Il matrimonio: perdono e accettazione

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'''Colossesi 3,12-19'''
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“Vestitevi dunque come eletti di Dio santi e diletti, di viscere di misericordia, di benignità, di umiltà, di mansuetudine e di pazienza, (13) sopportandovi gli uni gli altri e perdonandovi, se uno ha qualche lamentela contro l’altro, e come Cristo vi ha perdonati, così fate pure voi. (14) E sopra tutte queste cose, rivestitevi dell’amore, che è il vincolo della perfezione. (15) E la pace di Dio, alla quale siete stati chiamati in un sol corpo, regni nei vostri cuori e siate riconoscenti. (16) La parola di Cristo abiti in voi copiosamente, in ogni sapienza, istruendovi ed esortandovi gli uni gli altri con salmi, inni e cantici spirituali, cantando con grazia nei vostri cuori al Signore. (17) E qualunque cosa facciate, in parola o in opera, fate ogni cosa nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie a Dio Padre per mezzo di lui. (18) Mogli, siate sottomesse ai mariti come si conviene nel Signore. (19) Mariti, amate le mogli e non v’inasprite contro di loro”.
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Mia moglie Noël dice: “Non si ripete mai abbastanza che il matrimonio è modello di Cristo e della sua chiesa” (vedi Efesini 5,31-32). Penso che abbia ragione per tre motivi, e qui ne illustro due. Il primo è che tale affermazione toglie il matrimonio dalla trivialità da sitcom televisiva e lo innalza nel cielo nitido e splendente della gloria divina, là dove dovrebbe trovarsi. E in secondo luogo, dire che il matrimonio è modello di Cristo e della sua chiesa lo pone saldamente sulle basi della grazia, poiché quello è il modo in cui Cristo prese la chiesa in sposa, nella sola grazia. E questo è anche il modo con cui egli sostiene la propria relazione con la chiesa – con la sola grazia.
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'''Matrimonio: il farsi e il mostrarsi di Dio'''
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Mi propongo di dimostrare che il matrimonio è il ''farsi'' di Dio e il ''mostrarsi ''di Dio, ovvero che la sua gloria deriva da lui tramite lui e verso di lui. Lo scopo del matrimonio umano è temporaneo, ma rimanda a qualcosa di eterno, ossia Cristo e la chiesa. E allorché quest’epoca volgerà al termine, svanirà nella realtà superiore a cui rimanda. Gesù afferma in Matteo 22,30: “Nella resurrezione né si sposano, né sono date in moglie, ma essi saranno in cielo come gli angeli di Dio”. Ecco perché mio padre, Bill Piper, non sarà bigamo nella resurrezione. Sia mia madre, sia la mia matrigna, sono morte. Mio padre è stato sposato 36 anni con mia madre, e dopo la sua morte, 25 anni con la mia matrigna. Nella resurrezione però, l’ombra lascia posto alla realtà. Il matrimonio è ciò che rimanda alla gloria di Cristo e della chiesa, ma nella resurrezione esso svanirà nella perfezione di quella gloria.<br>
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'''Matrimonio: saldamente fondato sulla grazia'''
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Dicevamo che il matrimonio è fondato sulla grazia, l’esperienza verticale della grazia da Cristo tramite la sua morte sulla croce, e quindi quella stessa grazia orizzontale da marito a moglie, e da moglie a marito. Vogliamo semplicemente mostrare la struttura generale del matrimonio cristiano (e del matrimonio in cui uno solo dei coniugi è cristiano) per mezzo di Colossesi 2,13-14 e 3,13. Colossesi 2,13b-14 ci racconta come Dio ci ha fornito una base per il perdono dei nostri peccati: “... perdonandovi tutti i peccati, egli ha annientato il documento fatto di ordinamenti, che era contro di noi e che ci era nemico, e l’ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce”. Il punto è naturalmente che non sono i chiodi e il legno a togliere i peccati, sono bensì le mani e i piedi martoriati del Figlio di Dio che tolgono i peccati (vedi Isaia 53,5-6).
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'''La grazia rivolta verso l’esterno'''
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Dopodiché, avendoci indicato la base del perdono di Dio nella croce, Paolo dice in Colossesi 3,13b: “E come Cristo vi ha perdonati, così fate pure voi”. In altre parole, prendete la grazia e il perdono e la giustificazione ricevute verticalmente tramite la morte di Cristo e volgetele in orizzontale per gli altri, cioè i mariti per le mogli, e le mogli per i mariti. Pongo una domanda: perché l’enfasi sul perdono e l’accettazione invece che, tanto per dire, sul romanticismo e il godere della reciproca compagnia? Ecco le mie tre risposte:
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#Poiché i conflitti sono basati sul peccato, dobbiamo perdonare il peccato e accettare quel che ci appare strano nell’altro, due cose che, a volte, non riuscirete nemmeno a concordare su come distinguere.
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#Perché il duro, arduo compito di perdonare e accettare è quel che rende possibile all’affetto di rifiorire quando sembra essersi spento.
