Amore: l'Opera dell'edonismo cristiano

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Versione delle 18:58, 25 ago 2010

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English: Love: The Labor of Christian Hedonism

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Di John Piper su l'edonismo cristiano
Una parte della serie Desiring God

Traduzione di Elena Mordenti

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2 Corinzi 8:1-2, 8 La benevolenza disinteressata verso Dio è blasfemia. Se vi avvicinate a Dio sentendovi in dovere d’offrire a lui la ricompensa della vostra amicizia invece di desiderare la ricompensa per la sua amicizia, allora elevate voi stessi sopra Dio come foste voi i benefattori e sminuendo lui al ruolo di beneficiario bisognoso- e questo è appunto blasfemia! L’unico modo per onorare e glorificare l’autosufficienza di Dio è di andare verso di lui per il piacere di conoscerlo e di essere amati da lui. Questo era l’argomento principale della scorsa settimana, che avremmo potuto chiamare Edonismo Cristiano verticale. Tra l’uomo e Dio, sull’asse verticale della vita, la ricerca del piacere non è solo tollerabile; è obbligatoria: ”Deliziati nel Signore!” Lo scopo principale dell’uomo è di glorificare e compiacere Dio per l’eternità. E riguardo all’Edonismo Cristiano orizzontale? E le relazioni con le altre persone? L’ideale fra gli uomini è benevolenza disinteressata? Oppure il raggiungimento del piacere è obbligatorio come a livello orizzontale? La risposta dell’Edonismo Cristiano è questa: la ricerca del piacere è una motivazione indispensabile per ogni buona azione. In altre parole, se abbandonate la ricerca del piacere vero e duraturo, non riuscirete ad amare le persone o far contento Dio. Partendo dalla Scrittura vorrei tentare di dimostrarvi perché credo questo, ora affrontando alcuni passaggi difficili e chiudendo poi con una sfida per mettere assieme i fatti di una lunga storia degli Edonisti Cristiani nell’opera d’amore, nella chiesa e nel mondo.



La carità dei Macedoni Diamo prima uno sguardo al 2 Corinzi 8. Che tipo di azione interiore ed esteriore Paolo chiamava amore? Vogliamo farvi conoscere, fratelli, la grazia di Dio concessa alle Chiese della Macedonia: nonostante la lunga prova della tribolazione, la loro grande gioia e la loro estrema povertà si sono tramutate nella ricchezza della loro generosità…..Non dico questo per farvene un comando, ma solo per mettere alla prova la sincerità del vostro amore con la premura verso gli altri. (8:1, 2, 8) Paolo prende ad esempio la carità sincera dei Macedoni per vedere se i Corinzi proveranno ad imitarli. Secondo i versetti 1 e 2 cos’è allora l’amore? Primo: è il risultato dell’opera di grazia di Dio:” Vogliamo farvi conoscere la grazia di Dio concessa alle Chiese di Macedonia.” Secondo: quest’esperienza di Dio colmò i Macedoni di un’abbondante gioia (v.2). Tenete presente che la gioia non si riferiva al fatto che Dio li avesse arricchiti materialmente! In realtà erano in “estrema povertà” come recita il versetto 2 e perciò la loro gioia non era nelle cose, ma in Dio. Terzo: la loro grande gioia si trasformò in generosità nel momento in cui Paolo fece una colletta a favore dei poveri santi di Gerusalemme. E allora qui, quale amore ci vedeva Paolo? L’amore è la profusione della gioia in Dio che va ad incontrare i bisogni degli altri. Osservate il versetto 4: “Domandavano (a Paolo) con insistenza il favore di partecipare a questo sostentamento dei santi.” Non dobbiamo pensare che, nel momento in cui donavano liberamente, era il rapporto con Dio che li costringeva ad agire contro i propri desideri primari. Quando i vostri bambini vi chiedono con insistenza di fare un altro giro sulle montagne russe (“Dai papà, possiamo? Possiamo?), non è perché sono guidati da qualche concetto morale contrario ai loro desideri.


Quando i Macedoni- poverissimi Macedoni- supplicano Paolo per avere il privilegio di dare del denaro in beneficienza, possiamo ritenere che questo è ciò che vogliono. Senza dubbio si stanno privando di cibo o vestiti che avrebbero potuto acquistare con il denaro.

