Sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente
Da Libri e Sermoni Biblici.
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Versione delle 15:00, 27 set 2011
Di John Piper
su Coscienza
Una parte della serie Romans: The Greatest Letter Ever Written
Traduzione di Paola Mastrorilli
Romani 14:1-9
Quanto a colui che è debole nella fede, accoglietelo, ma non per discutere opinioni. L’uno crede di poter mangiare di tutto, mentre l’altro, che è debole, mangia legumi. Colui che mangia di tutto non sprezzi colui che non mangia di tutto; e colui che non mangia di tutto non giudichi colui che mangia di tutto: perché Dio l’ha accolto. Chi sei tu che giudichi il domestico altrui? Se sta in piedi o se cade è cosa che riguarda il suo padrone; ma egli sarà tenuto in piè, perché il Signore è potente da farlo stare in piè. L’uno stima un giorno più d’un altro; l’altro stima tutti i giorni uguali; sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente. Chi ha riguardo al giorno, lo fa per il Signore; e chi mangia di tutto, lo fa per il Signore, perché rende grazie a Dio; e chi non mangia di tutto fa così per il Signore, e rende grazie a Dio. Poiché nessuno di noi vive per se stesso, e nessuno muore per se stesso; perché, se viviamo, viviamo per il Signore; e se moriamo, moriamo per il Signore; sia dunque che viviamo o che moriamo, noi siamo del Signore. Poiché a questo fine Cristo è morto ed è tornato in vita: per essere il Signore e de’ morti e de’ viventi.
Oggi ci occuperemo dei versetti 5-9 de I Romani 14. Va ricordato che una delle cose che colpiva maggiormente dei versetti 1-4 era come Paolo utilizzava importanti verità teologiche per minimizzare controversie su questioni di minore importanza all’interno della Chiesa. Il tema centrale del versetto 2 era: “L’uno crede di poter mangiare di tutto, mentre l’altro, che è debole, mangia legumi”, perciò denunciava tensioni tra carnivori e vegetariani. Il problema probabilmente non erano le scelte alimentari o l’amore per gli animali, ma il dubbio se il consumo di carne fosse associato a comportamenti peccaminosi come i sacrifici. Ad ogni modo, alcuni cristiani si sentivano liberi di mangiare carne (Paolo li definisce “i forti”) mentre altri se ne astenevano (Paolo li chiama “i deboli”). Paolo aveva affrontato la questione con una serie di negazioni al versetto 3: “Colui che mangia di tutto, non sprezzi colui che non mangia di tutto; e colui che non mangia di tutto, non giudichi colui che mangia di tutto: perché Dio l’ha accolto” e con asserzioni al versetto 1, invitando a un’accettazione reciproca che prescinda da queste faccende. Ecco qual era la sua esortazione in casi del genere.
Indice |
Importanti verità teologiche per un’integrazione delle divergenze
Ora, dobbiamo ammettere che la questione non costituisce un problema insormontabile. Santo cielo, si tratta di mangiare o meno carne! Eppure da qui sono nati sentimenti negativi, rotture di rapporti, divisioni intestine alla Chiesa e fraintendimenti del messaggio cristico. Perciò, per quanto la questione di per sé sia di poco conto, senza una riflessione strutturata può trasformarsi in qualcosa di terribile. Ed è per offrire una struttura di pensiero opportuna, che Paolo usa importanti verità teologiche. Ecco di cosa tratta questo intero capitolo.
Paolo si richiama a tre grandi verità per affrontare questo problema secondario. Nella seconda metà del versetto 3, ci invita a non giudicare il prossimo rispetto a queste cose “perché Dio l’ha accolto”. Il significato profondo dell’essere cristiani è la giustificazione per fede. Dio ha giustificato il prossimo in base alla sua fede, rispetto alla quale l’ha considerato giusto e l’ha accettato. Badate quindi a non trattarlo in modo diverso. 2) Nella seconda metà del versetto 4, leggiamo: “Chi sei tu che giudichi il domestico altrui? Se sta in piedi o se cade è cosa che riguarda il tuo padrone”. Perciò la seconda grande verità cui Paolo fa riferimento è che il prossimo dovrà rendere conto della sua vita al Signore, e non a voi, al momento del Giudizio. È quindi auspicabile che vi concentriate su voi stessi piuttosto che sugli altri. 3) Nella seconda metà del versetto 4, Paolo esprime la sua visione radicale della perseveranza dei santi – quelli imperfetti e in disaccordo tra loro – secondo la quale noi saremo sostenuti saldamente nel giudizio. “Ma egli sarà sostenuto [letteralmente: sarà tenuto in piedi (da Dio)], perché il Signore è potente da farlo stare in piedi.” Il futuro dei credenti non è a libera disposizione. È Dio che nel giorno finale ci reggerà e sosterrà in piedi.
