Le tradizioni degli uomini

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English: The Traditions of Men

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Di Jerry Bridges su Santificazione e Crescita
Una parte della serie Tabletalk

Traduzione di Federica Meccariello

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Ogni struttura sociale possiede alcune regole che definiscono i comportamenti accettabili o meno per i suoi membri. In ufficio oppure a scuola dobbiamo vestirci adeguatamente, le gare di atletica sono soggette a regole. Tutti gli organismi governativi possiedono delle leggi. Nella famiglie ben gestite i genitori insegnano ai figli le buone norme di comportamento. Più di ogni altro, Dio pone delle regole per la Sua gente, che possiamo trovare nella Bibbia. Nel Salmo 119 queste sono chiamate in vari modi: “leggi”, “statuti”, “precetti” e “comandamenti”.

Se le regole sono comuni a tal punto e fanno parte di ogni struttura della società, perché il problema della legge viene spesso caricato di una valenza emotiva e diviene elemento di divisione tra i Cristiani? Perché ci irrigidiamo così tanto sulle regole che guidano la famiglia di Dio? Uno dei motivi è l’aggiunta delle nostre norme a quelle divine. Come i Farisei al tempo di Gesù, tentiamo di aiutarLo aggiungendo ai Suoi alcuni precetti umani.

Eppure, Gesù rimproverò aspramente i Farisei poiché insegnavano, ponendoli alla stregua di dottrine (cioè di legge divina), i comandamenti degli uomini (Marco 7:5 – 8). Il Suo rimprovero rimane valido anche per noi poiché spesso siamo tentati di elevare le nostre leggi umane al livello delle Scritture. Quando agiamo in questo modo siamo colpevoli di vincolare le coscienze laddove Dio non si è espresso. Possiamo chiamare questo fenomeno “legalismo pratico”.

Da dove vengono queste leggi create dagli uomini? Molte derivano da quelle che qualcuno ha chiamato “siepi”. Una siepe è una restrizione istituita in buona fede per aiutarci ad evitare il peccato vero. Una sera, solo in una stanza d’albergo, facevo zapping alla televisione cercando un po’ di svago innocente. Ovviamente, non stavo commettendo un peccato. In ogni caso, mi sono soffermato su un programma che si è rivelato essere sessualmente stimolante. Quel programma televisivo ha stimolato la mia natura di peccatore. Come risultato di quell’incidente ho alzato la mia siepe personale. Mi sono impegnato con me stesso a non accendere la TV quando sono solo a meno che non desideri guardare un programma specifico.

Sospetto che molti Cristiani abbiano eretto le loro siepi personali in diverse aree della vita. Queste siepi non sono un male in sé stesse: possono aiutarci ad evitare un peccato vero ma possono portarci anche al legalismo laddove le innalziamo al livello di leggi divine, cioè quando cerchiamo di applicare a tutti le nostre restrizioni personali.

Per esempio io credo che la Bibbia insegni la moderazione piuttosto che l’astinenza dalle bevande alcooliche, però, a causa della grande diffusione del consumo di alcool nella nostra società, molti di noi hanno deciso di praticare l’astinenza. È una siepe che abbiamo eretto ed è una siepe perfettamente legittima fintantoché la applichiamo soltanto a noi stessi. Ma quando giudichiamo gli altri Cristiani che hanno deciso di praticare la temperanza anziché l’astinenza abbiamo elevato le nostre convinzioni personali al livello di leggi divine. Stiamo praticando il legalismo.

L’apostolo Paolo dovette affrontare un altro problema legato al legalismo nella sua epoca, che chiamò “criticare le opinioni” (Rom. 14:1). In apparenza le questioni sono due: il cibarsi o meno di carne e l’osservanza religiosa di alcuni giorni particolari (Rom. 14:2, 5). La risposta di Paolo è duplice. Prima di tutto dobbiamo renderci conto che Dio ci ha dato facoltà di avere opinioni diverse riguardo alle questioni che non sono trattate nelle Scritture. Secondariamente, non dobbiamo giudicare o disprezzare coloro che hanno idee differenti dalle nostre.