La loro abnegazione però non è a beneficio di un qualche atto dovuto, triste e sterile: rinunciano al piacere di avere del cibo extra per la gioia di condividere la grazia di Dio con gli altri.

Queste persone sono talmente piene di gioia in Dio che - anche al di fuori della povertà- non considerano il dare come un peso, ma come una benedizione. Hanno scoperto l’opera dell’Edonismo Cristiano: la CARITA’! La carità è la profusione della gioia in Dio che va ad incontrare i bisogni degli altri.

La carità è più di un gesto Spesso ho sentito dire che l’amore non è come lo percepisci; è come agisci (da “Situazione Etica” di Joseph Fletcher ai predicatori del Bethel College). Si tratta di un’estrema semplificazione! (e che ha radici in una teologia che crede nella possibilità di etica senza una rinascita spirituale.) Perché Paolo in 1 Corinzi 13:3 diceva “E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per essere bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova”? Perché la carità autentica è sempre qualcosa di più di un gesto. Paolo non prese i Macedoni ad esempio di carità solo perché avevano donato generosamente. Fece questo paragone perché il loro donare era la profusione di una gioia immensa nella grazia di Dio. Ogni gesto benevolo che non deriva dalla nostra gioia nella grazia di Dio non è carità.


L’unica cosa che l’apostolo Paolo chiamerà carità è l’opera dell’Edonismo Cristiano- cioè i gesti benevoli di persone che hanno trovato il loro appagamento in Dio e ora cercano di diffonderlo grazie alla condivisione con gli altri. Spero possiate capire il motivo per cui affermo che la ricerca del piacere completo e duraturo è lo scopo fondamentale di ogni buona azione e se abbandonate quest’intento, non potete amare gli altri o compiacere Dio.

Dio ama chi dona con gioia Vediamo se troviamo conferma in altri versi. Paolo procede con la sua richiesta di fondi anche in 2 Corinzi 9. Nel verso 7 lascia un principio generale: “Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia.” Mi sono agganciato a questo verso per spiegare quanto Dio non approvi quelle persone che agiscono in modo benevolo, ma malvolentieri. Quando non provano gioia nell’aiutare, anche Dio non si compiace in loro. Egli si delizia in chi dona e serve con gioia. Ecco perché ho affermato che se abbandoniamo la ricerca del piacere vero e duraturo, non possiamo render felice Dio. Dio si compiace in chi dona con gioia. Se siamo indifferenti al fatto di fare una buona azione con gioia o senza gioia, siamo indifferenti anche a ciò che piace a Dio. E ciò che piace a Dio è vedere che siamo contenti quando doniamo. E’ fondamentale, quindi, essere Cristiani Edonisti a livello orizzontale nelle nostre relazioni con gli altri e cercare continuamente la gioia nel donare.



Dio ama i Pastori Gioiosi Consideriamo 1 Pietro 5 quando Pietro spiega agli anziani come adempiere il loro ministero di pastori del gregge di Dio. Pietro applica al ministero pastorale lo stesso principio che aveva applicato Paolo alla gestione finanziaria in 2 Corinzi 8 e 9. Verso 2: “Pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza ma volentieri, secondo Dio; non per vile interesse, ma di buon animo.” Potremmo riassumere dicendo: Dio ama il pastore gioioso. Il comando di Dio non è solo riferito al fare il nostro lavoro, ma provare gioia nel farlo. Se non vi occupate del vostro ministero perché vi aspettate di avere in riscontro una grande gioia nel compierlo, allora non seguite il comando di Dio. Philip Brooks, pastore episcopale di Boston e autore di “O Little Town of Bethlehem” (La cittadina di Betlemme), un centinaio di anni fa scrisse in merito al ministero pastorale: Penso, inoltre, che sia indispensabile, per il successo del predicatore, godere del proprio lavoro fino in fondo. Intendo nella concretezza dell’agire e non soltanto nella sua concezione. Non c’è uomo che possa portare avanti al meglio e con costanza il suo incarico se, pur animato da un grande entusiasmo, lo ripugna quanto necessita nel compierlo. Può tentare una rapida scalata, sorvolando la ripugnanza, ma poi non sarà in grado di lavorarci sopra anno dopo anno, giorno dopo giorno.