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#Perché Dio ottiene gloria quando due persone tanto diverse e imperfette forgiano una vita di fedeltà nella fornace dell’afflizione, affidandosi a Cristo.
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'''Separazione redentiva e oltre'''
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Ora parlerò più in dettaglio della sopportazione e del perdono. Lasciatemi dire come premessa che sono consapevole – dolorosamente consapevole – che ci sono alcuni peccati che gli sposi commettono gli uni contro gli altri che spingono l’accettazione e il perdono oltre la linea della complicità nel peccato, e possono richiedere una separazione redentiva – scelgo le parole con cautela: separazione redentiva. Penso a cose quali stupro, adulterio, maltrattamento di minori, ubriachezza molesta, gioco d’azzardo compulsivo o furto o menzogne che portano le famiglie alla rovina. Mi propongo di non parlarne adesso, ma in seguito, quando tratterò gli argomenti della separazione, del divorzio e dei successivi matrimoni. Cercherò di mostrarvi un modello biblico di sopportazione e perdono che vi terrà lontani dalla separazione e forse vi riporterà indietro dal limite, persino anche riparare quei matrimoni che il mondo definisce “finiti”. E prego inoltre che ciò pianti dei semi nei giovani e nelle persone sole che un giorno potrebbero sposarsi, così da costruire dei matrimoni su questa roccia di grazia.
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'''Il fondamento: la persona e l’opera di Cristo'''
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Quando Paolo giunge a Colossesi 3,12, ha già gettato un importante fondamento nella persona e nell’opera di Cristo sulla croce. Questo è il fondamento del matrimonio e di tutta la vita. Le principali battaglie nella vita e nel matrimonio sono quelle di credere in questa persona e in quest’opera. Intendo dire crederci davvero, fidarsene, accoglierla, averla cara, farne tesoro, affidarsi a essa, respirarla, modellare la propria vita su di essa. Così, quando Paolo giunge a Colossesi 3,12, ci esorta con parole effusive di quella realtà emozionante edificata su Cristo e la sua opera salvifica.
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'''Eletti'''
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Innanzitutto ci sono tre descrizioni di voi, i credenti, che egli usa perché capiate meglio la sua esortazione. “Vestitevi dunque come eletti di Dio, santi e diletti...”. Egli ci sta dicendo quale cuore e atteggiamento dovremmo indossare come un abito, ma prima egli ci definisce eletti, santi, diletti. Noi siamo gli eletti di Dio. Prima della fondazione del mondo, Dio ci elesse in Cristo. Potete avvertire quanto ciò sia prezioso per Paolo nelle sue parole da Romani 8,33: “Chi accuserà gli eletti di Dio?”. La risposta è che assolutamente nessuno potrà accusare gli eletti di Dio. Paolo vuole che sentiamo la meraviglia dell’essere eletti come dell’essere invincibilmente diletti. Se resistete alla verità dell’elezione, resistete all’essere diletti.
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'''Santi'''
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Poi egli ci definisce ''santi'', ovvero destinati a Dio. Egli ci ha scelti per uno scopo – essere il suo santo popolo. Uscire dal mondo e non essere più “comuni” o impuri. Efesini 1,4: “Egli ci ha eletti prima della fondazione del mondo, affinché fossimo ''santi''”. 1 Pietro 2,9: “Voi siete una stirpe eletta... una gente ''santa''”. Questi sono innanzitutto una posizione e un destino, prima ancora che un modello di comportamento. Ecco perché ci indica il tipo di comportamento da “indossare”. Sa che in pratica non siamo ancora lì. Ci chiede di ''divenire'' santi in questa vita poiché siamo santi in Cristo. Vestitevi conformemente a quel che siete. Indossate la santità.
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'''Diletti'''
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Poi egli ci definisce ''diletti:'' gli eletti di Dio, ''santi e diletti''...”. Dio, creatore dell’universo, vi ha scelti, destinati a sé, e vi ama. Egli è per voi, non contro di voi. “Dio manifesta il suo amore verso di noi in questo che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Romani 5,8). Questo è l’inizio di come mariti e mogli accettano e perdonano. Ne sono sbalorditi. Mariti, vedete e assaporate ciò. Mogli, vedete e assaporate ciò. Prendetene la vostra vita. Prendetene la vostra gioia. Prendetene la vostra speranza – che siete ''eletti, destinati, diletti'' di Dio. Pregate il Signore che questo sia il cuore pulsante della vostra vita e del vostro matrimonio.
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'''Condizioni interiori che portano a comportamenti esteriori'''