Paolo pone quindi l’accento su queste importanti verità teologiche per fornire un quadro in cui dirimere piccole controversie dei credenti su questioni marginali che però, se non sostenute da una visione centrata su Dio, possono creare grossi danni.
Ora, nei versetti 5-9 Paolo fa la stessa cosa. Solleva differenze marginali invitandoci a prendere delle posizioni in merito (anche se divergenti) e contestualizza il tutto sullo sfondo di tematiche importanti quali la vita e la morte. Cominciamo così a comprendere che la sua soluzione alle spaccature provocate da cose di poco conto è di affrontarle tenendo a mente e centrandosi su quelle più importanti.
Divergenze sui giorni
Il versetto 5 recita: “L’uno stima un giorno più d’un altro; l’altro stima tutti i giorni uguali”. La prima questione ha quindi a che fare con le differenze nel modo di considerare e vivere certi giorni. Per la prossima settimana ho in programma di affrontare il rapporto tra questo versetto e le celebrazioni del sabato e del Giorno del Signore. Per ora soffermiamoci sul chiaro riferimento alle differenze con cui le persone considerano le celebrazioni.
Ho conosciuto cristiani che si rifiutavano di celebrare il Natale, la Pasqua e tutti i compleanni per motivi religiosi. Paolo dovette affrontare problemi simili con i Galati e i Colossesi. Galati 4:10-11: “Voi osservate giorni, mesi, stagioni e anni! Io temo di essermi affaticato invano per voi”. Colossesi 2:16-17: “Nessuno dunque vi giudichi quanto al mangiare o al bere, o rispetto a feste, o a noviluni o a sabati che sono l’ombra di cose che dovevano avvenire, ma il corpo è di Cristo”. Perciò il primo problema che solleva nei versetti di oggi è la risoluzione dei contrasti nella comunità su come considerare e vivere certi giorni.
Divergenze sui cibi
La seconda questione ha a che fare con l’antico dilemma del mangiare o meno certi cibi, che emerge nella seconda metà del versetto 6: “E chi mangia di tutto, lo fa per il Signore, perché rende grazie a Dio; e chi non mangia di tutto fa così per il Signore, e rende grazie a Dio”.
Sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente
In questo testo emergono quindi due tipi di controversie tra i cristiani: come considerare certi giorni e se mangiare determinati cibi. Qual è il consiglio di Paolo a riguardo? Nei versetti 1-4 era di non disprezzare né giudicare il prossimo, perché sta solo a Dio accoglierlo, giudicarlo e sostenerlo. Qui dice qualcosa di diverso. La seconda metà del versetto 5 recita: “Sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente”. Un messaggio notevole, giacché sembra complicare piuttosto che risolvere il problema. Accertiamoci di averlo colto. Versetto 5: “L’uno stima un giorno più d’un altro; l’altro stima tutti i giorni uguali; sia ciascuno pienamente convinto nella propria mente”.
Non è ciò che mi sarei aspettato. Paolo non sta facendo una sorta di concessione, non sta dicendo che tutti possono avere le loro idee, bensì che tutti devono essere pienamente convinti nella loro mente. È un ordine, non un permesso: “Che ciascuno sia pienamente convinto nella propria mente” (hekastos en tö idiö voi plërophoreisthö). È la stessa frase usata ne I Romani 4:21, dove c’era scritto che Abramo “fu fortificato per la sua fede dando gloria a Dio ed essendo pienamente convinto che quanto Egli aveva promesso era anche capace di portarlo a compimento”; la stessa idea che ricorre ne I Romani 14:23: “Ma chi è nel dubbio, mangiando si condanna, perché non agisce per fede; tutto quello, infatti, che non viene dalla fede è peccato”. In altre parole, le questioni di minore importanza non possono essere affrontate con fede cedevole e convinzioni labili, bensì chiare e decise.
Complicare invece che risolvere il problema?