Ciò che conta quindi non è solo un piacere assolutamente legittimo, ma un elemento essenziale della vostra energia: se siete in grado di provare una gioia spontanea in quello che il ministero vi richiede di fare, nello zelo con cui scrivete, nel calore dei vostri discorsi, nello stare di fronte agli uomini e commuoverli, nel contatto con i giovani. Più vi piace farlo e meglio lo farete. Per assolvere il ministero nella chiesa o nel mondo in modo che Dio sia compiaciuto, dobbiamo credere e seguire la parola di Gesù che Paolo usa negli Atti 20:35 per ispirare un altro gruppo di anziani:


“Ricordiamo le parole del Signore Gesù, come egli disse: “Vi è più gioia nel dare che nel ricevere!” Quando Paolo dice: “Ricordiamo questa promessa!” deve farci capire quale grande valore incentivante abbia questa presa di coscienza per il nostro ministero. Deve farci comprendere che il valore morale della nostra generosità non si guasta se la perseguiamo edonisticamente. Non è sbagliato desiderare, aspirare alla benedizione che Gesù promise con le sue parole:”Vi è più gioia nel dare che nel ricevere!”

Non accomodatevi sui piaceri minori La difficoltà ad amare gli altri è come quella che incontriamo nell’adorare Dio. L’ostacolo che ci impedisce di obbedire al primo (verticale) comandamento, è lo stesso che ci allontana dal secondo (orizzontale). L’impedimento non riguarda il fatto che stiamo cercando di compiacere noi stessi, ma che troviamo piacere altrove con facilità. Non crediamo a Gesù quando dice che ci sono più benedizioni, più gioie, più piacere pieno e duraturo in una vita dedicata ad aiutare gli altri che non in una rivolta alle comodità materiali. E cioè, l’autentica bramosia d’appagamento che (secondo Gesù) dovrebbe condurci ad una vita semplice e ad un lavoro gradevole di suo invece delle cisterne screpolate della prosperità e dell’agiatezza americana.

Ecco il messaggio che bisogna annunziare a gran voce dalla cima della IDS Tower e dal City Center a tutti quegli Americani in cerca del piacere: “Americani, siete ben lungi dall’essere edonisti a sufficienza!”

Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano. (Matteo 6:19, 20) Smettete di accontentarvi di rendimenti di piacere del 5.25% che vengono divorati dalla tignola dell’inflazione e dalla ruggine della morte. Investite in titoli sicuri, con rendimenti elevati, titoli garantiti divinamente dal cielo. Una vita dedicata alle agiatezze e alle frivolezze materiali è come buttare denaro al vento. Una vita semplificata a beneficio dell’amore produce invece dividendi di gioia insuperabili e inesauribili. Ascoltate la Parola del Signore, “Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un Tesoro inesauribile nei cieli.” (Luca 12:33) Fratelli e sorelle, il messaggio che abbiamo per il mondo è il VANGELO! Sono buone notizie! “Lasciate quelle cisterne screpolate piene di piaceri temporanei e poco soddisfacenti. Venite a Cristo alla cui presenza è pienezza duratura di gioia e piacere. Unitevi a noi nell’opera dell’Edonismo Cristiano. E’ stato detto in onore al Signore: beato più chi ama che chi vive nel lusso!

Il Messaggio Edonistico degli Ebrei Andiamo a vedere insieme Ebrei 10:32-34. Voglio farvi notare come la sovrabbondanza di gioia nei tesori del paradiso aveva generato amore nei primi Cristiani durante una violenta persecuzione. “Richiamate alla memoria quei primi giorni nei quali, dopo essere stati illuminati, avete dovuto sopportare una grande e penosa lotta, ora esposti pubblicamente a insulti e tribolazioni, ora facendovi solidali con chi veniva trattato in questo modo. Infatti avete preso parte alle sofferenze dei carcerati e avete accettato con gioia di esser spogliati delle vostre sostanze, sapendo di possedere beni migliori e più duraturi.”