Astenersi dal giudicare le persone che la pensano diversamente da noi è una delle cose più difficili. Troviamo difficile credere che una pratica che noi consideriamo peccato non sia considerata tale da tutti. Eppure Paolo ha scritto “Sia ciascuno pienamente convinto nella sua mente” (Rom. 14:5).

Oggigiorno è normale che le persone si vestano in maniera informale in Chiesa ma io sono cresciuto in un’epoca in cui le persone indossavano “il vestito della domenica”: di conseguenza ho covato a lungo un atteggiamento critico nei confronti di chi si presentava in Chiesa vestito in modo sportivo, considerandola una mancanza di rispetto nei confronti di Dio. Sono dovuto arrivare alla conclusione, però, che la questione non è trattata nelle Scritture e quindi devo riconoscere agli altri la stessa libertà che concede loro Dio, altrimenti finisco con il cadere nel legalismo.

Alcune differenze di opinione, come per esempio riguardo la questione del vestiario, tendono ad essere generazionali, altre sono di tipo geografico. Io sono cresciuto in una Chiesa dove i ragazzi e le ragazze non potevano fare il bagno al mare insieme, eppure era considerato del tutto accettabile il fatto che una donna si truccasse. Più tardi, quando sono cresciuto, ho frequentato una Chiesa sulla West Coast che era conservatrice tanto quanto quella in cui sono cresciuto. Qui i ragazzi andavano regolarmente in spiaggia insieme come parte delle loro attività giovanili, ma le donne che si truccavano erano considerate “superficiali”. Sono sicuro che chi in passato ha imposto le due diverse restrizioni abbia avuto i suoi buoni motivi ma, alla resa dei conti, quello che ha fatto è stato elevare i propri dettami a quelli di Dio.

Immagino che il sacerdote che ha deciso che i ragazzi commettessero peccato nel nuotare insieme temesse gli sguardi lussuriosi. È vero che si tratta di un peccato da cui Gesù ha messo specificatamente in guardia in Matteo 5:27–28 ma il divieto riguardo al nuoto non ha scalfito la pratica, molto più pericolosa, del toccarsi e baciarsi in un’automobile parcheggiata.

Questo mette in evidenza un altro problema riguardo alle regole stabilite dagli uomini. Oltre a vincolare le nostre coscienze in campi a proposito dei quali Dio non si è espresso, spesso falliscono nel centrare il vero problema. Le regole semplicemente non sono in grado di far fronte ad ogni situazione. I ragazzi possono trovare decine di posti che non siano la piscina per lanciare i loro sguardi lussuriosi, per non parlare del problema delle auto e dei parcheggi. Perciò invece di creare una regola per cui si vieta il nuoto con le persone di sesso opposto dovremmo aiutare i giovani a ricavare dalla Bibbia alcuni principi sulla purezza riguardo al sesso. Possiamo indirizzarli verso i passaggi della Scrittura come Timoteo 2:22 “Ma fuggi gli appetiti giovanili” ed aiutarli ad identificare le situazioni dalle quali devono astenersi. Quando facciamo questo li stiamo aiutando ad individuare qualsiasi situazione in cui la loro lussuria potrebbe essere stimolata e a trattenersi.

La soluzione a tutto il “legalismo pratico” delle regole stabilite dall’uomo sta nello sviluppare e insegnare convinzioni che siano tratte dalla Bibbia. Se la Bibbia non proibisce una pratica, neanche noi dobbiamo. Allo stesso tempo dovremmo concentrarci su quello che la Bibbia invece insegna. Per esempio, si focalizza sull’importanza dell’autocontrollo. Ci insegna che, se mangiamo o beviamo, dovremmo farlo per la grazia di Dio (1 Cor. 10:31). Chi beve il suo bicchiere di vino dovrebbe farlo per glorificare Dio, e allo stesso modo l’uomo che mangia la sua bistecca.

Quindi, sia che guardiamo la televisione, che facciamo nuotate con il sesso opposto o ci trucchiamo, possiamo sempre applicare questa regola biblica: posso fare questo per la gloria di Dio? Infine dobbiamo accettare il fatto che, come dice Paolo nella 14° epistola ai Romani, la risposta a questa domanda potrebbe non essere la stessa per tutti. Questo è il modo in cui possiamo evitare il legalismo pratico delle regole istituite dagli uomini.