infinitamente felice non vuole il vostro lavoro e possiede già ogni vostra risorsa. La condizione è che voi diveniate edonisti cristiani, che smettiate di cercare di pagarlo o lavorare per lui o affaccendarvi per lui, e cominciate invece a cercare con tutto il vostro cuore l'incomparabile gioia della vicinanza del Dio vivente.
Egli non si compiace nella forza del cavallo, Né prende alcun piacere nelle gambe dell’uomo. L’Eterno prende piacere in quelli che lo temono, In quelli che sperano nella sua benignità (Salmi 147,10-11).
La condizione per ereditare tutte le promesse di Dio è che ogni speranza di felicità che riponete in voi stessi, nella vostra famiglia, nella gioia e nel piacere sia affidata a lui. "Prendi il tuo diletto nell’Eterno ed egli ti darà i desideri del tuo cuore" (Salmi 37,4).