Questi Cristiani si sentivano motivati nell’esercitare il ministero in prigione allo stesso modo in cui i Macedoni (2 Corinzi 8:1-8) si sentivano predisposti a confortare il povero. La loro gioia in Dio si trasformò nell’amore per gli altri. Guardarono alle loro vite e dissero : “La tua grazia Signore vale più della vita” (Salmo 63:3). Guardarono alle loro proprietà e dissero: “Abbiamo dei possedimenti in paradiso che sono migliori e duraturi più di qualsiasi altro.” Poi si guardarono l’un l’altro e dissero:

“Lasciate andare le mercanzie e simil cose, anche la vita mortale; il corpo può essere ucciso, la verità di Dio vive ancora, il suo regno è per sempre.

E con gioia rinunciarono a tutto quello che avevano e seguirono Cristo in quella prigione per visitare i loro fratelli e le loro sorelle (Luca 14:33).

La carità è la profusione della gioia in Dio che va ad incontrare i bisogni degli altri. E per cercare di convincerli, l’autore della lettera agli Ebrei prende Mosè come esempio di Edonismo Cristiano (11:24-26). Notate com’è simile la motivazione dei primi Cristiani del capitolo 10 e dei Macedoni in 2 Corinzi 8. Per fede Mosè, divenuto adulto, rifiutò di essere chiamato figlio della figlia del Faraone, preferendo essere maltrattato con il popolo di Dio piuttosto che godere per breve tempo del peccato. Questo perché stimava l’obbrobrio di Cristo ricchezza maggiore dei tesori d’Egitto; guardava, infatti, alla ricompensa. L’autore di questo libro è notevolmente coerente al suo Edonismo Cristiano. In 10:34 dice che il desiderio dei Cristiani per un bene migliore e più duraturo si trasforma in un amore gioioso che costa loro le proprietà. In 11:6 continua dicendo che non potete far contento Dio salvo che vi accostiate a lui per avere la ricompensa della sua compagnia. In 11:16 elogia i più anziani perché “desiderano una patria migliore. Per questo Dio non disdegna di chiamarsi loro Dio: ha preparato, infatti, per loro una città.” E ancora in 11:24-26 Mosè è descritto come un eroe perché il suo desiderio per la ricompensa celeste aveva fatto scaturire in lui una tale gioia che i tesori d’Egitto gli parevano immondizia e nell’amore lo aveva congiunto per sempre con il popolo di Dio. E ancora in 12:2 lo scrittore dà l’esempio più efficace di tutti: “Teniamo lo sguardo fisso su Gesù , autore e perfezionatore della fede. Egli in cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce.” La più grande opera dell’amore che si sia mai verificata è stata resa possibile dalla ricerca di un’inimmaginabile grande gioia: cioè, la gioia di essere elevato alla destra di Dio nell’assemblea del popolo redento.

E a riguardo dell’abnegazione? Questo esempio di Gesù crea l’occasione giusta per confrontare alcuni testi apparentemente contraddittori che sono spesso portati in replica all’Edonismo Cristiano. Per esempio, 1 Corinzi 13:5 recita: “La carità non cerca il suo interesse”. E 1 Corinzi 10:24: “Nessuno cerchi l’utile proprio ma quello altrui (traduzione letterale). E poi in Romani 15:1-3: Noi che siamo i forti abbiamo il dovere di sopportare l’infermità dei deboli, senza compiacere noi stessi. Ciascuno di noi cerchi di compiacere il prossimo nel bene, per edificarlo. Cristo, infatti, non cercò di piacere a se stesso, ma come sta scritto: “Gl’insulti di coloro che t’insultano sono caduti sopra di me.” Questi passaggi sono in contraddizione con l’Edonismo Cristiano? Non penso. Quando Paolo dice: “La carità non cerca il suo interesse”, sicuramente non vuol dire che la carità servizievole non conduca al piacere (vedi Romani 12:8). Ovviamente non vuol dire che se io durante la predica mi sento preso dall’emozione di condividere la buona novella, non si tratti di un atto d’amore.