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Adesso sulla base di questa profonda, nuova identità centrata su Dio, vi si dice che cosa “indossare”. Che cosa indossa un eletto, amato, santo figlio di Dio? Vi viene cioè detto che tipo di atteggiamento e comportamento si confanno e derivano dall’essere eletti, destinati e amati da Dio tramite Cristo. Ritengo vi siano tre condizioni interiori che portano a loro volta a tre comportamenti esteriori. “Vestitevi dunque come eletti di Dio santi e diletti, di viscere di misericordia, di benignità, di umiltà, di mansuetudine e di pazienza, sopportandovi gli uni gli altri e perdonandovi, se uno ha qualche lamentela contro l’altro”.
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'''Dalle viscere della misericordia alla benignità'''
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Esaminiamo la frase precedente spezzandola in due parti. Versetto 12: “Viscere di misericordia, benignità”. “Viscere di misericordia” è la condizione interiore, mentre “benignità” è il comportamento esteriore. Siate intimamente misericordiosi, e da quella buona terra crescerà il frutto della benignità. Perciò, mariti, affondate le vostre radici con la fede in Cristo tramite il vangelo, finché sarete divenuti più compassionevoli. Mogli, affondate le vostre radici con la fede in Cristo tramite il vangelo, finché sarete divenute più compassionevoli, e poi trattatevi gli uni le altre con benignità, come richiede questa tenera misericordia. La battaglia si svolge con la nostra controparte interiore che non sente misericordia. Combattete questa battaglia con la fede, tramite il vangelo, nella preghiera. Siate colpiti, e spezzati, e riedificati, e resi gioiosi e misericordiosi, poiché siete eletti, santi, diletti.
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'''Dall’umiltà alla mansuetudine'''
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La frase seguente è “umiltà, mansuetudine”. Versetto 12: “Vestitevi dunque come eletti di Dio santi e diletti, di viscere di misericordia, di benignità, di ''umiltà'', di ''mansuetudine''”. Letteralmente: “modestia, mansuetudine”. Ancora una volta, “modestia” è la condizione interiore, mentre “mansuetudine” è il comportamento esteriore. Le persone il cui cuore è umile, invece che orgoglioso, saranno più mansuete nei confronti degli altri. La mansuetudine considera gli altri al di sopra di sé e li serve. Ciò avviene quando il cuore è umile o modesto. Perciò, mariti, affondate le vostre radici con la fede in Cristo tramite il vangelo, finché sarete divenuti più umili e modesti. Mogli, affondate le vostre radici con la fede in Cristo tramite il vangelo, finché sarete divenute più umili e modeste, e poi trattatevi gli uni le altre con la mansuetudine che fluisce da quella modestia. La battaglia si svolge con la nostra controparte interiore orgogliosa ed egoista. Combattete questa battaglia con la fede, tramite il vangelo, nella preghiera. Siate colpiti, e spezzati, e riedificati, e resi gioiosi e misericordiosi, poiché siete eletti, santi, diletti.
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'''Dalla sopportazione all’accettazione e al perdono'''
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La prossima è una condizione interiore seguita da accettazione e perdono. Versetto 12: “Vestitevi dunque come eletti di Dio santi e diletti, di viscere di misericordia, di benignità, di umiltà, di mansuetudine e di pazienza, sopportandovi gli uni gli altri e perdonandovi, se uno ha qualche lamentela contro l’altro”. Definisco dunque “pazienza” la condizione interiore, e accettazione e perdono il comportamento o atteggiamento esteriore.
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La traduzione letterale di pazienza è “sopportazione” (''makrothumian''). Ovvero, diventate quel tipo di persona che non si adombra facilmente, ma restate calmi. Estremamente calmi. Diventate pazienti, lenti all’ira, pronti ad ascoltare, lenti a parlare (Giacomo 1,19).
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Queste tre condizioni interiori si collegano l’una all’altra e s’influenzano l’una con l’altra. Delle “viscere di misericordia” (un cuore compassionevole) e la “modestia” (l’umiltà) conducono alla “sopportazione” (pazienza). Se siete proni alla collera, invece di sopportare, la causa è probabilmente mancanza di compassione e di modestia. In altre parole, essere eletti, santi e diletti non ha spezzato il vostro cuore e non vi ha trascinati via dall’egoismo e dall’orgoglio.
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Perciò, mariti, affondate le vostre radici con la fede in Cristo tramite il vangelo, finché sarete divenuti più compassionevoli e modesti, e quindi più pazienti. Mogli, affondate le vostre radici con la fede in Cristo tramite il vangelo, finché sarete divenute più compassionevoli e modeste, e quindi più pazienti. E poi trattatevi gli uni le altre con... che cosa? Un cuore compassionevole conduce alla benignità; l’umiltà conduce alla mansuetudine. E adesso, la pazienza (o sopportazione) a che cosa conduce?
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'''Due cose: accettazione e perdono'''