Ora, il motivo per cui questo messaggio mi spiazza è che sembra intricare invece che sbrogliare la matassa. Nella nostra comunità ci sono gruppi che discutono su quali siano i giorni da considerare sacri e su come viverli, ma anche su quali cibi vadano evitati. I loro sentimenti a riguardo sono molto forti e cominciano a sfociare in discorsi o comportamenti che dal punto di vista relazionale distruggono la vera fratellanza (esprimono cioè parole di biasimo, giudizi e intolleranza). E Paolo invece di dire: “Rilassatevi, sono questioni che non hanno importanza né meritano intransigenza”, scrive: “Ciascuno sia pienamente convinto nella propria mente”. A prima vista è come cercare di spegnere un incendio con un secchio di benzina, come dire: “Voi che litigate per cose di poco conto, rafforzate le vostre convinzioni! Non perdetevi in chiacchiere. Non siate neutrali. Non tergiversate. Restate pienamente convinti dei vostri pensieri! Prendete tutti una posizione”.
Pertanto le parole di Paolo sembrano suggerire a questi cristiani che il modo per andare tutti d’accordo in nome di Cristo e della verità non sia di avere esitazioni su questioni secondarie. La risposta ai giudizi, al disprezzo o all’intolleranza altrui non è l’esitazione, né il dubbio, l’indecisione o l’insicurezza su cosa fare. Questo creerebbe un certo clima di pace, visto che chi non ha opinioni tende a essere piuttosto accomodante, ma Paolo evidentemente crede che il rimedio a tali controversie non sia l’esitazione, nemmeno se riguarda problemi marginali! Quando soppesa i rischi di una personalità dubbiosa, incapace di sostenere le proprie idee, contro quelli di una che nutre convinzioni nette su tutte le questioni secondarie, lui sceglie i secondi. Infatti, è questi che difende: “Ciascuno sia pienamente convinto nella propria mente”.
Pertanto qual è il rimedio di Paolo alle tensioni create da cristiani determinati, che hanno convinzioni forti ma divergenti su problemi irrilevanti? Come evitare che diventino fonte di divisioni? Se il suo consiglio non è di sdrammatizzare, allora qual è la soluzione?
“Ciascuno sia pienamente convinto…” di cosa?
La prima parte della risposta emerge chiarendo di cosa dobbiamo “essere pienamente convinti”. “Ciascuno sia pienamente convinto…” di cosa? Penso che la risposta sia: io sono pienamente convinto che ciò che difendo è 1) non empio, 2) onora Cristo e 3) il modo per me migliore di agire in questa situazione. È una parte della soluzione, poiché Paolo non ci invita a credere che il nostro sia l’unico modo possibile per onorare Dio o evitare il peccato. È il modo migliore in cui pensiamo di poter agire.
Paolo si richiama alle grandi verità attraverso tre passaggi
Questo però risolve il problema solo in parte, perché per quanto teoricamente possiamo essere aperti ad altri comportamenti rispetto al nostro, è davvero difficile non considerarli imperfetti e quindi non cominciare a giudicare, disprezzare o separare. Perciò per dirimere completamente la questione, Paolo si richiama alle grandi verità della gloria di Dio, della vita e della morte, della crocifissione e resurrezione. Lo fa in tre passaggi, vediamo in che modo. Per essere conformi alla volontà del Signore dobbiamo sì essere convinti delle nostre scelte, ma ricordiamo anche che dinanzi a problemi minori Cristo può essere e sarà glorificato da chi la pensa in modo diverso.
Passaggio 1: I veri cristiani, di entrambe le fazioni, glorificano Dio in quello che fanno
Primo, nel versetto 6 Paolo afferma semplicemente, ma in modo radicale, che i veri cristiani di entrambe le fazioni glorificano Dio in quello che fanno: “Chi ha riguardo al giorno, lo fa per il Signore; e chi mangia di tutto, lo fa per il Signore, perché rende grazie a Dio; e chi non mangia di tutto fa così per il Signore, e rende grazie a Dio”. Un messaggio certamente non facile da comprendere. Se abbiamo realizzato la nostra piena convinzione domandandoci: “Cosa posso fare per onorare il Signore in questa situazione?”, e decidendo: “Non berrò questo. Non mangerò quello. Non farò questo, non indosserò quello o non mi recherò in quel luogo”, non sarà per niente facile credere che chi sceglie un comportamento diametralmente opposto al nostro possa farlo “in onore di Dio” o che Gesù ne sarà magnificato.
Ovviamente non tutto si può fare alla gloria di Dio. Non possiamo uccidere o rubare o commettere adulterio o essere arroganti, né tantomeno diventare vittime del desiderio in Suo nome. Ci sono però centinaia di cose su cui possiamo divergere, rispetto alle quali entrambi i modi di comportarci possono rendergli gloria. Il primo passaggio della risposta di Paolo è quindi l’affermazione radicale che i gruppi cristiani in contrapposizione su questioni marginali possono fare cose opposte pur agendo entrambi alla gloria di Dio. Possono glorificarlo sia mangiando sia astenendosi. Possono nutrirsi ringraziandolo per il cibo ricevuto, o digiunare benedicendolo perché dà loro sostentamento anche nell’astinenza.