“La carità tutto spera”  continua Paolo (1 Corinzi 13:7). Ma cos’è la speranza se non l’attesa che qualcosa di gioioso sta per accadere? Se diamo a Paolo il beneficio del dubbio, invece di presumere che si stia contraddicendo, il significato puro e semplice di tutti questi testi “ardui” è che i Cristiani non dovrebbero cercare i loro limitanti piaceri personali.

Allo stesso modo noi non dovremmo sentirci appagati dalle agiatezze materiali a spese dell’amore.

Dovremmo unirci a Gesù sul Calvario, strada di sofferenza e peccato e semplicità. Non a malincuore o brontolando. No! Dovremmo unirci al Signore sulla strada dell’amore perché la gioia sta lì di fronte a noi; perché Dio ama chi dona con gioia; perché riceviamo più benedizioni nel dare che nel ricevere; perché soffrire con Cristo è una ricchezza maggiore di quella dei piaceri temporanei d’Egitto; perché se perdiamo le nostre vite per il suo amore, le guadagneremo per sempre. Sì..la Bibbia parla di una dottrina sull’abnegazione. Dobbiamo fare a meno della sabbia per costruire sulla roccia; dobbiamo privarci degli elogi degli uomini per avere l’approvazione di Dio; dobbiamo privarci dei tesori divorati dalla tignola per avere la ricchezza eterna; dobbiamo privarci della sicurezza umana per avere la sicurezza in Dio; dobbiamo privarci delle ubriachezze e delle ghiottonerie per essere invitati al più grande e interminabile banchetto dell’universo; dobbiamo privarci della nostra fiducia in noi stessi per poter dire: “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla.” Mai, MAI Dio vi chiede di privarvi di un valore più grande per averne uno minore. Ecco cos’è il peccato. Al contrario, sempre, SEMPRE Dio ci dice di lasciar correre i piaceri di seconda qualità, fuggevoli e insoddisfacenti, e attingere a quelli di prima qualità, che sono eterni e soddisfacenti. Dopo le sue citazioni verticali al banchetto dell’Edonismo Cristiano nel culto vengono le citazioni orizzontali al lavoro dell’Edonismo Cristiano nell’amore. E l’ordine è cruciale, per amore s’intende la profusione della gioia in Dio che incontra i bisogni degli altri.

“Solo se amerò qualcuno sarò felice” Nel corso dei secoli molti santi si sono resi conto che perseguire il piacere è alla base di ogni buona azione. Se abbandonate la ricerca del piacere pieno e duraturo, non potrete amare gli altri e compiacere Dio. George Müller di Bristol scrisse: “Vidi più che mai chiaramente, che il primo compito importante e fondamentale di cui avrei dovuto occuparmi ogni giorno era di rendere felice la mia anima nel Signore” (Autobiografia p.52). E la sua gioia si tramutò in amore per gli orfani inglesi. Il figlio di Hudson Taylor registrò il padre negli ultimi anni mentre diceva: ”Non ho mai fatto un sacrificio.” Commenta ancora suo figlio: “Quello che diceva era vero, quanto riceveva era così reale e duraturo che arrivò a pensare che smettere di dare è inevitabilmente il ricevere, se si ha a che fare con Dio a cuore aperto” (I segreti spirituali di Hudson Taylor, p.30). E quel cuore gioioso in Dio mise in piedi in Cina una chiesa che oggi conta milioni di persone. Jonathan Edwards, che con la sua predicazione in America diede il via al Grande Risveglio del 1740, nei suoi anni di college fece questo proponimento: “Fare ogni sforzo per ottenere per me stesso più felicità possibile nell’altro mondo. Con tutta la forza, la potenza, l’energia, la veemenza, sì la violenza di cui sono capace. Darmi da fare in ogni modo possibile e immaginabile” (Opere, vol.1, p.xxi). Nel 1980 ascoltai un giovane pastore e collega di Zion Baptist Church mentre teneva un discorso alla Casa Accoglienza (Hospitality House) dove lui stesso incontrò il Signore quando era ragazzino dei bassifondi. Dopo essersi laureato al seminario della California, era tornato a lavorare a Minneapolis. E una delle frasi che ricordo era: “Solo se potrò amare qualcuno, sarò felice”. Il commento migliore per finire è con le Parole di Gesù: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere.” Seguiamolo a Betlemme con un tutto il nostro cuore.