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Due cose, non una soltanto: la prima, “sopportandovi gli uni gli altri” e poi, la seconda, “e perdonandovi, se uno ha qualche lamentela contro l’altro”. Accettare e perdonare. Che cosa significa e che cosa comporta nel matrimonio? Innanzitutto, commentiamo la parola “''sopportare''” o accettare. Letteralmente significa “tollerare”, tollerarsi reciprocamente. Gesù la usa in Luca 9,41: “O generazione incredula e perversa, fino a quando sarò con voi e ''vi sopporterò''?”. Paolo la usa nuovamente in 1 Corinzi 4,12: “Perseguitati, sopportiamo”. Diventate dunque persone che tollerano e sopportano. Accettate. “L’amore tollera ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa. L’amore non viene mai meno”. (1Corinzi 13,7-8).
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L’altra parola è perdono. Vi sono almeno due parole per esprimere il perdono nel Nuovo Testamento. Quella usata qui (''charizomenoi'') significa concedere ''liberalmente'' o ''graziosamente''. Il concetto non è quello di riscuotere un pagamento, bensì di trattare qualcuno meglio di quanto non meriti. In questo senso allora, voi perdonate qualcuno che vi ha fatto un torto e perciò questi è in debito con voi, e per pura giustizia avete il diritto di esigere che egli soffra in qualche misura per riscattare il dolore arrecatovi, ma voi non soltanto non pretendete il pagamento, bensì “concedete liberalmente” il bene per il male.
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Questo è il significato della parola (''charizomai''). Il vostro atteggiamento è il perdono - non ricambiate il male con il male, semmai benedite (1 Corinzi 4,12; 1 Tessalonicesi 5,15; Matteo 5,44; Luca 6,27).
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'''La nostra speranza è riposta nel Vangelo'''
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Quel che trovo così utile qui è che Paolo riconosce che accettazione e perdono sono cruciali per la convivenza, sia essa nella chiesa o nel matrimonio. Il perdono dice: non ti maltratterò per i tuoi peccati contro di me o le tue irritanti abitudini. E l’accettazione riconosce (di solito in sé) che quei peccati contro di me e quelle abitudini mi irritano ''davvero''! Se non ci fosse niente dell’altra persona che davvero ci irrita, non ci sarebbe bisogno di dire “tollerarsi reciprocamente”. Quando vi sposate, non sapete come sarà l’altro nel giro di 30 anni. I nostri padri non scrissero i voti matrimoniali con la testa nella sabbia. I loro occhi erano ben aperti sulla realtà – “per esserti sempre fedele, nella gioia e nel ''dolore'', in ricchezza e in ''povertà'', in salute e in ''malattia'', per amarti e onorarti finché morte non ci separi”. Non sapete come sarà questa persona in futuro: potrebbe diventare migliore di quanto abbiate mai sognato o peggiore. La nostra speranza si fonda su questo: siamo eletti, santi e diletti. Dio è per noi e ogni cosa sarà a beneficio di coloro che lo amano.
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'''Il mucchio di concime'''
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Perché proprio un mucchio di concime? Immaginate il vostro matrimonio come un campo d’erba. Vi giungete all’inizio pieni di speranza e gioia. Guardate nel futuro e vedete splendidi fiori, e alberi, e file di colline, e tale bellezza è quella che vedete l’una nell’altro. La vostra relazione è il campo con i fiori e le colline. Ma prima che ve ne rendiate conto, inciampate nel letame. In alcuni momenti del vostro matrimonio sembrerà essere ovunque, soprattutto a notte fonda. Sono i peccati, e i difetti, e le idiosincrasie, e le debolezze e le abitudini irritanti vostre e dei vostri sposo/sposa. Cercate di perdonarli e di tollerarli con buona grazia.
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Tuttavia, essi riescono a dominare la vostra relazione. Può non essere vero, ma a volte sembra che sia tutto quel che ne resta – letame. Penso che la combinazione di accettazione e perdono porti alla produzione del mucchio di concime. E quindi cominciate a spalare letame. Vi guardate e ammettete semplicemente che ce n’è davvero tanto. Però vi dite: lo sai, tra di noi c’è ben più che non letame, ma rischiamo di perderlo di vista perché continuiamo a fissarci sul letame. Gettiamolo tutto nel mucchio di concime. Quando sarà il caso, andremo lì ad annusarlo e sentirci male, ma cercheremo di affrontare la situazione meglio che possiamo. E poi, ci allontaneremo e guarderemo il resto del campo. Passeggeremo sui nostri sentieri preferiti e su quelle colline dove sappiamo che non si trova letame. E saremo grati per quella parte del campo che porta fiori.
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Possiamo avere le mani sporche e le schiene doloranti per tanto spalare, ma sappiamo una cosa: non innalzeremo la nostra tenda vicino al mucchio di concime. Ci andremo soltanto se sarà necessario. Questo è il dono della grazia che ci offriremo reciprocamente ancora, e ancora, e poi ancora – poiché siamo eletti e santi e diletti.