Passaggio 2: Le cose opposte come mangiare/non mangiare e morte/vita possono entrambe onorare il Signore
Dunque, nel suo secondo passaggio Paolo ci sbalordisce con un’affermazione che ha davvero dell’incredibile, ovvero che le cose opposte come mangiare e non mangiare possono entrambe onorare il Signore. E lo fa sollevando il tema della vita e della morte. La prima metà dei versetti 7 e 8 recita: “Poiché nessuno di noi vive per se stesso, e nessuno muore per se stesso (7); poiché nessuno di noi vive per se stesso, e nessuno muore per se stesso (8)”. Perché parla di vita e di morte in questo contesto? Secondo me perché la vita e la morte sono gli opposti estremi corrispondenti agli atti del mangiare e astenersi.
I vivi hanno un corpo che può godere dei piaceri della vita (il cibo, il bere, l’esercizio fisico, il sesso, l’aria fresca autunnale), invece negati ai morti chiusi nelle tombe. La morte (per un periodo, fino alla resurrezione) è la massima espressione del digiuno dai doni mondani. Per questo Paolo tocca gli estremi, vita e morte, sostenendo che i credenti esperiscono entrambe, non una soltanto, “per il Signore”. Cioè, per la Sua gloria, per manifestarne l’infinita grandezza. Quindi, come la vita e la morte – radicalmente differenti, se non opposte – possono entrambe rappresentare la magnificenza di Cristo, così Cristo può sentirsi glorificato dalle vostre piccole divergenze sul consumo di carne o la celebrazione di certi giorni. È lo farà.
Passaggio 3: Tramite la resurrezione di Cristo, sia i vivi che i morti possono manifestare la Sua infinita potenza
Come terza cosa, Paolo getta le basi profonde di questa sua convinzione. Nei versetti 8 e 9 dice: “Sia dunque che viviamo o che moriamo, noi siamo del Signore. […] Poiché a questo fine Cristo è morto ed è tornato in vita: per essere il Signore e de’ morti e de’ viventi”. A chi domanda: “Com’è possibile che due approcci al mondo radicalmente differenti – come quello del vivo che, grato al Signore, gode delle cose belle della vita e quello del morto, recluso in una tomba senza possibilità di mangiare o bere o gustare alcunché – possano entrambi manifestare l’infinita grandezza di Cristo?”, Paolo risponde che Cristo è morto e risorto per distruggere il potere della morte e rendere i vivi e i morti sua proprietà. Perciò, i vivi vivono alla Sua gloria alla stregua dei morti. I vivi lo magnificano glorificando il Suo creato, i morti ritenendo la Sua grandezza superiore a tutti i piaceri mondani.
Riepilogo
Riepilogando quindi: Paolo affronta il problema delle divergenze su questioni marginali come la celebrazione di certi giorni e il cibo. Invece di dire: “Non preoccupatevi, sono piccolezze” o “Rilassatevi”, esorta a essere “ciascuno pienamente convinto nella propria mente”. Per lui vale la pena correre il rischio di essere sicuri di sé e delle proprie scelte, piuttosto che l’opposto.
Ma come risolve il rischio di conflitto quando molte persone sono “pienamente convinte” che le loro scelte siano non solo rette e degne di Dio, ma anche le migliori per affrontare una data situazione? Asserisce in modo netto che i comportamenti opposti – mangiare e non mangiare – possono entrambi magnificare Cristo. In supporto a questa affermazione radicale, si richiama agli opposti estremi – la vita e la morte – e al più importante evento della storia: “Perché a questo scopo Cristo è morto e risorto, cosicché fosse il Signore sia dei morti che dei vivi”.
I vivi lo magnificano rendendogli gloria per tutti i suoi doni. I morti glorificano la Sua grandezza sopraelevandolo su tutti i piaceri di cui non possono più godere.
Perciò, non vi dirò: “Rilassatevi” o: “Non perdetevi in piccolezze”, ma piuttosto: “Assoggettatevi a Cristo risorto che trarrà la Sua gloria dai vivi come dai morti, da colui che mangia e da colui che digiuna, da colui che osserva i giorni e da chi non lo fa. Assoggettatevi a Gesù Cristo. Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate alcun’altra cosa, fate tutto alla gloria di Dio” (I Corinizi 10:31).