Versione corrente delle 22:36, 16 nov 2010

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English: Marriage: Forgiving and Forbearing

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Di John Piper su Matrimonio
Una parte della serie Marriage, Christ, and Covenant: One Flesh for the Glory of God

Traduzione di Porzia Persio

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Colossesi 3,12-19

“Vestitevi dunque come eletti di Dio santi e diletti, di viscere di misericordia, di benignità, di umiltà, di mansuetudine e di pazienza, (13) sopportandovi gli uni gli altri e perdonandovi, se uno ha qualche lamentela contro l’altro, e come Cristo vi ha perdonati, così fate pure voi. (14) E sopra tutte queste cose, rivestitevi dell’amore, che è il vincolo della perfezione. (15) E la pace di Dio, alla quale siete stati chiamati in un sol corpo, regni nei vostri cuori e siate riconoscenti. (16) La parola di Cristo abiti in voi copiosamente, in ogni sapienza, istruendovi ed esortandovi gli uni gli altri con salmi, inni e cantici spirituali, cantando con grazia nei vostri cuori al Signore. (17) E qualunque cosa facciate, in parola o in opera, fate ogni cosa nel nome del Signore Gesù, rendendo grazie a Dio Padre per mezzo di lui. (18) Mogli, siate sottomesse ai mariti come si conviene nel Signore. (19) Mariti, amate le mogli e non v’inasprite contro di loro”.

Mia moglie Noël dice: “Non si ripete mai abbastanza che il matrimonio è modello di Cristo e della sua chiesa” (vedi Efesini 5,31-32). Penso che abbia ragione per tre motivi, e qui ne illustro due. Il primo è che tale affermazione toglie il matrimonio dalla trivialità da sitcom televisiva e lo innalza nel cielo nitido e splendente della gloria divina, là dove dovrebbe trovarsi. E in secondo luogo, dire che il matrimonio è modello di Cristo e della sua chiesa lo pone saldamente sulle basi della grazia, poiché quello è il modo in cui Cristo prese la chiesa in sposa, nella sola grazia. E questo è anche il modo con cui egli sostiene la propria relazione con la chiesa – con la sola grazia.

Matrimonio: il farsi e il mostrarsi di Dio

Mi propongo di dimostrare che il matrimonio è il farsi di Dio e il mostrarsi di Dio, ovvero che la sua gloria deriva da lui tramite lui e verso di lui. Lo scopo del matrimonio umano è temporaneo, ma rimanda a qualcosa di eterno, ossia Cristo e la chiesa. E allorché quest’epoca volgerà al termine, svanirà nella realtà superiore a cui rimanda. Gesù afferma in Matteo 22,30: “Nella resurrezione né si sposano, né sono date in moglie, ma essi saranno in cielo come gli angeli di Dio”. Ecco perché mio padre, Bill Piper, non sarà bigamo nella resurrezione. Sia mia madre, sia la mia matrigna, sono morte. Mio padre è stato sposato 36 anni con mia madre, e dopo la sua morte, 25 anni con la mia matrigna. Nella resurrezione però, l’ombra lascia posto alla realtà. Il matrimonio è ciò che rimanda alla gloria di Cristo e della chiesa, ma nella resurrezione esso svanirà nella perfezione di quella gloria.


Matrimonio: saldamente fondato sulla grazia

Dicevamo che il matrimonio è fondato sulla grazia, l’esperienza verticale della grazia da Cristo tramite la sua morte sulla croce, e quindi quella stessa grazia orizzontale da marito a moglie, e da moglie a marito. Vogliamo semplicemente mostrare la struttura generale del matrimonio cristiano (e del matrimonio in cui uno solo dei coniugi è cristiano) per mezzo di Colossesi 2,13-14 e 3,13. Colossesi 2,13b-14 ci racconta come Dio ci ha fornito una base per il perdono dei nostri peccati: “... perdonandovi tutti i peccati, egli ha annientato il documento fatto di ordinamenti, che era contro di noi e che ci era nemico, e l’ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce”. Il punto è naturalmente che non sono i chiodi e il legno a togliere i peccati, sono bensì le mani e i piedi martoriati del Figlio di Dio che tolgono i peccati (vedi Isaia 53,5-6).

La grazia rivolta verso l’esterno

Dopodiché, avendoci indicato la base del perdono di Dio nella croce, Paolo dice in Colossesi 3,13b: “E come Cristo vi ha perdonati, così fate pure voi”. In altre parole, prendete la grazia e il perdono e la giustificazione ricevute verticalmente tramite la morte di Cristo e volgetele in orizzontale per gli altri, cioè i mariti per le mogli, e le mogli per i mariti. Pongo una domanda: perché l’enfasi sul perdono e l’accettazione invece che, tanto per dire, sul romanticismo e il godere della reciproca compagnia? Ecco le mie tre risposte:

  1. Poiché i conflitti sono basati sul peccato, dobbiamo perdonare il peccato e accettare quel che ci appare strano nell’altro, due cose che, a volte, non riuscirete nemmeno a concordare su come distinguere.
  2. Perché il duro, arduo compito di perdonare e accettare è quel che rende possibile all’affetto di rifiorire quando sembra essersi spento.
  3. Perché Dio ottiene gloria quando due persone tanto diverse e imperfette forgiano una vita di fedeltà nella fornace dell’afflizione, affidandosi a Cristo.

Separazione redentiva e oltre

Ora parlerò più in dettaglio della sopportazione e del perdono. Lasciatemi dire come premessa che sono consapevole – dolorosamente consapevole – che ci sono alcuni peccati che gli sposi commettono gli uni contro gli altri che spingono l’accettazione e il perdono oltre la linea della complicità nel peccato, e possono richiedere una separazione redentiva – scelgo le parole con cautela: separazione redentiva. Penso a cose quali stupro, adulterio, maltrattamento di minori, ubriachezza molesta, gioco d’azzardo compulsivo o furto o menzogne che portano le famiglie alla rovina. Mi propongo di non parlarne adesso, ma in seguito, quando tratterò gli argomenti della separazione, del divorzio e dei successivi matrimoni. Cercherò di mostrarvi un modello biblico di sopportazione e perdono che vi terrà lontani dalla separazione e forse vi riporterà indietro dal limite, persino anche riparare quei matrimoni che il mondo definisce “finiti”. E prego inoltre che ciò pianti dei semi nei giovani e nelle persone sole che un giorno potrebbero sposarsi, così da costruire dei matrimoni su questa roccia di grazia.

Il fondamento: la persona e l’opera di Cristo

Quando Paolo giunge a Colossesi 3,12, ha già gettato un importante fondamento nella persona e nell’opera di Cristo sulla croce. Questo è il fondamento del matrimonio e di tutta la vita. Le principali battaglie nella vita e nel matrimonio sono quelle di credere in questa persona e in quest’opera. Intendo dire crederci davvero, fidarsene, accoglierla, averla cara, farne tesoro, affidarsi a essa, respirarla, modellare la propria vita su di essa. Così, quando Paolo giunge a Colossesi 3,12, ci esorta con parole effusive di quella realtà emozionante edificata su Cristo e la sua opera salvifica.

Eletti

Innanzitutto ci sono tre descrizioni di voi, i credenti, che egli usa perché capiate meglio la sua esortazione. “Vestitevi dunque come eletti di Dio, santi e diletti...”. Egli ci sta dicendo quale cuore e atteggiamento dovremmo indossare come un abito, ma prima egli ci definisce eletti, santi, diletti. Noi siamo gli eletti di Dio. Prima della fondazione del mondo, Dio ci elesse in Cristo. Potete avvertire quanto ciò sia prezioso per Paolo nelle sue parole da Romani 8,33: “Chi accuserà gli eletti di Dio?”. La risposta è che assolutamente nessuno potrà accusare gli eletti di Dio. Paolo vuole che sentiamo la meraviglia dell’essere eletti come dell’essere invincibilmente diletti. Se resistete alla verità dell’elezione, resistete all’essere diletti.

Santi

Poi egli ci definisce santi, ovvero destinati a Dio. Egli ci ha scelti per uno scopo – essere il suo santo popolo. Uscire dal mondo e non essere più “comuni” o impuri. Efesini 1,4: “Egli ci ha eletti prima della fondazione del mondo, affinché fossimo santi”. 1 Pietro 2,9: “Voi siete una stirpe eletta... una gente santa”. Questi sono innanzitutto una posizione e un destino, prima ancora che un modello di comportamento. Ecco perché ci indica il tipo di comportamento da “indossare”. Sa che in pratica non siamo ancora lì. Ci chiede di divenire santi in questa vita poiché siamo santi in Cristo. Vestitevi conformemente a quel che siete. Indossate la santità.

Diletti

Poi egli ci definisce diletti: gli eletti di Dio, santi e diletti...”. Dio, creatore dell’universo, vi ha scelti, destinati a sé, e vi ama. Egli è per voi, non contro di voi. “Dio manifesta il suo amore verso di noi in questo che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Romani 5,8). Questo è l’inizio di come mariti e mogli accettano e perdonano. Ne sono sbalorditi. Mariti, vedete e assaporate ciò. Mogli, vedete e assaporate ciò. Prendetene la vostra vita. Prendetene la vostra gioia. Prendetene la vostra speranza – che siete eletti, destinati, diletti di Dio. Pregate il Signore che questo sia il cuore pulsante della vostra vita e del vostro matrimonio.

Condizioni interiori che portano a comportamenti esteriori

Adesso sulla base di questa profonda, nuova identità centrata su Dio, vi si dice che cosa “indossare”. Che cosa indossa un eletto, amato, santo figlio di Dio? Vi viene cioè detto che tipo di atteggiamento e comportamento si confanno e derivano dall’essere eletti, destinati e amati da Dio tramite Cristo. Ritengo vi siano tre condizioni interiori che portano a loro volta a tre comportamenti esteriori. “Vestitevi dunque come eletti di Dio santi e diletti, di viscere di misericordia, di benignità, di umiltà, di mansuetudine e di pazienza, sopportandovi gli uni gli altri e perdonandovi, se uno ha qualche lamentela contro l’altro”.

Dalle viscere della misericordia alla benignità

Esaminiamo la frase precedente spezzandola in due parti. Versetto 12: “Viscere di misericordia, benignità”. “Viscere di misericordia” è la condizione interiore, mentre “benignità” è il comportamento esteriore. Siate intimamente misericordiosi, e da quella buona terra crescerà il frutto della benignità. Perciò, mariti, affondate le vostre radici con la fede in Cristo tramite il vangelo, finché sarete divenuti più compassionevoli. Mogli, affondate le vostre radici con la fede in Cristo tramite il vangelo, finché sarete divenute più compassionevoli, e poi trattatevi gli uni le altre con benignità, come richiede questa tenera misericordia. La battaglia si svolge con la nostra controparte interiore che non sente misericordia. Combattete questa battaglia con la fede, tramite il vangelo, nella preghiera. Siate colpiti, e spezzati, e riedificati, e resi gioiosi e misericordiosi, poiché siete eletti, santi, diletti.

Dall’umiltà alla mansuetudine

La frase seguente è “umiltà, mansuetudine”. Versetto 12: “Vestitevi dunque come eletti di Dio santi e diletti, di viscere di misericordia, di benignità, di umiltà, di mansuetudine”. Letteralmente: “modestia, mansuetudine”. Ancora una volta, “modestia” è la condizione interiore, mentre “mansuetudine” è il comportamento esteriore. Le persone il cui cuore è umile, invece che orgoglioso, saranno più mansuete nei confronti degli altri. La mansuetudine considera gli altri al di sopra di sé e li serve. Ciò avviene quando il cuore è umile o modesto. Perciò, mariti, affondate le vostre radici con la fede in Cristo tramite il vangelo, finché sarete divenuti più umili e modesti. Mogli, affondate le vostre radici con la fede in Cristo tramite il vangelo, finché sarete divenute più umili e modeste, e poi trattatevi gli uni le altre con la mansuetudine che fluisce da quella modestia. La battaglia si svolge con la nostra controparte interiore orgogliosa ed egoista. Combattete questa battaglia con la fede, tramite il vangelo, nella preghiera. Siate colpiti, e spezzati, e riedificati, e resi gioiosi e misericordiosi, poiché siete eletti, santi, diletti.

Dalla sopportazione all’accettazione e al perdono

La prossima è una condizione interiore seguita da accettazione e perdono. Versetto 12: “Vestitevi dunque come eletti di Dio santi e diletti, di viscere di misericordia, di benignità, di umiltà, di mansuetudine e di pazienza, sopportandovi gli uni gli altri e perdonandovi, se uno ha qualche lamentela contro l’altro”. Definisco dunque “pazienza” la condizione interiore, e accettazione e perdono il comportamento o atteggiamento esteriore.

La traduzione letterale di pazienza è “sopportazione” (makrothumian). Ovvero, diventate quel tipo di persona che non si adombra facilmente, ma restate calmi. Estremamente calmi. Diventate pazienti, lenti all’ira, pronti ad ascoltare, lenti a parlare (Giacomo 1,19).

Queste tre condizioni interiori si collegano l’una all’altra e s’influenzano l’una con l’altra. Delle “viscere di misericordia” (un cuore compassionevole) e la “modestia” (l’umiltà) conducono alla “sopportazione” (pazienza). Se siete proni alla collera, invece di sopportare, la causa è probabilmente mancanza di compassione e di modestia. In altre parole, essere eletti, santi e diletti non ha spezzato il vostro cuore e non vi ha trascinati via dall’egoismo e dall’orgoglio.

Perciò, mariti, affondate le vostre radici con la fede in Cristo tramite il vangelo, finché sarete divenuti più compassionevoli e modesti, e quindi più pazienti. Mogli, affondate le vostre radici con la fede in Cristo tramite il vangelo, finché sarete divenute più compassionevoli e modeste, e quindi più pazienti. E poi trattatevi gli uni le altre con... che cosa? Un cuore compassionevole conduce alla benignità; l’umiltà conduce alla mansuetudine. E adesso, la pazienza (o sopportazione) a che cosa conduce?

Due cose: accettazione e perdono

Due cose, non una soltanto: la prima, “sopportandovi gli uni gli altri” e poi, la seconda, “e perdonandovi, se uno ha qualche lamentela contro l’altro”. Accettare e perdonare. Che cosa significa e che cosa comporta nel matrimonio? Innanzitutto, commentiamo la parola “sopportare” o accettare. Letteralmente significa “tollerare”, tollerarsi reciprocamente. Gesù la usa in Luca 9,41: “O generazione incredula e perversa, fino a quando sarò con voi e vi sopporterò?”. Paolo la usa nuovamente in 1 Corinzi 4,12: “Perseguitati, sopportiamo”. Diventate dunque persone che tollerano e sopportano. Accettate. “L’amore tollera ogni cosa, crede ogni cosa, spera ogni cosa, sopporta ogni cosa. L’amore non viene mai meno”. (1Corinzi 13,7-8).

L’altra parola è perdono. Vi sono almeno due parole per esprimere il perdono nel Nuovo Testamento. Quella usata qui (charizomenoi) significa concedere liberalmente o graziosamente. Il concetto non è quello di riscuotere un pagamento, bensì di trattare qualcuno meglio di quanto non meriti. In questo senso allora, voi perdonate qualcuno che vi ha fatto un torto e perciò questi è in debito con voi, e per pura giustizia avete il diritto di esigere che egli soffra in qualche misura per riscattare il dolore arrecatovi, ma voi non soltanto non pretendete il pagamento, bensì “concedete liberalmente” il bene per il male.

Questo è il significato della parola (charizomai). Il vostro atteggiamento è il perdono - non ricambiate il male con il male, semmai benedite (1 Corinzi 4,12; 1 Tessalonicesi 5,15; Matteo 5,44; Luca 6,27).

La nostra speranza è riposta nel Vangelo

Quel che trovo così utile qui è che Paolo riconosce che accettazione e perdono sono cruciali per la convivenza, sia essa nella chiesa o nel matrimonio. Il perdono dice: non ti maltratterò per i tuoi peccati contro di me o le tue irritanti abitudini. E l’accettazione riconosce (di solito in sé) che quei peccati contro di me e quelle abitudini mi irritano davvero! Se non ci fosse niente dell’altra persona che davvero ci irrita, non ci sarebbe bisogno di dire “tollerarsi reciprocamente”. Quando vi sposate, non sapete come sarà l’altro nel giro di 30 anni. I nostri padri non scrissero i voti matrimoniali con la testa nella sabbia. I loro occhi erano ben aperti sulla realtà – “per esserti sempre fedele, nella gioia e nel dolore, in ricchezza e in povertà, in salute e in malattia, per amarti e onorarti finché morte non ci separi”. Non sapete come sarà questa persona in futuro: potrebbe diventare migliore di quanto abbiate mai sognato o peggiore. La nostra speranza si fonda su questo: siamo eletti, santi e diletti. Dio è per noi e ogni cosa sarà a beneficio di coloro che lo amano.

Il mucchio di concime

Perché proprio un mucchio di concime? Immaginate il vostro matrimonio come un campo d’erba. Vi giungete all’inizio pieni di speranza e gioia. Guardate nel futuro e vedete splendidi fiori, e alberi, e file di colline, e tale bellezza è quella che vedete l’una nell’altro. La vostra relazione è il campo con i fiori e le colline. Ma prima che ve ne rendiate conto, inciampate nel letame. In alcuni momenti del vostro matrimonio sembrerà essere ovunque, soprattutto a notte fonda. Sono i peccati, e i difetti, e le idiosincrasie, e le debolezze e le abitudini irritanti vostre e dei vostri sposo/sposa. Cercate di perdonarli e di tollerarli con buona grazia.

Tuttavia, essi riescono a dominare la vostra relazione. Può non essere vero, ma a volte sembra che sia tutto quel che ne resta – letame. Penso che la combinazione di accettazione e perdono porti alla produzione del mucchio di concime. E quindi cominciate a spalare letame. Vi guardate e ammettete semplicemente che ce n’è davvero tanto. Però vi dite: lo sai, tra di noi c’è ben più che non letame, ma rischiamo di perderlo di vista perché continuiamo a fissarci sul letame. Gettiamolo tutto nel mucchio di concime. Quando sarà il caso, andremo lì ad annusarlo e sentirci male, ma cercheremo di affrontare la situazione meglio che possiamo. E poi, ci allontaneremo e guarderemo il resto del campo. Passeggeremo sui nostri sentieri preferiti e su quelle colline dove sappiamo che non si trova letame. E saremo grati per quella parte del campo che porta fiori.

Possiamo avere le mani sporche e le schiene doloranti per tanto spalare, ma sappiamo una cosa: non innalzeremo la nostra tenda vicino al mucchio di concime. Ci andremo soltanto se sarà necessario. Questo è il dono della grazia che ci offriremo reciprocamente ancora, e ancora, e poi ancora – poiché siamo eletti e santi e diletti.